Ali di pipistrello

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Tendo Satori, un nome una garanzia, ad avere a che fare con lui non ci si sarebbe mai annoiati. Una frase semplice, usuale, diventata quasi una convenzione nella sua vita quotidiana, anche se quasi mai gli veniva rivolta in segno di apprezzamento.
Il rosso studente del prestigioso Shiratorizawa, che quasi sempre stonava con quell'ambiente tanto perfetto in cui era costretto a stare.

Non era stato difficile farsi notare, non lo era mai stato, si era fatto conoscere grazie alle sue portentose abilità da middle bloker e per la capacità di prevedere gli altri, persone troppo semplici per reggere il confronto con lui, il Guess Monster.
Nonostante tutto però, Tendo viveva la sua vita quasi per abitudine; ormai era l'ultimo anno delle superiori per lui, che della sua vita non aveva ancora deciso cosa fare.
Al di là della pallavolo non aveva niente che gli interessasse, niente che riempisse la sua vita quando gli allenamenti sfiancanti e le partite di campionato non c'erano.
Si guardava allo specchio tutte le mattine, con gli occhi rossicci circondati da cerchi scuri, l'espressione da esaltato che era solito fare e quei capelli rossissimi sparati in aria, un po' riusciva a crederci che nessuno gli si avvicinasse, tolta la squadra Tendo non aveva nessuno e qualche volta anche quel gruppo che tanto amava riusciva ad essere opprimente.
Il Guess Monster era uno spirito libero, represso nel tentativo di essere piú normale, quando ogni parte di lui trasudava delirio, lui non ragionava come i suoi coetanei e non vedeva il mondo in bianco e nero, non avrebbe avuto una borsa di studio per lo sport e probabilmente all'università non ci sarebbe mai andato.
Insomma, non sarebbe mai stato come Wakatoshi Ushijima, il sommo ace della sua squadra, il ragazzo perfetto a cui tutti avrebbero voluto avvicinarsi, ma che con il suo sguardo perennemente freddo e disinteressato allontanava tutti. Ushiwaka non faceva trasparire niente, anche uno attento come Satori faticava a comprenderlo e doveva anche ammettere di averlo sempre ammirato; ogni anno lo vedeva leggere il discorso che preannunciava l'inizio del nuovo anno scolastico, mentre tutti gli studenti raccolti in aula magna lo fissavano.
Le ragazze gli morivano dietro, i ragazzi erano gelosi marci di lui, la sua compostezza non si smentiva mai. Ushiwaka non faceva trasparire nulla, o almeno questo era quello che pensavano quasi tutti, ma Tendo no.
Per uno come lui, notare i suoi splendidi occhi che scorrevano troppo velocemente sul foglio per permettergli di leggere -segno che aveva memorizzato le parole- e la posa rigida e impostata che si ostinava a mantenere, non era difficile. Aveva pensato piú di una volta di voler essere piú simile a lui; cosí impacciato e allo stesso tempo cosí perfetto, riuscire a fare ogni cosa con naturalezza, senza mai sembrare strano o fuori luogo. Non poteva nemmeno immaginare quanto potesse risultare tenero ai suoi occhi quel carattere distaccato che gli calzava a pennello.
Purtroppo però lui era Satori Tendo, l'esatto contrario di perfezione e probabilmente l'ultima persona che avrebbe mai potuto avvicinarsi all'idillio che era Ushijima. Non era geloso di lui però, o almeno non lo era nel senso che tutti quanti avrebbero potuto aspettarsi. Perché al rosso middle bloker non poteva fregare di meno di essere perfetto, in fin dei conti, quella era una cosa che gli sarebbe andata piú stretta della divisa scolastica e solo Dio sapeva quanto odiasse quella cosa che tutti gli dicevano avrebbe dovuto indossare in maniera piú dignitosa. Gli sarebbe piaciuto però avere il grande Ushiwaka tutto per se, incasinarlo e perché no; anche portarsi a letto cotanta perfezione. Per il rosso, che non si era mai etichettato in nessun modo, non era mai stato un problema scoprire che potevano piacergli anche persone del suo stesso sesso, ma per quel ragazzo era diverso, c'era qualcosa di profondo che avrebbe voluto li legasse per sempre e tante, troppe volte avrebbe voluto avvicinarlo e provare ad essere più che semplici compagni di squadra, poi però come ogni volta si era reso conto che era troppo per lui e che non ne aveva il diritto. Aveva rinunciato ad Ushiwaka senza nemmeno mai averne un assaggio, perché uno come lui non sarebbe mai stato abbastanza.
Questo ovviamente non aveva cambiato di molto i suoi sentimenti o il modo in cui lo guardava ad ogni partita, però gli aveva dato il bisogno di avere uno sfogo, qualcosa che lo aiutasse a costruirsi un angolo tutto suo, in cui avrebbe potuto essere se stesso senza pensarci.

Due giorni prima delle vacanze Natalizie, si era ritrovato in giro da solo per scegliersi un regalo, perché i suoi genitori erano troppo impegnati per prendergliene uno ed era stato in quel momento che l'aveva visto. Il negozietto che aveva adocchiato era semplice e poco addobbato, ci entrò senza nemmeno leggere cosa ci vendevano e rimase subito estasiato.
Tutte le pareti erano tappezzate di stampe e poster a tema band, ce n'era addirittura uno dei Kiss identico ad uno dei suoi, ma la cosa che lo colpí di piú furono i disegni appesi un po' ovunque, stampe incredibili che capí presto essere idee per tatuaggi. La sola idea di trovarsi da un tatuatore di bassa lega nei bassifondi di Tokyo, lo riempí di adrenalina e allora, con uno dei suoi classici sorrisi storti e la sua faccia poco raccomandabile, si era avvicinato al bancone.
"Fate anche piercing?"
La ragazza dal lato opposto, gli aveva risposto con un cenno di assenso, controllando su un'agenda.
"Ti va bene domani per quest'ora?"
Il Guess Monster aveva esultato di nascosto e le aveva detto che era perfetto.
L'indomani si era presentato con la sua migliore faccia da schiaffi e senza uno straccio di accompagnatore che potesse firmargli il permesso per quella follia. Aveva assicurato di essere maggiorenne seppur senza documenti e la ragazza dai capelli blu non aveva saputo come comportarsi, era stato il tatuatore di quella bettola a salvarlo alla fine.
"Se dovessero chiederti del negozio dove l'hai fatto?"
"Quale negozio?"
Il tatuatore aveva riso di gusto, passandosi le mani tatuate nei capelli corvini dalle punte bionde e gli aveva poggiato una mano sulla spalla. Di sicuro il ragazzino non era uno sprovveduto.
"Ascoltami bene rosso, non voglio nemmeno sapere quale sia la verità, sono in pausa e tecnicamente non sono nemmeno un piercer, ma so come bucare e sono disposto a fartelo se non hai troppa paura."
E il middle bloker non se l'era fatto ripetere due volte, regalandogli una di quelle espressioni che lo avevano fatto passare per un tipo poco raccomandabile nella sua scuola.
Al termine delle vacanze era tornato a scuola con un piercing alla lingua perfettamente guarito e qualche novità che gli aveva riacceso il sorriso, ormai spento da troppo tempo.
Dopo quel piercing, non aveva mai smesso di andare a quel negozio nemmeno una volta, finché le sue preghiere non erano state ascoltate e aveva convinto Atsumu -questo era il nome del ragazzo, a prenderlo come apprendista in quel mestiere che aveva scoperto piacergli alla follia: il tatuatore!

Tutti a scuola avevano notato il cambiamento di Satori, guardandosi ancora di piú dall'avvicinarglisi. Con quel piercing aveva firmato la condanna ad essere sempre emarginato; nessuno si sarebbe fatto vedere in compagnia di quel tipo cosí poco raccomandabile, però a lui andava bene cosí, fintanto che aveva qualcosa in grado di riempirgli le giornate e i polmoni di aria.
I suoi compagni di squadra erano rimasti straniti all'inizio, ma erano stati contenti del ritrovato entusiasmo del compagno, finalmente era tornato il Satori che avevano conosciuto il primo anno.
La vera differenza si fece notare solo con il tempo, esattamente un giorno dopo il diciottesimo compleanno del rosso, nessuno gli aveva fatto gli auguri o comprato un regalo, ma al termine degli allenamenti mattutini della squadra, tutti lo guardarono straniti.
Sulla schiena del Guess Monster svettavano le linee scure d'inchiostro e l'alone arrossato tutt'intorno al disegno di un paio di ali da pipistrello che gli ricoprivano entrambe le scapole. Satori rise sinceramente a quella caduta di mandibole generale, non rendendosi nemmeno conto di quegli occhi verdastri che lo osservavano incuriositi.

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