Il pusher dello skatepark

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"Quando la smetterai di portarmi ragazzi minorenni nello studio?" Chiese Atsumu al limite dell'esasperazione.
"Oh andiamo, so che lo stai dicendo solo perché non sono alla tua portata." Rispose Tendo ironicamente, sibilando dal dolore quando il biondo premette l'ago sulla sua pelle con maggiore intensità, quasi lo stesse facendo di proposito.
Dal canto suo il piú grande sospirò teatralmente, concentrandosi sul finire il nuovo tatuaggio di Satori, che gli copriva il braccio e buona parte della spalla.
"In ogni caso, a cosa devo questa visita?" Concesse infine il tatuatore, guardando per un secondo i due ragazzi dai capelli scuri che si trovavano nella stanza insieme a loro, poggiati su delle piccole poltrone.
Kuro -che aveva passato buona parte del tempo a guardarsi intorno estasiato- si ricompose, puntando lo sguardo serio sulla figura di Miya.
"Non ci girerò intorno, al concerto di ieri ho scoperto un mio amico farsela con tuo fratello e credimi non voglio insinuare che tuo fratello sia poco raccomandabile, generalmente non me ne fregherebbe un cazzo di chi si scopa, ma se qualcuno cerca di spaccarti una bottiglia di champagne addosso c'è da preoccuparsi."
Atsumu continuò a tenere lo sguardo sul suo lavoro, annuendo leggermente alle parole di Kuro.
"Guarda che non hai bisogno di fingere, mio fratello non è un tipo apposto e i ragazzi che finiscono sotto  di lui in genere sono stati o ricattati, o incastrati, o tutte e due."
"Figlio di puttana." Sibilò il capitano della Nekoma tra i denti, stringendo i pugni e aggrottando le sopracciglia.
"Ma perché avrebbe dovuto ricattare una persona come Yaku-san?" Chiese Akashi, parlando per la prima volta da quando era arrivato. Il moro non sembrava avere poi tanta voglia di stare là, aveva accettato di accompagnare Kuro solo perché sperava che al negozio avrebbe trovato anche Bokuto, quella mattina non si era presentato nemmeno a scuola.
Kuro si passò le mani tra i capelli cercando di trovare qualche nesso tra il suo amico e il gestore di un night club, ma non gli venne niente in mente.
"Magari non é lui quello da ricattare." Se ne uscì il rosso all'improvviso, dalla sua posizione distesa fissava il soffitto, anche se gli occhi degli altri tre ragazzi erano puntati su di lui in attesa che continuasse a parlare.
"Uno dei modi migliori per mettere una persona alle strette, è avere un ostaggio."
Concluse Satori, stringendo la sferetta di metallo del suo piercing tra i denti.
"Oh andiamo ma stiamo parlando della stessa persona? In tre anni non l'ho mai visto frequentare qualcuno di potenzialmente pericoloso e soprattutto talmente idiota da non rendersi conto di starlo incastrando."
Sbottò ancora un volta il moro, alzandosi in piedi nello stesso momento in cui Miya allontanò l'ago dalla pelle chiarissima del middle bloker.
"Com'é che si chiama il primino che é entrato nella formazione dei titolari della Nekoma?"
Domandò ancora il rosso allungando braccia e gambe per stiracchiarsi, dopo le quasi tre ore di seduta appena terminate e puntando il suo sguardo rosso e indagatore sull'altro ragazzo.
Kuro deglutí a vuoto, l'idea di ricevere l'ennesima dichiarazione assurda su un suo amico lo sfiorò di nuovo.
"Quando fai cosí mi fai paura Tendo."

"Che noia!" Sbottò il ragazzo dai capelli grigio chiaro, mentre stiracchiava le braccia lunghissime dalla sua postazione.
Quella zona di Shibuya non era particolarmente pericolosa, almeno non per lui che era abituato a girovagare per i quartieri di Kabukicho ogni notte, a volte con la cocaina nelle tasche, altre invece semplicemente alla ricerca di possibili clienti -che forse sarebbe stato meglio definire vittime- da portare al night club per cui lavorava.
Non sapeva come ci fosse finito in quel casino, Lev, il cappuccio della felpa nera calato sulla testa, mentre se ne stava disteso sotto le fronde di un albero, in quella giornata particolarmente soleggiata.
Il rumore delle ruote degli skateboard che cozzavano sulle rampe e la musica pompata a volumi spropositati dalle casse degli skater, gli avevano fatto venire un mal di testa incredibile.
Diede ancora un tiro al filtro che aveva tra le mani, ricordandosi solo in quel momento quanto l'erba al suo interno fosse di pessima qualità e gli avesse già fatto schifo alla prima boccata di fumo inalata. In quel momento si diede dell'idiota per non essersi fermato a comprare un pacco di sigarette qualsiasi per strada, non che quel ragazzone fosse un fumatore incallito, ma erano notti che non si faceva una sana dormita e avrebbe solo voluto rilassarsi, invece quel posto gli stava dando particolarmente sui nervi.
Di certo Lev Haiba -che negli sport era una schiappa e ancora faticava a centrare la palla quando doveva schiacciare- non era andato a quella pista con l'intento di spaccarsi l'osso del collo su quella tavoletta con le ruote. Insomma, nemmeno sapeva se quella cosa avrebbe retto la sua mole imponente, o si sarebbe spezzata sotto il suo peso!
Sakusa -il fedele cane bastardo di Miya- gli aveva mollato una consegna che molto probabilmente spettava a lui, con la scusa di non conoscere bene la zona in cui recarsi e Lev poteva essere anche idota, ma non fino a quel punto, avrebbe tanto voluto mandare quel germofobico del cazzo a Shibuya, a suon di calci in culo. Sapeva che quel maniaco ossessivo compulsivo avrebbe preferito di gran lunga morire, piuttosto che andare a incontrare un cliente in un posto cosí poco igienico. Sospirò sconsolato sollevando la schiena, sbloccò il cellulare constatando che aveva ancora un paio di bustine da piazzare. Forse, ma solo forse, se avesse fatto in fretta finalmente sarebbe potuto tornare a casa per concedersi qualche ora di sonno. Ovviamente prima che scattasse il fatidico orario in cui sarebbe tornato a Kabukicho per il suo -consueto ormai- turno di lavoro notturno.
"Fottuto perfettino con la puzza sotto al naso." Insultò il grigio tirandosi su e adocchiando la cancellata grigia aperta, sperando che i due ragazzi arrivassero presto a prendersi la loro roba.
Per sua somma sfortuna però, i suoi occhi smeraldini scorsero l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare in quel momento. 
Corse velocemente a nascondersi dietro lo stesso albero sotto cui si era rilassato fino a poco prima, probabilmente dimenticandosi di essere alto quasi due metri.
"Toc toc" Sentí la voce del suo capitano pronunciare quelle sillabe dall'altro lato dell'albero.
"Chi é?" Chiese in risposta, sporgendosi curioso da dietro alla corteccia, come un bambino che gioca a nascondino.
"Quanto puoi essere idiota Lev! Vieni fuori!" Ordinò il moro esasperato, tirando un poderoso scappellotto dietro la testa di quello stupido gigante a cui si era affezionato troppo nel giro di un anno.
"Ahia! Ma cosa ti ho fatto!" Sbottò il ragazzo dagli occhi smeraldini, gonfiando le guance e distogliendo lo sguardo dal moro quando si rese conto della presenza di ben tre persone insieme a lui, tutte persone che aveva già visto, ma di cui ovviamente non ricordava i nomi.
Li salutò con un saluto militare, quasi a dire che non sarebbe uscito vivo da quella conversazione con il suo capitano. E dire che in genere la mamma apprensiva non era certo Kuro: era piú facile che il capitano fosse il complice delle sue marachelle, mentre Yaku-san li rimproverava per essere due idioti.
Tirò un sorriso amaro a quel pensiero, non avere il piccoletto con sé in quel momento gli faceva strano, soprattutto perché non ci parlava da quando avevano litigato un paio di settimane prima. Da allora erano successe cosí tante cose, che Lev non aveva trovato nemmeno il momento adatto per chiedere scusa al suo nanetto e la cosa lo faceva sentire incredibilmente vuoto.
"Si può sapere cosa hai combinato? Come hai fatto a mettere Yaku nei casini?"
Chiese Kuro, addolcendo un pochino il tono di voce notando il suo repentino cambiamento d'umore.
Il piú alto sospirò, schiacciando la cicca che gli era caduta a terra quando aveva visto il moro avvicinarsi, sotto la suola delle Air force rosse.
"Credo che sia successo perché abbiamo litigato, tutto qua."
Rispose il grigio poggiando la schiena per l'ennesima volta contro il tronco dell'albero, lo sguardo ancora fisso sulla cancellata, anche se era palese che Lev stesse solo cercando di distogliere lo sguardo.
"Ti sembra una motivazione valida per incastrare qualcuno con uno come Osamu? Hai anche solo lontanamente idea di che tipo sia?" Sbottò Akashi d'improvviso, attirando gli sguardi di tutti gli altri ragazzi su di sé.
"Akashi ha ragione, sarebbe meglio vendere l'anima al diavolo che avere a che fare con lui." Fece spallucce Toru, che tra i tre era l'ultimo arrivato e aveva ascoltato i loro discorsi solo in piccola parte, ma Osamu Miya era un nome parlante, non aveva bisogno di presentazioni.
Kuro non replicò nemmeno una volta, aspettandosi che il suo compagno di squadra continuasse a parlare, avrebbe deciso da che parte stare solo alla fine.
"Calmatevi entrambi, dovreste ascoltare cosa ha da dire Lev." Cercò di calmare gli animi Tendo; non gli andava bene che quei due oltre a fare casino con i suoi amici, provassero anche a passare per quelli saggi della situazione.
"Mi vuoi spiegare perché difendi sempre l'indifendibile? Sbaglio o sei stato tu a dire che Lev poteva essere responsabile?" Continuò imperterrito Akashi: lui non aveva niente contro Tendo, anzi lo stimava molto, ma la situazione del primino della Nekoma era speculare a quella di Bokuto e Akashi non riusciva ancora a credere che Tendo lo difendesse, spacciava droga il suo amico, non caramelle.
"Ho detto che Osamu avrebbe potuto usare Yaku come pretesto per ricattare Lev, non che fosse colpa sua."
"Non credo che sia molto rilevante la colpa in questo momento, l'unica cosa certa ora é che Yaku é diventato la sua putta-"
Le parole di Oikawa vennero interrotte da Lev, prima ancora di finire la frase il castano si trovò afferrato per la felpa bianca che indossava quel giorno, mentre toccava terra solo con le punte delle Off-White che indossava.
"Oi vedi di non esagerare con un tuo senpai." Disse solo il moro, evitando a quello sbruffone del grande re un occhio nero.
"Mi dispiace Kuro-san ma non ci riesco, posso accettare di essere considerato un idiota, posso accettare i sensi di colpa che mi stanno divorando da giorni, ma non mettere in mezzo Yaku-san, non ha colpe."
Sputò il grigio, gli occhi smeraldini erano vacui, avevano perso la luce da ragazzino che regnava sempre sul suo volto pallido.
"Di la verità moccioso, ti sei incazzato solo al pensiero di sapere che Morisuke potrebbe essere con qualcun altro." Provocò ancora Oikawa, non aspettandosi minimamente la testata che gli arrivò dritta sul muso.
"Grande re del campo, si vede che di me non hai capito proprio un cazzo! Sono arrabbiatato é vero, ma con me stesso, perché ho paura che Yaku-san ora mi odi e io non possa fare niente per sistemare le cose! Sono due settimane che non tocco il mio letto e seguo ogni ordine di Osamu-san come un cane, ma non é ancora abbastanza. Non lo sarà finché Yaku-san non tornerà a sgridarmi quando sbaglio un tiro e a prendermi a calci quando lo chiamo chibi-chan."
Esclamò tutto d'un fiato, mollando la presa sul castano, che non riuscí a reggersi sulle sue gambe, cadendo con il sedere a terra.
"Una persona non é mai di tua proprietà, non farà sempre quello che ti aspetti e se l'ami riuscirai ad accettare anche i suoi sbagli!"
Concluse il piú piccolo, lasciando tutti i presenti interdetti e stupiti, si rialzò il cappuccio nero -che gli era scivolato quando aveva afferrato Toru- in testa e adocchiò un ragazzo difronte alla cancellata muoversi con fare circospetto, si allontanò dal gruppo di ragazzi per concludere l'ennesima consegna della giornata, non vedeva l'ora di andarsene da quel posto.

Tsukishima stava camminando intorno al tavolo da ormai dieci minuti buoni, probabilmente, sottili com'erano le pareti di cartongesso, dovevano averlo sentito per tutto l'edificio, non che a qualcuno importasse qualcosa la dentro eh. Si era sempre ritenuto una persona razionale, ma quando Kuro lo aveva chiamato al telefono per chiedergli se fosse a "casa", non aveva potuto evitare al suo battito cardiaco di accelerare e nemmeno al suo cervello di farsi viaggi strani quando gli aveva chiesto se poteva andare da lui.
Sentí le guance imporporarsi all'idea che Kuro entrasse in quel posto, purtroppo Tsukki non aveva granché da offrirgli e questa cosa lo stava mettendo non poco a disagio.
Decise di fermarsi, poggiandosi una mano sul cuore prima che gli uscisse fuori dal petto, gli servirono una decina di respiri profondi per rilassarsi completamente. Sospirò buttandosi sul materasso di quel postaccio, le molle erano talmente vecchie da cigolare anche quando vi era adagiata sopra la sua cartella scolastica. Ripensò al giorno prima, quando proprio il moro lo aveva accompagnato in quel posto, scoprendo una di quelle cosa che Tsukishima riusciva a condividere con ben poche persone e no, non si trattava dell'essere omosessuale.
Il biondo non dubitava che anche uno come Kuro sarebbe uscito velocemente dalla sua vita se non avesse accettato la sua sessualità, ma il piú grande non aveva fatto una piega per quella cosa, riempiendogli invece la testa di domande su come stesse, dove fossero i suoi, se mangiasse in maniera appropriata e cosa piú importante, se potesse fare qualcosa per lui.
All'inizio aveva ridacchiato un poco, anche Tendo aveva reagito piú o meno a quel modo, ma Tsukki sapeva che per il rosso non si era trattata di una grande sorpresa, intuitivo com'era, Kuro invece era stato diverso.
Aveva impiegato il doppio del tempo a realizzare e quando aveva capito che il biondino stava dicendo la verità avrebbe quasi voluto costringerlo a tornare a casa con lui, ma certe cose con Tsukishima erano totalmente da escludere.
Iwaizumi non era il solo a non voler essere un peso per gli altri, anche se lui e il suo amico erano agli antipodi praticamente: Hajime infatti odiava stare da solo, ma allo stesso tempo non voleva che nessuno si preoccupasse per lui, Tsukishima invece da solo stava bene, non gli era mai pesata molto l'idea di avere poche persone intorno. Aveva imparato a colmare il silenzio riempiendosi la testa di pensieri, si era costruito una facciata dura che non permetteva a nessuno di superare quel muro altissimo, rappresentato dalla sua freddezza. Eppure sentiva che da quando era entrato nel club di palla a volo, quel muro si fosse abbassato sempre piú, quasi come fosse stato fatto di ghiaccio che si scioglie al sole.
Non lo avrebbe ammesso a voce ma era felice di essere entrato nella squadra del Karasuno, era felice di essere andato al ritiro a Tokyo e ancora di piú di essere entrato in quel negozio di tatuaggi pieno di persone strampalate.
A volte il biondo sentiva di essere un po' piú vuoto del solito, altre invece si sentiva piú pieno che mai e i momenti in cui cantava, oppure in cui murava le schiacciate avversarie erano di gran lunga i suoi preferiti.
Il filo dei suoi pensieri venne interrotto dal suo telefono che vibrava, un tuffo al cuore lo colse impreparato quando lesse il nome del moro sullo schermo.
Gli rispose consapevole che fosse arrivato, indicandogli il numero della camera e a quale piano si trovasse; quando sentí le nocche sbattere leggermente sulla superfice in legno andò ad aprirla, accogliendo Kuro-san in quella bettola che di accogliente non aveva niente.
"Benvenuto nel mio castello!" Scherzò il biondo, la sua ironia poteva risultare molto pungente a volte, ma in quel momento Kuro sorrise un po', sembrava molto stanco.
Il biondo lo fece sedere sul suo letto, sperando non gli facesse troppo schifo, non sapeva con precisione quando avessero cambiato le lenzuola l'ultima volta, ma ancora una volta il moro non fece una piega, tirandosi il biondo di fianco, quando notò che stava provando a sedersi sul pavimento.
Il capitano della Nekoma ridacchiò quando sentí il moro farfugliare in imbarazzo, gonfiando le guance e Tsukki ancora una volta sospirò voltandosi verso di lui.
"A cosa devo questa visita?" Gli chiese.
"Diciamo che avevo bisogno di schiarmi un po' le idee." Rispose il piú grande grattandosi una guancia.
Il biondo lo guardò incuriosito, quel giorno Kuro era abbastanza strano effettivamente.
"Se hai un problema puoi sempre parlarmene." Propose, sistemandosi gli occhiali sul naso con due dita.
"Veramente ora avrei solo bisogno di rilassarmi un po'." Rispose il moro, adagiando la testa sulle gambe dell'altro ragazzo e sorridendo ancora quando lo sentí irrigidirsi per la sorpresa.
Dopo qualche minuto, il biondo trovò finalmente il coraggio di passare le mani nei capelli del piú grande, scoprendo con piacere quanto fossero morbidi al tatto.
Inoltre a Kuro non sembrava dispiacere; mancava poco che cominciasse a fargli le fusa come un vero e proprio gatto.
"Se vuoi farti una dormita va bene, ma ti avviso, stasera devo lavorare." Concesse il biondo, percependo il capo del moro girarsi nella sua direzione, guardandolo con fare apprensivo.
"Ti prego dimmi qualsiasi cosa, ma non che fai lo spacciatore." Il biondo lo guardò interrogativo per quell'affermazione.
"Faccio il cassiere in un Kombini aperto ventiquattro ore e stasera mi tocca il turno di notte." Spiegò facendo spallucce e vedendo il moro ammorbidire di nuovo la sua espressione, tornando a chiudere gli occhi come se niente fosse, il tutto, sotto lo sguardo di uno Tsukishima ancora piú perplesso.

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