Capitolo 3

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Se avesse potuto paragonare Ginevra ad una pianta, sicuramente sarebbe stata un'edera. Si insinuava nelle vite della persone strisciando e affondando le radici senza andare mai troppo in profondità. Qualcuno bussò alla porta per avvisarlo che la colazione era in tavola ma lui si girò nel letto, voleva dormire e non pensare al giorno dopo. Avrebbe visto e lavorato per la prima volta con Alice, che stava in quel momento risistemando la casa, facendo piccoli scatoloni con le cose di Giulio, per fortuna non ne aveva lasciato molte. Non le andava di vederlo, glieli avrebbe messi nell'ascensore e lui sarebbe rimasto di sotto nell'atrio per prenderli. Claudio picchiettò alla porta di Alice.

Paolo era seduto comodamente in cucina con il giornale e una grande brioche in mano, stava quasi per addentarla quando la porta che Claudio aveva lasciato aperta, per il forte vento si era richiusa rumorosamente. Il viso di Claudio si accese di un sorriso malinconico quando Alice gli aprì.

«Cara tutto bene, è dalle sei che stai lavorando.»

Non accennò al baccano che stava facendo e che li aveva svegliati facendoli sobbalzare nel letto.

«Scusami, vi ho svegliato? Non vedo l'ora di restituirgli tutto» disse mentre si voltava per prendere lo scotch.

«Vuoi che glieli porto giù io?» gli chiese Claudio appoggiandosi allo stipite della porta.

«No, che se la cavi da solo» rispose secca Alice sbuffando.

Non era nervosa solo per la situazione imbarazzante che si era creata con il suo ex ma anche per il pensiero che il giorno dopo avrebbe rivisto il Notaio. Doveva ricominciare tutto da zero, aveva il morale a terra e si sentiva schiacciata dalle emozioni, anche se il suo istinto le diceva che sarebbe andato tutto bene, non era davvero convinta che sarebbe stato così. Claudio era rientrato per godersi la domenica ad oziare sul divano facendo quello che più gli piaceva fare: leggere i libri fantasy della sua amica, si era innamorato di Aedan il protagonista di Dark Hearts, non riusciva a toglierselo dalla testa e tutte le volte che guardava Paolo di sottecchi lo immaginava con due grandi ali nere, per poi ridere fra sé.

«Come sta Alice?» gli chiese Paolo mentre beveva l'ultimo sorso di caffè.

«Non bene, è nervosa ma non credo che sia solo per Giulio. Sai, domani inizia un nuovo lavoro ed è un po' in ansia.»

«Sono sicuro che se la caverà benissimo, è una ragazza in gamba. Cosa ne dici se andiamo al parco?»

Claudio non ne aveva voglia, però gli disse di sì perché non sapeva dirgli di no.

Edoardo era sceso a fare colazione e sua madre parlava al telefono, le diede un bacio e si sedette, Filippa dormiva ancora, la domenica la lasciavano riposare un po' di più e non l'avrebbero svegliata finché non l'avesse fatto da sola.

Edoardo aprì il giornale alla pagina economica e ammiccò un sorriso che non scappò a sua madre.

«Che notizie oggi sul fronte delle azioni?»

«Lo sai che di domenica non ci sono queste notizie» gli rispose allegro.

«Mi sembrava di aver visto un sorrisino!»

«Si, ma non riguarda quel tipo di notizie, si tratta di una informazione di qualche giorno fa.»

Una dolce bambina assonnata con ancora addosso il pigiama fece capolino nella sala da pranzo e stropicciandosi gli occhi diede il buongiorno.

«Buongiorno bambolina, dormito bene?»

«Si, grazie e tu?»

Edoardo aveva dormito benissimo, era carico e pieno d'energia. Pensava di fare un salto al maneggio per fare una cavalcata con il suo stallone, e chiese a Filippa se voleva andare con lui. Sapeva che sua madre non avrebbe accettato l'invito, a lei non piaceva cavalcare. Nero, il suo cavallo, un puro sangue di razza araba era l'ultimo acquisto che aveva fatto. Chiamò il maneggio, ereditato alla morte del padre e disse di preparare Nero e Diana, quest'ultima era la cavalla preferita da Filippa, aveva scelto lei il nome e dato che amava la mitologia, il nome le sembrava perfetto per una cavalla dal carattere forte e riflessiva. Tornarono nel tardo pomeriggio, stanchi ma contenti, avevano pranzato in un piccolo ristorante e si erano adoperati per controllare i conti del maneggio e cavalcare ancora, prima di decidere che era ora di rimettersi in viaggio. Il maneggio distava qualche ora di macchina dalla villa, la doccia era d'obbligo e quando scesero dalle loro camere era già ora di cena. Quando Edoardo si sedette a tavola si rese conto che avrebbe rivisto Alice, solo una notte lo divideva dalla ragazza elegante e raffinata con gli occhi blu e un sorriso ammaliante.

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