III

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Dimitri Alexander Ivanov, Villa Ivanov, New York.

Osservai mio figlio accoccolato sul mio petto, che gorgogliava con quella boccuccia rosea irresistibile e gli occhioni azzurri curiosi. Chi l'avrebbe mai detto: il grande e potente boss della Drakta, incantato da un neonato? Gli passai una mano sui soffici capelli castano chiaro e mi persi a contemplare il visino paffutello, ringraziando qualsiasi buona stella esistesse in cielo, per un uomo come me, di avermi garantito la possibilità di poter vivere quel dono della natura, nonostante tutti gli accadimenti dell'ultimo anno.

Sembrava surreale essere nel letto con Aleksei ed era ancor più surreale che ne fossi il padre, ma adoravo prendermi cura di lui e adoravo il mio bambino.

"Ometto, mi hai incantato dal primo istante."

Avevo creduto anche io in una reazione differente, ma come potevo arrabbiarmi, dopo che mia moglie aveva avuto tutto quel coraggio? Tutta quella fierezza, per buttarsi tra le braccia del nemico senza nessuno scrupolo o paura e solo per salvare mio fratello? Quanto doveva esser stato complicato, per lei, portare a termine quella gravidanza senza il mio sostegno o senza l'aiuto di Luca, ormai nostro fedele Esecutore?

"Tua madre è una guerriera, lo sai?" Dissi ad Aleksei mentre mi mangiucchiava l'indice. "Una bellissima Dea." Gli diedi un bacio sul nasino e mi ricompensò con un versetto. "Piccolo ometto." Gli diedi un po' di pacche sul pannolone e lo aiutai a salire di nuovo sul mio petto: in quel momento non mi interessò più del mio incarico nella Drakta, non mi interessò dei nemici al di fuori dei confini di New York, delle conseguenze del gesto di mia moglie, ma mi focalizzai unicamente su quel bellissimo sorriso, quasi del tutto gengivale e quegli occhi azzurro mare, che mi sorridevano come se fossi l'uomo più meritevole del mondo; non vi era alcun dubbio che Aleks fosse mio figlio. "Aleks."

La porta della camera da letto si spalancò e con la coda dell'occhio notai Maria ferma sulla soglia. Sul suo viso si dipinse un sorriso luminoso, che le addolcì i lineamenti. Ringraziai mentalmente Andrej per aver evitato che perdessi la testa e radessi al suolo New York e Chicago in una sola volta: quel sorriso meritava tutta la merda attraverso la quale ero passato. Non era stato un periodo semplice, ma Maria non doveva per forza conoscere tutti i particolari scabrosi, potevo tenerli per me e gioire della compagnia di quella bellissima donna senza arrecarle alcun peso.

"È ancora sveglio?" Si avvicinò al letto e si accomodò sul materasso con grazia. "Questo monello?"

"Oh, sì." Indicai con un cenno del capo Aleksei che stava mangiucchiando la mia maglietta.
"È proprio un furfante."

Il bambino si esibì in uno strilletto compiaciuto, rotolando su se stesso giù dal mio petto.

"Vanitoso." Un altro strilletto. "Birbante." Maria si allungò sul materasso e tempestò di baci Aleksei, che si profuse in uno strillo ancor più acuto. "Il mio bellissimo principino."

Buttai la testa all'indietro e risi di gusto: adoravo mio figlio.

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Promessa |THE NY RUSSIAN MAFIA #1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora