La ballerina

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La luce del crepuscolo illuminava il cielo di quelle giornate invernali ancora troppo corte.
Il cielo aveva un colore tenue a causa delle nuvole che si stavano avvicinando, probabilmente quella notte avrebbe piovuto. Oikawa si strinse nelle spalle al contatto con l'aria gelida dei primi di marzo, pentendosi di non essersi portato una felpa in piú, da mettere oltre a quella della divisa da pallavolo, la strada verso casa non gli era mai sembrata tanto lunga.
Per la prima volta dopo tanto tempo Oikawa era solo, senza nessuna ragazza che gli mandasse messaggini di continuo, o gli proponesse di fare metà strada assieme.
É cosí vuoto, pensò guardando al suo fianco e ammettendo almeno a se stesso che non erano quelle ragazze a mancargli, ma la presenza del suo migliore amico.
Toru aveva passato una vita intera dandola per scontata, perché tanto Iwa-chan ci sarebbe sempre stato, o almeno questa era stata la sua sciocca convinzione fino a quel momento.
Una persona non é mai di tua proprietà, non farà sempre quello che ti aspetti e se l'ami riuscirai ad accettare anche i suoi sbagli.
Il giorno prima, quando aveva sentito Lev dire quelle parole, aveva finalmente capito di essere un coglione, poi che tutto si sarebbe aspettato nella vita, tranne che di ricevere una lezione da un ragazzino troppo cresciuto, era un altro paio di maniche.
Sospirò strizzando gli occhi, non era affatto da lui comportarsi in quel modo; lui era Oikawa, il re del campo, il migliore, il più amato, ma in quel momento non avrebbe potuto fregargliene di meno di quel se stesso stupido e arrogante.
Continuò a camminare in silenzio, il passo leggermente piú veloce rispetto a prima, nella speranza che quello strazio finisse al piú presto, rimase assorto per qualche minuto, poi la suoneria del suo cellulare lo riportò alla realtà.
Sbuffando lo tirò fuori dalla tasca, rimanendo abbastanza interdetto del mittente di quella chiamata.
"Non mi aspettavo avessi il mio numero." Tagliò corto il castano, non era in vena di sopportare le pagliacciate di quel mostriciattolo troppo eccentrico per i suoi gusti.
"Dacci un taglio sbruffone, anche tu avevi memorizzato il suo no?"
"Bokuto?" Chiese incerto, controllando di nuovo il display del cellulare per assicurarsi che il nome del mittente fosse quello di Tendo.
"L'unico e il solo! Piuttosto, Iwa-bro é con te? Non risponde al cellulare e non é a casa."
Oikawa sgranò leggermente gli occhi, un senso di pesantezza gli piombò sullo stomaco, Iwaizumi aveva saltato gli allenamenti dicendo di non sentirsi bene ed era andato a casa a riposare, o almeno cosí gli aveva detto Makki quando era arrivato in palestra.
"Oii pronto? Sei ancora vivo?" La voce di Bokuto continuava ad arrivargli alta ed esaltata dall'altro lato, quasi come se il grigio non fosse in se, ma in quel momento Oikawa non indagò oltre sulle sue condizioni, aveva qualcosa di molto piú importante da fare. Liquidò il gufo in fretta e cominciò a correre spedito, cercando di pensare a dove si sarebbe potuto cacciare il moro, l'orologio segnava le 18:20.
Percorse la città in lungo e in largo, passando dal centro commerciale alla stazione e chiedendo anche ai controllori se qualche ragazzo con la sua stessa divisa e i capelli scuri avesse preso qualche treno, ovviamente la risposta fu negativa.
Setacciò ogni posto che gli venne in mente, qualsiasi posto che un ragazzo della sua età avrebbe potuto frequentare, ma di Iwa-chan nessuna traccia. Erano le nove passate da qualche minuto e l'idea che forse quello stupido gufo avesse ragione sul suo conto e che lui fosse talmente concentrato su se stesso da non conoscere davvero il moro, non gli sembrava piú cosí inverosimile.
Era ormai arrivato all'incrocio dove ogni giorno salutava sempre l'altro ragazzo prima di tornare a casa, però Oikawa non svoltò a sinistra come sempre, andò nella direzione opposta; quella che percorreva da piccolo per arrivare al parco giochi con il suo amico.
In quel periodo della sua vita Iwaizumi gli era sempre stato affianco, difendendolo dagli altri bambini che lo prendevano in giro e donandogli l'unica cosa che Toru non aveva mai smesso di avere da quando conosceva Hajime: il sorriso.
Anche da piccolo ricordava quanto il moro odiasse vederlo triste perché non sapeva essere dolce abbastanza da consolarlo, ma a Toru non era mai importato. Bastavano le braccia di Iwa-chan a stringerlo impacciate e le sue guanciotte rosse come fragole di bosco per far passare ogni male. Da quanto tempo non ci abbracciamo?
Una volta al parchetto non si stupí piú di tanto di trovarlo in uno stato di semi abbandono, erano quasi sette anni che non ci metteva piede.
Quasi nessuna giostra era piú utilizzabile, a partire dallo scivolo con gli scalini spezzati, passando per il dondolo senza piú i manici e la piscina con la sabbia ormai vuota, per poi finire con i cavalli a molla che erano stati praticamente decapitati.
Toru camminò tra le vecchie giostre respirando l'odore di terra e brina che tanto gli ricordava i parchi per bambini, l'idea di essere in un luogo abbandonato e senza luci non sembrava spaventarlo.
Adocchiò l'unica altalena che aveva ancora entrambe le catene intatte e senza pensarci due volte ci si sedette sopra, ignorando lo scricchiolio che produceva ad ogni suo leggero movimento. Rivide le immagini della sua fanciullezza farsi spazio nei suoi ricordi, e in ogni scena riconobbe sempre l'immagine di due bambini spensierati che passavano ore ed ore a dondolarsi avanti e indietro, per vedere chi sarebbe arrivato piú in alto.
Senza pensarci due volte prese a darsi la spinta con i piedi per rivivere la sensazione di volare fin sopra al cielo e per qualche secondo gli sembrò di esserci quasi arrivato, poi la catena cedette e si ritrovò a sbattere rovinosamente contro il terreno umido.
Rimase disteso su quella superficie dura e fredda per un tempo imprecisato, lo sguardo perso nel vuoto e la mente che ancora vagava nel torpore dei ricordi, finché le gocce di pioggia non iniziarono a bagnargli il viso, risvegliandolo da quello stato catatonico in cui era caduto.
"Se penso che guardarmi indietro ti riporterà da me, sono un vero idiota." Disse a voce alta, rivolto a nessuno in particolare, si alzò in piedi lentamente massaggiandosi il sedere con le mani, i cui palmi erano entrambi sbucciati, proprio come da piccolo.
L'unica differenza era che stavolta nessuno gli avrebbe asciugato le lacrime o l'avrebbe preso per mano per aiutarlo a tornare a casa e forse il re del campo capì per la prima volta dopo anni come doveva essersi sentito Iwaizumi per tutto quel tempo.
Recuperò il borsone che aveva gettato in terra poco prima e ne estrasse il cellulare, erano le undici di sera e aveva una chiamata persa da sua madre. Le mandò un semplice SMS per informarla che non sarebbe tornato a casa e si incamminò ancora una volta, con la pioggia battente a inzupparlo, c'era un unico luogo in cui non aveva ancora controllato.

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