Il supereroe di pezza

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La prima cosa che passò per la testa al biondino, una volta tornato nel suo buco di camera, fu quella di sdravaccarsi sul letto, con la testa infossata nella morbida federa del cuscino color pesca.
Era stata davvero una mattinata di merda.
Tsukishima Kei, che di nome era già una garanzia, non amava le uscite mondane in centro, per lo meno non quelle in posti affollati come i centri commerciali, ma per Kuro si era sforzato per davvero, aveva provato ad indossare il migliore dei suoi sorrisi e a rendersi più presentabile.
Anche se alla fine era stato tutto inutile.
Quando aveva visto Kenma e Lev al seguito del moro aveva stretto i pugni in silenzio, trovando la prima occasione buona per riuscire a svignarsela con una scusa molto poco credibile.
Si sentiva davvero un imbecille per aver creduto davvero che quello del pranzo assieme fosse un invito per un appuntamento tra loro due, perché probabilmente una cosa del genere non ci sarebbe mai stata.
Questo perché al moro non sarebbe mai piaciuto uno come lui.
Provò a trattenere la delusione mista a rabbia che gli si stava irradiando nel petto, ma non riuscì a fare finta di niente, non essere corrisposti faceva male. Anche se la sofferenza di quel biondino con la montatura troppo spessa non era solo quella.
Era innamorato del moro, questo era certo, ma gli sarebbe bastato anche solo che il capitano dell'altra squadra fosse suo amico, si sarebbe sul serio accontentato della sua amicizia, ma anche se Kuro si era sforzato di accettarlo, al biondo non era mai sfuggito il fatto che in realtà non aveva davvero tempo per lui. Era troppo focalizzato sui problemi dei suoi amici per pensare ad un marmocchio problematico come lui e non poteva farci niente.
Tsukki non era un egoista, nonostante gli altri nel corso della sua vita lo avessero spesso etichettato come tale.
Si rendeva conto di cosa volesse dire essere solo -probabilmente perché lo era sempre stato- e quanto potesse essere difficile rialzarsi dopo aver toccato il fondo.
Lev e Yaku ne erano la prova provata e il biondino non aveva nemmeno lontanamente idea di come Kuro si dovesse sentire, a vedere i suoi amici crollare giorno dopo giorno nel vuoto che una volta era occupato dai loro sorrisi.
Eppure non poteva fare ammeno di pensare che gli sarebbe bastato solo un poco del tempo del moro, per sentirsi felice.
Tempo che il biondo sapeva di non poter pretendere, perché sí non se la passava bene -viveva in una bettola in periferia senza che la sua famiglia sapesse niente e soprattutto con appena i soldi per vivere- però almeno lui non era stato così stupido da immischiarsi con una serie di soggetti poco raccomandabili. Per quanto effettivamente ancora gli sfuggissero quali fossero i piani di Osamu, lo aveva capito subito che non si trattava di un cioccolataio e si era sempre ritenuto troppo sveglio per abboccare all'amo tanto facilmente.
A differenza di quell'idiota di Lev.
"Forse se anche io fossi incasinato come loro, avrei la tua attenzione."
Pensò amaramente, un secondo prima di crollare addormentato, esausto e senza forze, erano quasi due giorni che non mangiava.

Era tardo pomeriggio quando Kuro e Tendo si trovarono insieme nel negozio di Atsumu.
Il moro pensò che ormai quel posto sembrava essere diventato di proprietà del Guess Monster, ma da quel poco che il rosso gli aveva spiegato, il biondo proprietario la sera prima si era sentito male e non se la sentiva di lavorare quel giorno.
"Atsumu ti ha spiegato cos'ha?" Gli chiese infatti.
"Luccicanza." Rispose il rosso alzando le spalle e l'altro ragazzo non volle fare domande in proposito.
Rimasero in silenzio per alcuni secondi, mentre Kuro sceglieva il piercing, dopodiché il rosso riprese la parola
"Quiindiii, com'è andata con Tsukishima?" Cantilenò.
Il moro lo fissò interrogativo dopo quella domanda.
"So che avete pranzato insieme."
"Ah sì, siamo stati in un centro commerciale con Lev e Kenma." Spiegò tranquillo il capitano.
Tendo da parte sua gli rivolse uno sguardo di fuoco, come gli era venuto in mente di portarsi i suoi amici dietro?
"Pensavo sareste stati soli." Ammise con tutta onestà.
"Ti pare? Sarebbe stato imbarazzante e sarebbe sembrato un appuntamento romantico." Ridacchiò il moro.
Cazzo di idiota.
"Anche se devo ammettere che Kei ha davvero parlato poco e male e se n'è anche dovuto andare molto presto."
Ammise alla fine il capitano del Nekoma un po' sconsolato.
"Non credo che portarti la scorta dietro sia stata la migliore strategia.
Tsukki è una bella persona, ma fatica a dimostrarlo agli altri, se vuoi che si apra con te devi essere paziente e portarti gente dietro lo metterà solo a disagio." Gli spiegò il Guess Monster, per poi osservare l'altro ragazzo grattarsi il mento come se non avesse realmente capito.
"Conosci la storia del supereroe di pezza?" Gli chiese allora il rosso, capendo che con quel ragazzo serviva un po' di terapia d'urto.
Il moro lo guardò interrogativo, mentre la consapevolezza di star per sentire una delle strane storie del tatuatore lo colpì in pieno. Scosse la testa appena, invitandolo a continuare il suo discorso.
"Era un eroe, però non aveva un superpotere spettacolare come quelli degli altri, l'unica cosa che poteva fare era prendersi i problemi delle persone."
"Non mi sembra un superpotere." Constatò il capitano.
"Visto? Eppure come credi che sarebbe se qualcuno potesse sempre assorbire la tua tristezza? Sarebbe forte non avere niente di cui preoccuparti non credi?" E il moro non era sicuro di cosa volesse dire quella frase, ma non riusciva ad essere davvero d'accordo con lui.
"Non credo che mi piacerebbe non avere più problemi." Gli disse infatti e Tendo non si aspettava niente di diverso da lui.
"Eppure credo che anche a te non dispiacerebbe poter rendere felici le persone che hai intorno." Ridacchiò il rosso.
"Come finisce la storia?" Chiese alla fine il moro.
"Oh beh gli è andata male, purtroppo le altre persone non si rendevano conto che lui le stesse aiutando, tutte tranne una.
C'era questo ragazzo che il supereroe aveva incontrato per caso e vedendolo triste aveva provato a prendersi anche i suoi problemi, ma nonostante tutto, lui aveva continuato a non sorridere.
Allora il supereroe si era preoccupato di aver perso i suoi poteri, ma si rese conto di riuscire ancora a far star bene gli altri e quindi si era convinto che fosse quel ragazzo ad essere immune."
"Ma non era così?" Buttò a indovinare il moro e il tatuatore annuì.
"Non puoi pretendere che a sorriderti sia qualcuno che non lo sa fare."
"In altre parole quel ragazzo che aveva incontrato non sapeva sorridere?"
"Più o meno era così e di questo alla fine si accorse anche l'eroe.
Lo vedeva sempre lavorare e presto capì che non poteva essere solo una coincidenza se quello scaffalista aveva sempre il muso lungo.
Un giorno allora, per cercare di capire meglio la situazione, gli parlò."
"E cosa gli chiese?"
"Solo dove fosse lo zucchero."
"Sei serio?"
"Certo che si, gli chiese solo quello e poi se ne andò. Da quel momento in poi ogni volta che entrava al supermercato, gli chiedeva sempre dove prendere qualcosa e quel ragazzino gli rispondeva sempre allo stesso modo; indicandogli il reparto in cui andare con una mano, senza mai effettivamente parlargli.
Poi un giorno per sbaglio fece cadere una cesta di mele che avevano da poco sistemato e il ragazzo era andato a raccoglierle. L'eroe ovviamente per farsi perdonare gli diede una mano e fu proprio in quel momento che il ragazzo gli parlò per la prima volta.
Il giorno dopo si incontrarono in un parco e il supereroe non potendogli raccontare tutta la verità sui suoi poteri, gli disse solo che lo incuriosiva, perché non aveva mai visto un ragazzino tanto serio.
Ebbero una conversazione piacevole quel giorno, si presentarono e diedero anche da mangiare ai piccioni vicino alla fontana e senza rendersene conto, quella che era nata come una conversazione surreale, si era trasformata in una piacevole abitudine.
Ogni giorno il ragazzo passava la sua pausa a quel parchetto non molto lontano dal supermercato in cui lavorava e il supereroe gli faceva sempre compagnia, mentre si divertiva a dare da mangiare ai piccioni vicino alla fontanella e il loro piano piano era diventato un bel rapporto, un po' ambiguo questo è certo, ma pur sempre tanto speciale.
Fu proprio durante uno di quegli incontri che ormai sapevano di quotidianità, in un momento del tutto futile, che l'eroe vide il ragazzino sorridere per la prima volta, non era successo assolutamente niente di cui essere felice, stavano solo parlando del fatto che le aiuole in primavera si sarebbero riempite di papaveri.
A quel punto l'eroe rimase di sasso, era sicuro di non aver usato il suo potere, eppure quelle piccole labbra rosse erano incurvate verso l'alto, come non le aveva mai viste.
"Stai davvero sorridendo?" Gli chiese e il ragazzino annuì.
A quel punto anche l'eroe scoppiò in una fragorosa risata, talmente forte da farsi guardare male da qualche passante, ma tanto né a lui né al ragazzo importava, perché erano felici. Fu allora che il supereroe capì quanto fosse stato stupido da parte sua pretendere che qualcuno fosse felice e gli sorridesse.
Questo perché la felicità non è realmente qualcosa che si possa pretendere e non è vero che non esiste, perché tutte le persone posseggono un sorriso, devono solo trovare il luogo e la persona giusta a cui dedicarli." Concluse il Guess Monster, conscio di aver perso un bel po' di tempo per quella sua storiella.
Il moro dal canto suo, di quel discorso sconnesso non ci aveva capito molto, eppure quelle parole lo avevano comunque attratto come una falena con la luce del sole, facendolo bruciare quasi come se si sentisse in colpa.
"Perché mi hai raccontato questa storia?"
"Perché conosco solo due tipi di persone: quelle che non fanno altro che mettersi da parte per gli altri e quelle cieche che non capiscono chi dovrebbero salvare." Spiegò il rosso tranquillamente, appuntandosi mentalmente di passare dal suo migliore amico e dirgli che si era innamorato di un idiota.
Trapassò il sopracciglio del moro con l'ago sterilizzato, mentre quest'ultimo ancora si perdeva nei suoi pensieri.
Il ragazzino della storia di Tendo gli ricordava davvero tanto Tsukishima.
"Ah e comunque, perché si chiamava supereroe di pezza?"
"Facciamo che te lo racconto un'altra volta." Gli sorrise il rosso.

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