𝐕𝐈

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"... e quei bimbi? Chi sono?"

Attendevo in cella persa nei miei pensieri.
Udivo un fastidioso gocciolare... goccia dopo goccia era come se sentissi il tempo scorrere.
Dalla poca luce che filtrava, dedussi fossero le prime ore del mattino.

Justin stava discutendo con l'ufficiale affinché mi lasciassero andare. Aveva compilato la mia "dichiarazione" e mi aveva dato la possibilità di farmi una bella doccia nel bagno confortevole del suo ufficio.

Qualche sua conoscenza mi portò una comoda cambiata : pantaloni di tuta neri, Nike air bianche e un toppino bianco con una bella felpa con la zip da sopra, in modo che non patissi il freddo.

Lavai dal mio viso il trucco e sistemai i capelli in una coda alta disordinata, lasciando qualche ciocca ai lati del viso.

Riuscii anche a rifarmi la fasciatura alla caviglia prima di dover rimettere le manette e tornare in cella.

«.. presto ti porterò via di qui, puoi giurarci.» disse prima di lasciarmi in quella fredda e vuota cella.

La verità era che stava discutendo da un po' del mio caso, non era certo un buon segno.

Restare lì, al momento, era soffocante ma non avevo un altro posto dove andare.

Iniziai a riflettere anche su questo : una volta uscita di lì, dove sarei andata?

Se volevo allontanarmi da Christian e la gang non avevo uno straccio di posto in cui andare. Era questa la verità.
Inoltre, dovevo recuperare le mie cose alla villa... sempre che non avessero buttato tutto e che non fossero partiti per Honolulu.

«Signorina Beer? Può prendere i suoi effetti personali al piano di sopra. Vi saranno consegnati dal mio collega Bieber e dopo aver firmato alcune carte può andarsene.» disse un poliziotto che venne a prendermi in cella e mi tolse le manette.

«Va bene» risposi conoscendo bene la strada.
Appena varcai la soglia del suo ufficio mi sorrise trionfante.

«Può firmare qui, signorina... e queste cose sono sue» mi disse formalmente indicando una busta con il vestitino, i tacchi e i miei accessori.

Annuì e lo sorrisi riconoscente. Se non fosse stato per lui, sarei ancora in quella lurida cella.

«Ancora non sei andato via poliziotto Bieber?» dissi finendo di firmare e superando la scrivania avvicinandomi a lui.
Iniziai a giocherellare con il colletto della sua camicia mentre alternavo il mio sguardo dai suoi occhi alle sue labbra.

«Come sei diligente... ti pagano gli straordinari?» chiesi sensualmente avvicinandomi ancora un pochino.

«Pagano molto bene in verità..»
«Hai un posto dove andare?» mi chiese accarezzandomi la schiena.

Questa domanda mi spiazzò.

«Mad? Non mi rispondi?» disse accarezzandomi la guancia con la punta del suo naso.

«Scusa... è che ancora non ci ho pensato» risposi soprappensiero e mi maledissi subito dopo.

«Vieni con me, andiamo a fare colazione» mi propose raccogliendo le sue ultime cose.

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