IX

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Maria Maddalena Ivanov, Villa Ivanov, New York.

Avevamo terminato di ripassare storia da un bel po', anche se la cena era durata più del previsto, a causa della rivelazione del mio tatuaggio. Nonostante ciò, ero felice, perché il duro lavoro in cucina era stato ripagato: le tre teglie di lasagne erano terminate in un lampo.

"Mary?"

Mi girai verso Ivan, abbracciando Aleksei che dormiva da un paio d'ore.

"Sì?" Sorrisi materna e quel calore sembrò sciogliere un po' il nervosismo che aveva attanagliato il giovane quattordicenne. "Dimmi tutto."

"Non so come avrei fatto senza di te." Già ai piedi della scalinata che portava alla sua stanza, spostò il peso da un piede all'altro e si spettinò i capelli. "Se avessi tempo, mi piacerebbe..." Sbuffò.

"Sicuramente." Annuii con convinzione, sapendo che l'orgoglio Ivanov non gli avrebbe permesso di terminare la frase. "Conta su di me, sempre."

"Buonanotte, Mary."

Mi sorrise e scappò lungo le scale.

"Buonanotte, caro."

Scuotendo la testa e ridendo all'immagine di Ivan in imbarazzo, attraversai una buona parte della villa addormentata e spalancai la porta della stanza di Aleksei. Era ora che anche il nostro bambino cominciasse a dormire da solo, ma non appena feci per adagiarlo nel lettino, l'intero impianto elettrico saltò. Me lo strinsi velocemente al petto e guardai la luce di emergenza nella stanza.

"Lucina rossa." Deglutii, improvvisamente paralizzata dal terrore; non tanto per me, quanto più per Aleksei e Ivan. "Merda."

Grazie alla maestria di Ivan e di Andrej, Dimitri mi aveva spiegato che, ogni qualvolta vi fosse stata un'incursione, il sistema elettrico saltava, di modo tale da avvertire i membri della casa del pericolo e porre in difficoltà gli intrusi. Inoltre, le lucine impiantate al collegamento della luce di emergenza avevano un sistema binario: si accendevano di colore verde, quando era reale il calo di tensione, di rosso se vi fossero stati degli intrusi.

"Calma, stai calma."

Sgusciai lontano dal lettino e con mani tremanti digitai i codici di sblocco della porta nascosta dietro la piccola libreria, che avevamo montato prima di partire per Parigi e che conduceva direttamente alla panic room: l'intera villa Ivanov era costruita a doppio scomparto e tutti i corridoi secondari portavano alla camera di sicurezza.

"Dai." Mi guardai alle spalle e strinsi Aleksei al petto, per fortuna ancora addormentato. Non avevo proprio voglia di agevolare il lavoro agli intrusi. "Dai, dai." Pigiai altri due numeri e l'unico rumore nelle mie orecchie fu quello assordante del silenzio e del cuore che batteva all'impazzata. "Venti dieci."

La data di nascita di Aleksei era completata. Appoggiai l'indice sulla fessura e dopo che il dispositivo riconobbe l'impronta, la piccola libreria si spalancò con un lieve ronzio. Sgusciai all'interno e la richiusi subito dietro di me, mi appoggiai al muro e respirai profondamente mentre controllai che Aleksei fosse ancora addormentato e mi fermai a pensare ad Ivan.

Non potevo tornare da lui. Dimitri mi aveva dato un solo ed unico ordine: quando la lucina rossa si accende, non pensare a nessuno, segui i corridoi fino alla panic room. Ed effettivamente, non si trattava di un brutto consiglio: mettere a rischio più vite del necessario non era l'ideale, così con coraggio tastai la parete di fianco a me con la mano destra, sicura che vi fosse un doppio scomparto.

Quando lo trovai, lo aprii e prelevai la pistola dotata di silenziatore. Essendo nata in una società criminale, anche io conoscevo le basi della difesa personale; seppur le mie ultime esercitazioni risalissero a parecchio tempo prima, sperai che l'adrenalina mi riuscisse a dare una piccola bottarella e mi aiutasse a centrare il soggetto, qualora ve ne fosse stato bisogno.

Promessa |THE NY RUSSIAN MAFIA #1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora