XVI

27.6K 762 56
                                    

Dimitri Alexander Ivanov, Villa Ivanov, New York.

Porca puttana.
Cazzo.

"Cazzo." Mi passai le mani tra i capelli e picchiai un pugno sul tavolo. "Non ci voleva."

"Calmati, Dimka."

Mikhail prese posto sulla sedia di fianco a quella di Ivan, che era diventato bianco come un cencio.

"Calmarmi, Misha?" Utilizzai il suo diminutivo russo a causa della rabbia che saturava i miei neuroni. "Chicago, se non anche i Tagliagole, ci ha dichiarato guerra e io dovrei calmarmi?"

E quello che più mi preoccupava era il silenzio di mio fratello Andrej, ancora appoggiato contro il camino ed immerso nei propri scabrosi pensieri. Passarono minuti interminabili, in cui solo il ticchettare dell'orologio scandiva il tempo, fino a quando Andrej non si scostò dal camino e si appoggiò con entrambi i palmi alla superficie della mia scrivania. Lo strano scintillio che gli si dipinse negli occhi fu pericoloso, ma in quella circostanza avrei accettato qualsiasi idea: qualunque, pur di non correre a Chicago e far saltare le testa a tutti. Avevano tentato di utilizzare mia moglie come diversivo.

Mia moglie. La mia cara Mary.

Corrugai le sopracciglia: da quando stava diventando la mia cara moglie? Scrollai la testa come un cane bagnato e mi concentrai sull'espressione battagliera di Andrej, a pochi centimetri da me.

"Ho un'idea."

"Spara."

Mikhail raddrizzò la schiena ed Ivan divenne ancor più bianco, se possibile.

"Il boss di Chicago ha una sorella."

"Angela." Annuii, studiandolo intensamente, ma avevo già compreso il nocciolo della questione. "Angela Bruno."

"Se vogliamo davvero lanciare un avvertimento a Chicago, dobbiamo attuare un'azione fuori dalla norma, lo sai."

"Sono disposto a tutto, Andrej. Hanno minato il nostro territorio, hanno posto in dubbio la mia giurisdizione, il mio potere, il mio fottuto matrimonio, pensando di potermi fottere grazie a mia moglie." Battei il pugno sul tavolo. "E forse sono coinvolti anche i Tagliagole, considerando la preoccupazione di quel fottuto Tiberio."

"Almeno ha provato la sua lealtà." Mikhail aveva messo le mani in tasca e cercava di studiare me e Andrej al meglio che poteva. "Meglio così."

"O forse è solo molto furba."

Ringhiai al significato inespresso della frase di Andrej.

"No." Ivan catturò l'attenzione di tutti. "No, è leale."

"Come lo sai?" Domandò Andrej, incrociando le braccia al petto ed appoggiandosi contro la scrivania; mi diede le spalle solo per fronteggiare il nostro fratello minore. "Mh?"

"Lo so." Ivan si spettinò i capelli. "Lo so e basta."

"Lo sai?" Il tono di Andrej si abbassò di qualche ottava. "E basta?" Dichiarò con fare minaccioso.

"Okay, okay, in realtà abbiamo avuto uno scambio di opinioni." Sollevò le spalle. "È sicura, Dimitri ed è leale. Non so spiegarti per quale motivo, né il perché, ma lo è." Si sollevò dalla poltrona. "Devo finire i compiti."

"Grazie, Ivan, vai pure." Gli sorrisi. "Ti terremo aggiornato."

Purtroppo tutti sapevamo che Ivan fosse quello che si stesse adattando meno facilmente alla situazione: aveva solo tredici anni ed era andato incontro a numerosi cambiamenti, non potevamo di certo biasimarlo.

Promessa |THE NY RUSSIAN MAFIA #1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora