Il nuovo arrivato

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Il mondo esterno sembra avere una grande influenza su di noi, il luogo in cui ci troviamo può condizionare il nostro modo di vedere le cose, le nostre scelte, le nostre emozioni..
Un carcere ad esempio.
Come fai ad essere felice rinchiuso dietro quattro sbarre?
Ma magari fosse solo quello.
Arrivi lì e ti senti un piccolo insetto in mezzo a enormi capo branco, i quali fanno a gara per vedere chi sarà a darti fastidio per primo.
Non devi farti vedere impaurito, avrebbero il controllo su di te, ma non devi neanche essere spavaldo, sembreresti arrogante e ti metteresti nei guai.
La soluzione è farsi i fatti propri e portare rispetto per riceverne, sempre se vuoi uscirne vivo.
Tutto questo però inizia a pesare, l'aria manca un po' di più ogni volta che metti piede in quelle mura strette e fredde, e allora la prigione in cui ti trovi non è più un carcere, ma una prigione mentale.
Sei bloccato nella tua testa, non riesci a uscirne, e qual è la soluzione?
Non si sa, alcuni non vanno avanti, altri lasciano perdere, altri sfogano...
Niccolò ad esempio, lui fu tra quelli che iniziò a sfogare per uscire da quella prigione mentale in cui si ritrovava.
Come si sfogava?
Scriveva, scriveva, scriveva e scriveva ancora, ogni tanto lettere, altre volte canzoni, testi su testi, non aveva importanza, sapeva solo che quei pezzi di carta e quella matita erano una salvezza per lui.
Ovviamente quella salvezza serviva in parte, ma il fatto che al di fuori di quelle mura avesse persone che gli erano fedeli sempre e comunque, lo rassicurava un po' di più.

«ehi Mark alzati, avanti non farti venire a prendere con la forza»

Aprì debolmente gli occhi, anche quella mattina era stato svegliato bruscamente dalle voci delle guardie e degli altri carcerati, ma ormai era in abitudine, non ci avrebbe potuto mai far nulla.
Mark era il suo compagno di cella da diversi mesi ormai, parlavano giusto quel poco per "convivere", ma non avevano stretto nessun rapporto particolare.
Si mise seduto e fece un cenno con la testa alla guardia, poi lo guardò prendere per il braccio il suo compagno e dirgli di aspettarlo fuori.

«Moriconi, hai fatto le ore piccole?» disse l'agente notando le occhiaie profonde che aveva Niccolò sul viso.

Niccolò scosse la testa e scese dal letto, per poi ricomporsi in fretta.
Erano cambiate tante cose da quando aveva messo piede in quel posto, compreso il suo modo di essere, aveva imparato ad apprezzare ogni piccola cosa che in quel momento gli mancava.
Proprio per quel motivo era rimasto molto tempo la notte prima a guardare la fotografia della sua ragazza e di sua figlia, era una settimana che non le vedeva e gli mancavano già.
Niccolò conosceva Chiara da anni, anni ed anni.
Quando vide per la prima volta quella chioma bionda in un piccolo locale nel centro di Roma, si focalizzò subito su di lei.
Era la prima volta che lei usciva, a quindici anni si sentiva spaesata in un locale di ventenni, eppure lui voleva solo conoscerla, non farle del male.
Non era un ragazzo a posto totalmente, proprio per quella motivazione alla mamma di Chiara non era mai stato particolarmente simpatico, ma non era assolutamente un ragazzo cattivo, insensibile e privo di sentimenti.
Amava quella ragazza come non faceva con nessuno, e la loro bambina ne era anche una prova.
Sicuramente il fatto che lui fosse diventato padre a ventiquattro anni e lei a diciannove non era da nulla, eppure non si era mai tirato indietro, sulla lista di ciò che era importante, lei era in cima a tutto, i suoi affari venivano senza alcun dubbio dopo.

«ma ci sei questa mattina o stai dormendo in piedi?»

Fu nuovamente riportato via dai suoi pensieri dalla voce alta della guardia, così lascio perdere le paranoie almeno per le prime ore della mattina.

«è successo qualcosa?»

«nulla di particolare, ti cambieremo solo compagno di cella.
È di un altro carcere, è stato trasferito e come ben sai starete solo tre giorni insieme, vacci d'accordo»

Niccolò salutò con la pacca sulla spalla il suo ormai vecchio compagno di stanza e si sedette coi piedi a penzoloni sul letto a castello, aveva sempre odiato svegliarsi presto di mattina.

«aprite la dodici! Miller, tu starai qui insieme a Moriconi, comportati bene se non vuoi essere portato in isolamento dal primo giorno»

Ebbe solo pochi minuti a disposizione, perché subito dopo vide una seconda presenza nella cella.
Un ragazzo sul metro e ottantacinque, tatuato su tutta la parte superiore del corpo e con i capelli rasati, molto robusto e con due braccia nettamente muscolose, se fosse stato una cattiva compagnia, Niccolò avrebbe fatto bene a non scendere dal letto.
Con sua sorpresa però, il ragazzo gli porse la mano e accennò un sorriso.

«piacere, Christian» disse lui mentre Niccolò strinse la mano.

«Niccolò, piacere mio»

Niccolò tornò a sedersi sul suo letto e osservò per un po' il ragazzo che sistemava i pochi oggetti che aveva, infondo erano in un carcere, non in un hotel di lusso.

«ti va di scambiare quattro chiacchiere?» disse Christian indicando l'uscita, era l'ora d'aria per fare colazione e le guardie stavano per scortare tutti i carcerati nella parte aperta del luogo.

Il moro annuì e si incamminò con lui, ovviamente sempre in fila e sotto lo sguardo attento di telecamere e agenti di polizia.

«da quanto sei qui tu?» prese parola Niccolò schiarendosi la voce.

«dieci minuti, nell'altro carcere ci sono stato cinque anni.
E tu?»

«anch'io più o meno, sono qui da quattro anni e undici mesi..»

«manca poco allora? A giudicare dal tuo sorriso hai qualcuno che ti aspetta lì fuori»

Ormai avevano preso i vassoi con la colazione e si erano seduti sulle panche all'aperto, in un tavolo vuoto e lontano dai vari gruppetti che avrebbero infastidito il nuovo arrivato.

«si, ho qualcuno che mi aspetta»

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