Concedimelo

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Non ci sentiamo da un po', la nostra complicità non si è spezzata ma non ci viviamo come qualche mese fa, e ammetto che non sei la prima alla quale penso quando sento di dover raccontare qualcosa.
Per te è lo stesso, lo so, lo capisco.
Ci siamo perse un po' quando la persona che mi sta accanto ha avuto comportamenti maleducati nei tuoi confronti,
avrei dovuto frenarlo, zittirlo, fargli capire che se credo un po' di più in me stessa è grazie alle volte in cui mi sono ascoltata con le tue orecchie, con il tuo cuore.
Avrei dovuto dirgli che tu sei stata l'abbraccio a notte fonda dopo un incubo,
baci sulla fronte di prima mattina come se fosse un rituale,
accordi suonati con cura nonostante la chitarra fosse scordata.
Avrei dovuto dirgli che sei stata la mia luna quando lei era coperta dalle nuvole,
il sole quando dentro di me era buio,
la mia voce quando non avevo coraggio di parlare,
una felpa pesante e comoda in pieno inverno,
e una boccata d'aria fresca del caldo di agosto.
Avrei dovuto dirgli che sei una parte di me,
che se non ci sei mi manca il respiro,
e che se non ti sento per anche solo un giorno tutto mi sembra più pesante e quasi invivibile.
Avrei dovuto dirgli che sì, certo che è un'iperbole, e certo che l'aria mi arriva comunque ai polmoni, anche se non ci sei,
ma che una persona come te non voglio perderla, e che l'aria, anche se mi entra dentro come sempre, sempre fitta, cupa, densa e irrespirabile.
Avrei dovuto dirgli che ho bisogno di te quanto tu hai bisogno di me,
che quei testi malinconici che scrivo ormai ogni giorno non sono frutto del mio cercare di vivere e scrivere della vita di qualcun altro.
Sono miei.
Sono io.
Quella saudade, il mare che non voglio vedere se non con te, la luce che non voglio accendere se non mi stringi la mano mentre tutto cambia senso, gli occhi che non apro mentre faccio l'amore perché so di non poter incontrare i tuoi.
Sono io,
e sei tu.
Concedimelo, Martina.
Concedimi di pensarti e di avere voglia di urlare contro il cielo perché non posso averti, di prendermela con ogni casualità che ci ha investite senza lasciarci il tempo di stringerci le mani.
Concedimi di scrivere ancora di te, di convincermi di conoscerti ancora come se fossi un'altra parte di me, di immaginarti nella mia quotidianità tra un caffè e un pranzo mangiato al volo.
Concedimi di sognarti, soprattutto le notti in cui piove, e concedimi di avere voglia di stringerti quando c'è un temporale.
Concedimi di immaginarti seduta nella sedia vuota accanto alla mia quando mangio a casa della mia famiglia, di vederti giocare con Frida e ridere con Giorgia.
Concedimi di pensarti imbarazzata dopo che ti ho riempita di complimenti che non ti senti addosso, e poi concedimi di volerti cantare tutte le canzoni che ascolto ogni giorno senza stancarmi mai.
Concedimelo, Martina.
Perché ho sbagliato, e lo so, avrei dovuto capirlo quando il mio corpo non bruciava sotto il suo sguardo.
Ora però so il perché, e allora concedimi di dirtelo: gli occhi non erano i tuoi.

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