XVII

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Maria Maddalena Ivanov, Villa Ivanov, New York.

Fui sommersa da un calore così potente e da un desiderio così impellente, che rischiai di scoppiare. Non avevo mai creduto che un semplice tocco e la giusta pressione avrebbero potuto scatenare una serie di reazioni vulcaniche nel mio corpo.

"Maria," sussurrò Dimitri, spingendo il dito ancor più in profondità e permettendomi di appoggiare la fronte, bagnata dal vapore acqueo, contro il suo petto. "Rilassati," mi suggerì con tenerezza.

E poi lo scoppio avvenne, mi frantumai in mille pezzi, per riassemblarmi in un milione differente. Vorticai tra la coscienza e l'incoscienza con la memoria ancorata al ricordo della maestria delle dita di Dimitri. Sospirai, spossata ed accaldata come una supernova, contro la spalla dell'uomo che mi abbracciava. Non avevo mai creduto possibile che un uomo come lui avrebbe mai potuto utilizzare quel genere di premura con una donna come me, eppure le sue dita si continuarono a muovere pigre lungo la mia schiena nuda.

"Tutto bene?" Con dolcezza mi scostò i capelli dal volto, ma non essendo sicura della mia voce annuii con lentezza e poi sospirai. "È normale,"mi disse.

"Che mi giri la testa e mi senta svenire?"

Inclinai il capo per osservarlo con una punta di preoccupazione.

"Sì, Mary, fa tutto parte dell'orgasmo."

Annuii di nuovo e mi accoccolai di più contro di lui. Non sapevo se fosse ciò a cui era abituato, francamente non mi interessava, avevo bisogno che questo turbinio di sensazioni cessasse e avevo bisogno del contatto fisico, del suo corpo contro al mio.

"E tu?"

"Ora non stiamo parlando di me, Mary."

Dimitri fu particolarmente premuroso: terminò di lavarmi con la saponetta e mi aiutò a coprirmi con l'asciugamano sia i capelli sia il corpo, per poi condurmi nella camera da letto. Crollammo sul materasso, ma rigorosamente uno lontano dall'altra. Era come se, avvicinandoci, avremmo reso più tangibile e reale ciò che fosse avvenuto nella vasca e non avrei saputo dire, chi tra i due, fosse meno pronto ad ammettere la vicenda.

La mattina seguente mi rigirai nel letto con un profondo mal di testa e dei capelli ingestibili. L'umido del vapore aveva creato una specie di nido di rondine sulla mia testa e l'unico modo per poter sistemare quel disastro, senza lavarmi di nuovo, era legarli in una bella treccia lunga fino ai fianchi. Mi trascinai spossata in sala da pranzo, trovando Polina a far colazione. Optai per un dietro front e battere in ritirata, ma decisi che non fosse il caso di darle alcun tipo di potere. Con movimenti lenti mi accomodai e mi versai del caffè bollente.

"Tutto bene?" Cinguettò con quella sua voce petulante; quasi poteva strozzarcisi con la brioche che stava mangiando, pensai, mentre mi massaggiai le tempie con movimenti delicati. "Ti vedo stanca."

"Sì, grazie." Non mi disturbai a chiedere se anche a lei andasse tutto bene, perché sapevo mi avrebbe rifilato qualche battutina mordace; piuttosto, mi voltai verso la domestica e chiesi: "Nelly, sai per caso dove si trova Dimitri?"

Con la coda dell'occhio osservai il volto teso di Polina divenir ancor più rigido.

"Oh, signorina Ivanov." Giurai di aver letto un cenno di soddisfazione intrinseca nell'espressione della domestica, quando mi chiamò con quell'appellativo, come se Polina se lo meritasse. E chi ero io per negarle quella piccola vittoria? "Era in piscina, in più ero venuta giusto per farle sapere che desiderava incontrarla."

Annuii e le sorrisi.

"La ringrazio, Nelly."

Presi la tazza di caffè e mi avventurai nel giardino dei fratelli Ivanov.

Promessa |THE NY RUSSIAN MAFIA #1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora