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UN ANNO E QUATTRO MESI DOPO.

Maria Maddalena Ivanov, Residenza estiva dei Salvatore, Sicilia-Italia.

Avevo costruito il piano insieme a Valentina nei minimi dettagli ed oggi sarebbe stato il nostro grande giorno, il giorno in cui gli ingranaggi si sarebbero incastrati tra di loro e la machina avrebbe cominciato a lavorare.

Era la tarda mattinata della festa del ringraziamento e questa rappresentava il momento migliore per fuggire e distruggere parte della società che ci aveva fatto soffrire e legate al suolo, impedendoci di volare e realizzarci. Ero riuscita a convincerla  del mio piano sin da subito, promettendole la libertà tanto agognata e come avevo previsto, mio padre aveva utilizzato false minacce per poter acquisire territori e locali dalla Drakta, mantenendo segreto il mio stato interessante.

Sì, ero rimasta incinta e, a ripensarci, forse non avrei dovuto esser stata così sconsiderata da buttarmi nelle braccia del nemico, ma in cuor mio sapevo che Nino Salvatore e tutti gli altri uomini dei Tagliagole possedessero un briciolo di onore in fondo a quel cuore nero che sanguinava sudiciume.

Difatti, dalla scoperta della gravidanza in avanti, venni trattata come l'ultima ruota del carro e la feccia della società, ma non torsero un capello nè a me né a mio figlio; e fin tanto che questa situazione continuava, a me andava benissimo essere isolata agli eventi mondani, non essere cercata per i tè e tutte quelle altre diavolerie che nella società di mio marito non erano importanti.

"Valentina, mi puoi aiutare con Fabiano?"

Mio figlio: Aleksei Fabiano Ivanov si sporse verso di me, quasi consapevole del nostro piano imminente ed io lo agguantai eludendo le occhiate di disgusto che mio padre gli riserbò. Purtroppo per Aleksei, ma orgogliosamente per me, era il riflesso del mio bel Dimitri: era un bambino molto intelligente e astuto; più lungo che cicciotello, nonostante anche lui possedesse quei graziosi piedini e guancione da mordere; aveva i capelli mossi castani e color dell'oro, insieme a due occhi così azzurri, da illuminare anche la notte più buia.

Molte volte, nei sei mesi trascorsi dalla sua nascita, mi ero ritrovata ad osservarlo per ricordarmi il bel russo che mi aveva rapito il cuore ed il suo calore.

"Certo, Mary." Mia cugina sorrise come da protocollo. "Signori, torniamo subito, il tempo di cambiare il piccolo Fabi."

Nella terra dei Tagliagole non avevo potuto chiamare il mio piccolo bambino con il suo primo nome russo, soprattutto quando eravamo in pubblico, o mio padre avrebbe compreso che la mia ira nei confronti di Dimitri fosse tutt'altro che veritiera e il mio astio nei confronti della società russa una finzione, ma mi premuravo di chiamarlo Aleksei nella tranquillità della nostra camera, per ricordargli sempre quali fossero le sue origini.

Durante il mio soggiorno infernale, avevo dovuto recitare, e non poco; in tutto quel tempo trascorso con i Tagliagole, per fare in modo che mio padre non sospettasse delle mie intenzioni, avevo dovuto odiare la famiglia che mi mancava ed aveva funzionato.

"Scusateci."

Con mia cugina alle calcagna mi allontanai dalla sala in cui erano riuniti i parenti stretti e voltato il primo angolo, iniziai a correre a per di fiato verso la mia vecchia stanza della villa estiva, per recuperare tutto il necessario pronto sotto il mio letto. Valentina, invece, si allontanò per andare ad agguantare il detonatore. Respirai a fondo, legai Aleksei di quasi sette mesi al seggiolino che avrei utilizzato per la macchina, recuperai il borsone con le pappe e i pannolini, e senza guardarmi indietro corsi verso l'uscita e poi dritta alla vettura, che ci attendeva al di là del parco.

"Forza, Vale." Sistemato mio figlio nel sedile posteriore, accesi il motore della macchina e con la coda dell'occhio riuscii a scorgere la sagoma di mia cugina in mezzo alla boscaglia. "Forza, forza."

Promessa |THE NY RUSSIAN MAFIA #1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora