Anche meglio di una principessa...

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Ne era passato tanto di tempo da quando il giudice lo guardò negli occhi e lo condannò a cinque anni di carcere, da quando Niccolò sentì due poliziotti legargli le manette ai polsi e il padre di Chiara sbattere un pugno indignato sulla base di legno davanti a lui, essendo stato incapace di smuovere la situazione.
Cinque anni che aveva dovuto forzatamente imparare a vivere con quella vita scomoda e pesante, cinque anni che aveva la paura di svegliarsi una mattina e ritrovarsi Chiara al telefono che non rispondeva, che si era magari rifatta una vita.
Non poteva lamentarsi più di troppo, tante persone rimanevano completamente sole dopo aver messo piede in quell'inferno, lui era sempre stato per una buona parte solo, ma le sue uniche persone nella sua vita essenziali erano rimaste.

«preso tutto?»

Il moro spostò lo sguardo dal suo quadernino stropicciato e malmesso con scritte le poche righe in cui si sfogava, per poi portarlo su Christian.

«certo, ho così tanti bagagli che mi servirebbe una mano per portarli fuori, mi aiuti te?» rispose ironicamente il moro accennando un sorriso.

Lui ridacchiò e gli lasciò una pacca sulla spalla, per poi lasciarsi un breve abbraccio.
Avevano passato pochi giorni insieme, complessivamente neanche un mese, ma ebbero entrambi la fortuna di trovare un amico messo lì per errore, che dietro una faccia diffidente aveva un cuore più grande di quanto si potesse immaginare.

«dieci mesi e ti tocca offrirmi una birra»

«contaci Chri, pure se 'na vita pe 'na birra me sembra un po' poco no?»

Il ragazzo sorrise e scosse la testa, per poi guardare una delle guardie avvicinarsi alla loro cella.
Pensare che era l'ultima volta che ci metteva piede era strano, ma nulla sarebbe mai stato paragonabile alla felicità di essere finalmente un uomo libero.
Avrebbe ricordato per sempre quelle righe sul muro fatte con una piccola lama per segnare i giorni; avrebbe sempre ricordato la foto che col tempo aveva iniziato ad essere mal messa stando sempre sotto il materasso del letto, i volti di Chiara e Gioia non si vedevano più alla perfezione, ma ancora abbastanza, bastava quello.
Non avrebbe mai dimenticato gli attacchi di panico, la paura, la voglia di mollare tutto, il tempo che non scorreva mai..
Avrebbe usato il tutto come punto di forza, per non buttarsi giù al primo inconveniente in futuro.
Stava quasi per avvicinarsi alla guardia per uscire definitivamente, ma si ricordò di un particolare.
Alzò di fretta il materasso e afferrò quella foto, la motivazione per cui la sera riusciva di tanto in tanto a non vivere sempre incubi.

Camminò per quelle mura cosciente e grato che sarebbe stata l'ultima volta, che non avrebbe mai più visto quel posto

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Camminò per quelle mura cosciente e grato che sarebbe stata l'ultima volta, che non avrebbe mai più visto quel posto.
Poco dopo lo scortarono in una stanza simile a quelle di isolamento, con un tavolo al centro della stanza, due sedie, un completo elegante poggiato lì, e una persona che lo stava aspettando.

«finalmente fuori, eh?» disse il padre di Chiara accennando un sorriso.

Niccolò sorrise a sua volta e, non avendo più le manette dato che le guardie avevano chiuso la porta, abbracciò l'uomo che si ritrovava davanti.

«finalmente, si..»

«alle cinque e mezza, tra un quarto d'ora quindi, abbiamo l'appuntamento in tribunale.
Hai un paio di minuti per prepararti»

Il moro osservò i vestiti piegati in ordine sulla tavola, probabilmente non vedeva nulla di diverso da una tuta arancione da ormai anni, quasi gli faceva strano.

«solo una cosa prima..» lo fermò il padre di Chiara poco prima che uscisse dalla porta.

«si?»

«non ho mai voluto dare ragione a mia moglie, Niccolò, perché so che non ne ha e che tu non sei un cattivo ragazzo.
Ma mia figlia ha cresciuto una bambina da sola per cinque anni, intanto studiava e adesso ha un lavoro per lei, il tutto senza un mezzo aiuto.
So che non è colpa tua se sei qui dentro, mi fa piacere che Chiara ti abbia aspettato perché so che non sarebbe riuscita ad amare nessuno come con te, ma da oggi voglio che venga trattata meglio di una principessa, perché se lo merita»

Niccolò stette ad ascoltare quelle parole con la più totale attenzione, nonostante ci avesse già ragionato lui più volte.
Il fatto che il padre di Chiara volesse il meglio per sua figlia era ovvio, anche lui aveva chiuso più volte un occhio, da quel momento avrebbe fatto l'impossibile pur di dare il meglio di sé.

«anche meglio di una principessa..»

[...]

«risponde la segreteria telefonica, lasciare un messaggio dopo il bip..»

«papà sono Chiara, non hai risposto tutta la giornata e mamma dice che sei uscito presto, dove sei?
Dovrebbe esserci la sentenza di Niccolò adesso..
Mi richiami appena puoi?»

Chiara sospirò e si strinse di più nella giacca che aveva indosso, non era stata una mossa perfetta farsi tutto il palazzo con le scale per sperare che prendesse linea al cellulare.
Si sedette su una delle scale vicino l'entrata e trattenne le lacrime per la millesima volta in quella giornata, era esausta.
Si era svegliata col pensiero che a breve avrebbe nuovamente visto il ragazzo che amava, che sarebbe finalmente stato libero dopo quella lunghissima attesa, ma non aveva notizie sue da tutto il giorno.
Poggiò la testa sulle ginocchia e pianse senza preoccuparsi di essere sentita, al primo piano abitava solo un'anziana signora che usciva pochissimo di casa, almeno in quel momento poteva sfogarsi.
Pochi istanti dopo sentì una mano posarsi sul suo capo, e fiduciosa scattò in piedi.

«Giovanni!?» disse inarcando un sopracciglio e asciugandosi quanto più velocemente poteva le lacrime.

«tutto bene?» domandò lui facendo un passo in avanti.

«mi spieghi che ci fai qui?»

«oh.. qui abita da poco una mia zia, quindi essendo che stavo appena tornando a casa ti ho vista.. è tutto okay?»

La ragazza tacque a quella domanda, in genere mettere su un sorriso falso dicendo che era tutto okay le appariva facile, ma essendo che il ragazzo davanti a lei l'aveva appena vista in lacrime, non riuscì.
Lo superò e salì le rampe di scale fino al quinto piano, ma si accorse solo davanti alla porta che Giovanni era ancora vicino a lei.

«Giovanni, che vuoi?» domandò ancora cacciando uno sbuffo.

«posso?» Chiese di rimando lui, indicando la porta semi aperta.

«perché dovresti entrare?»

«Chiara ti ho visto cinque anni fa l'ultima volta, scambiare due parole non mi sembra una tragedia, oltretutto sembri avere bisogno di buttare fuori un po' di cose, o no?»

Spesso si dice che non bisogni mai prendere decisioni nei momenti di instabilità, di debolezza o di rabbia..
Proprio per questo, Chiara essendo in quel momento totalmente fragile e bisognosa di un qualsiasi appiglio, qualunque esso fosse, lo lasciò entrare.

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