8. Smiling

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Sorridi, sorridi sempre Harry perché è l'unico modo per far vedere alle persone che la luce non si trova all'esterno, ma all'interno. Sorridi perché solo con quel sorriso il buio che c'è qui sembra un po'sfumare.





Quella mattina Harry era alla fermata del bus mezz'ora prima dell'orario di lavoro, profumato, con dei capelli accettabili (per quanto i suoi ricci disordinati lo potevano essere), vestito con uno dei suoi maglioni preferiti e sorridente.

Non vedeva l'ora di mettersi all'opera, di sapere come sarebbe stato lavorare in una delle case editrici più famose del paese, come si sarebbe sentito a dare inizio a ció che aveva sognato di fare per anni.

Strinse il suo zainetto tra le mani, sempre sorridendo, non smetteva non ci riusciva.

Canticchiava felice le note di qualche canzone ascoltata alla radio che neanche riconosceva, canticchiava la melodia e basta sovrappensiero.

Si sentiva emozionato, gioioso, ansioso perché si non vedeva l'ora di sapere che compito gli sarebbe spettato.

La correzione di qualche manoscritto? Giudizi su libri emergenti? Non lo sapeva e non permise alla sua mente di crearsi ulteriori scenari.

Voleva che fosse tutta una sorpresa, una scoperta.

L'autobus arrivó pochi minuti dopo, e lui entró mettendosi seduto a uno dei posti liberi, verso il centro.

Sentiva le dita pizzicargli e le guance scaldarsi mano a mano che gli edifici crescevano, mano a mano che quelle grandi lettere TLE si avvicinavano.

Forse non era tutta colpa del lavoro lo doveva ammettere.

Dalla giornata del colloquio Harry non aveva smesso di pensare ai suoi occhi, a quegli occhi che lo avevano incuriosito, preso.

Era risaputo che lui volesse conoscere, che lui fosse interessato dalle persone e dai loro modi di comportarsi, dei loro piccoli particolari.

Louis Tomlinson era una di quelle persone che di particolari ne aveva anche troppi, tutti nascosti o che cercava di nascondere e Harry ne era convinto.

Gli era bastato uno sguardo, delle frasi pronunciate freddamente e senza tono, ferme così ferme che ne era rimasto stranito, il suono delle sue parole che gli rimbombava in testa nulle completamente nulle.

Frasi dette nel vuoto completamente svuotate.

Scese alla sua fermata, l'ansia e la gioia che si facevano spazio nel suo petto e nella sua mente, due emozioni completamente contrastanti.

Entró nella haul, trovando lo stesso scenario di qualche giorno prima: Liam dietro al bancone in marmo con la testa china su alcuni documenti e gli occhiali calanti sul naso.

"Buongiorno" salutó Harry, facendo comparire le sue abituali fossette sulle guance rosa.

Liam alzó lo sguardo dai fogli e lo puntó sul più piccolo, disegnandosi un sorriso sulle labbra.

"Buongiorno a te Harry" si aggiustó gli occhiali con il dito.

"Allora tu devi.." disse andando verso il suo computer fisso con la sedia girevole.

Harry attese impaziente di sapere, aspettando solo che delle parole lasciassero le labbra di Liam.

"..correggere un manoscritto" esclamó il ragazzo assumendo una faccia stupita.

"Bhe sei fortunato, ai novellini non li assegnano mai" confessó digitando qualcosa sulla tastiera.

Harry si sentì esplodere il petto, aveva appena ricevuto una delle notizie più belle- dopo quella di essere stato accettato ovviamente- della sua vita.

Behind The Wall (Larry Stylinson) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora