Impotente

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Dicono che la cosa più brutta sia il non poter stare con la persona che si ama, ma c'è una cosa ancora più brutta. Il guardare una persona che ami, da lontano, il vederla con un altro, il non poter fare nulla. Questo è certamente peggio. Sento un senso di impotenza che mi distrugge, mi divora. Ho deciso di starle lontano per non permettermi di essere debole, ma non avevo calcolato che la sua mancanza potesse farmi sentire ancora più debole, distruttibile e sopprimibile. Cosa fare quando il peggiore nemico di te stesso sei tu stesso? Come combatterlo?
Ero venuto in questa stanza, nella sua stanza, perché mi mancava come l'aria e volevo vedere qualcosa che appartenesse a lei, qualcosa che profumasse di lei. La lontananza mi ha fatto capire solo quanto la vorrei vicino. La sua scrivania è un posto che mi fa sentire vicino a lei. So che qui ci si è seduta lei, pochi minuti fa, poche ore fa. Mi piace immaginarmela seduta qui indaffarata nelle sue cose. E' tutto così dannatamente ordinato. Questo ordine è inversamente proporzionale al disordine nella mia testa.
<<Mi dispiace, pensavo avesse lezione>> mi dice Linda con voce triste.
<<Lo pensavo anche io>> era l'unico motivo per cui sono venuto qui. Pensavo di non trovarla. Non mi faccio vedere da più di due settimane. Almeno è lei a non vedermi da due settimane, io l'ho sempre vista. Non sono riuscito a chiudermi in stanza, a comportarmi come sempre, a dimenticarmi della sua esistenza. L'ho sempre guardata da lontano. Guardandola, in silenzio, ho detto tutte le parole che non posso dirle. C'era sempre qualcosa che mi mancava...un sorriso, un gesto. Dovevo vederla. Per stare meglio, solo per un po'.
<<Quindi uscirà con quel ragazzo sta sera..>> dico ripensando alle parole della sua amica. Ho voglia di sfogarmi, di parlare, di urlare, di fermare tutto, ma non ci riesco. Che diritto ho di farlo?
<<Non penso che le piaccia, almeno non quanto lei piace a lui. Sono stati spesso insieme, si, ma studiavano..>> dice Linda cercando di farmi stare meglio. Non sa che nulla potrebbe farmi stare meglio, nemmeno sapere che hanno solo studiato insieme. Il solo pensiero che possa averci fatto altro mi fa uscire fuori di testa. Prendo la foto sulla scrivania che ritrae Sole e la sua amica. E' una polaroid messa in una cornice. C'è una data. Il giorno dopo il mio compleanno. Doveva essere un bel momento. Sembrava felice in questa foto. Sorride e questa volta anche con gli occhi. Passo la mano sull'immagine di Sole, la sento lontana, dannatamente lontana. Mi ritorna in mente il suo braccio che sfiora il mio. A nulla era valso il mio tentativo di non guardarla. Ci ero riuscito per tutto il tempo, ma non quando era così vicina a me. L'ho guardata, lei era assente. Distante, lontana, fredda.
<<Gabriel ti avevo avvertito, ti avevo detto che non ne saresti stato capace. Ti ho detto che ti saresti accorto di cosa avevi per le mani e di cosa ti sei lasciato scappare>> mi dice Linda avvicinandosi e sedendosi sul letto di Sole. Queste parole risuonano nella mia testa. Si è allontanata, ho ottenuto quello che volevo, ho vinto. Ma perché mi sento solo di aver perso?
<<Forse non è ancora troppo tardi..>> dice Linda.
<<Lo hai detto tu che lei non è come le altre, che se bacia un ragazzo è perché le piace, che se esce con qualcuno è perché le piace. Se esce con lui è perché le piace>> dico sconfitto. Probabilmente si è accorta che lui fa per lei. Non è quello che volevo?
<<Gabriel, l'hai baciata e poi le hai detto che ti piace un'altra. Cosa ti aspetti da lei esattamente?>> mi chiede. Niente, non mi aspetto niente.
<<Ho fatto tutto io..>> ammetto. Ho voluto così io. L'ho allontanata io. Ho deciso io.
<<Ti sei pentito?>> chiede. No. Si. No, non lo so, forse. So che è la cosa giusta. Pensavo solo di vivermela meglio, che sarebbe stato più facile.
<<So che deve andare così, ma..>> dico. Non riesco ad esprimermi. Non so cosa mi gira per la testa.
<<Pensavi che sarebbe stato più facile allontanarla e di conseguenza dimenticarla>> dice lei azzeccando in pieno.
<<Ti stai facendo del male Gabriel, non stai traendo nessun beneficio da questa lontananza. Anzi, peggiori solo le cose>> dice e so che ha dannatamente ragione. Non vorrei che fosse così, ma non posso farci niente. Avrei voluto essere un'altra persona, senza problemi, senza responsabilità. Avrei voluto incontrarla per caso, innamorarmi di lei e amarla liberamente. Avrei voluto essere meno incasinato, meno freddo, meno menefreghista, meno stronzo. Avrei voluto essere più dolce, più buono, più bravo a capire le persone, più bravo a trattarle bene. Avrei voluto starle accanto e proteggerla. Avrei solo voluto incontrarla in un'altra vita. Non siamo fatti per stare insieme in questa. Sento il bisogno di allontanarmi da questa camera, da lei. Mi sento soffocare.
<<Vado via>> dico alzandomi dalla sedia. Guardo la foto per l'ultima volta e poi la rimetto al suo posto. Linda mi afferra per un braccio. La guardo, è triste. Faccio stare male anche le persone che mi stanno vicino. Mi lascia il braccio, mi guarda impotente, incapace di dire niente. Esco dalla stanza. Da quel posto che sa tanto di Sole. Dal posto che mi fa stare bene, ma allo stesso tempo mi getta nella disperazione più totale. Dal posto che tanto ho evitato, ma che inevitabilmente mi ha trascinato a lei.
Arrivo a casa. Giordano non c'è. Penso sia a fare un giro in bici qui intorno. Gli piace molto andare in bici. Tommaso è all'Università. Mamma sta riposando. Sono venuto qui perché la stanza del mio dormitorio mi ricorda lei. Il campus mi ricorda lei. Questo è l'unico posto dove non ha messo piede. Eppure anche qui tutto mi riporta a lei. E' nella mia testa, non riesco a farla uscire. Maledizione. E' tutto così complicato. Più ti manca qualcuno più è ovunque la sua presenza. Se soltanto fosse qui, solo per un attimo, solo per guardarla da vicino, senza dirle niente.
<<Gabriel!>> la voce di Giordano mi riporta alla realtà. Lo vedo appoggiare la bici al muro e venirmi incontro.
<<Hai fatto un giro?>> gli chiedo.
<<Si, qui intorno>> risponde. Mi guarda. Appoggia lo zaino sul tavolo e tira fuori alcuni libri. Noto 'Delitto e castigo', un altro dei miei libri. 
<<Lo hai letto?>> chiedo non troppo stupito. E' un libro estremamente complicato. Giordano mi sorprende sempre.
<<Si, mi piace>> risponde. Sorrido. Giordano è estremamente intelligente.
<<Mi ricorda te>> mi dice. Cosa?
<<In che senso?>> gli chiedo sbalordito.
<<Ti credi forte, lo sei, ma dimentichi che l'essere umano per natura è anche debole>> mi dice guardandomi negli occhi. Mi lascia senza parole.
<<E' meglio fare i forti ed essere infelici o accettare la propria debolezza ed essere felici?>> mi chiede distogliendo lo sguardo e rimettendo il libro nello zaino. Colpito e affondato. Cosa devo dire? Non riesco a rispondere a questa domanda. Credevo che essere forti mi facesse stare meglio, ma non è così. Ed ammettere una debolezza, accettarla, mi farebbe veramente stare meglio? Non credo. Vorrei sapere cosa passa per la testa di Sole. Cosa pensa in questo momento? Cosa prova per me? Rabbia? Indifferenza? Niente? Vorrei sapere la sua opinione su alcune cose, come la pensa, come ragiona. Vorrei sedermi vicino a lei e parlarle o vorrei anche solo sedermi vicino a lei e guardarla.
<<Che è successo?>> mi domanda Giordano. Mi ha beccato senza che aprissi bocca. Lui e Linda sono capaci di leggermi dentro. Come è possibile? Dicono quello che vorrei dire io, fanno chiarezza dove c'è disordine e buio. Eppure io non ascolto nessuno, rimango nel disordine, nel buio..
<<Si frequenta con un ragazzo>> gli dico. Non so perché glielo dico. Mi fa male pensarlo, mi fa male anche dirlo. Ma è come se sentissi il bisogno di dirlo, di parlarne con qualcuno.
<<E tu la lascerai andare così?>> mi domanda. E' già andata. Ho mal di testa. Pensieri contrastanti si fanno avanti in me. C'è una guerra nella mia testa. Una guerra tra cuore e testa. Una guerra tra irrazionalità e razionalità. Non c'è pace. Solo caos.
<<Lei è speciale Gabriel>> dice il mio fratellino.
<<Non la conosci nemmeno>> dico e lo vedo un po' strano. Distoglie lo sguardo. Non capisco.
<<La conosco. Me ne parli tu e anche Linda>> dice continuando a guardare in basso. Linda a quanto pare si diverte a parlare di me con Giordano. Sorrido, non riesco ad essere arrabbiato con lei.
<<Tu non la conosci! Che ne sai cosa ha passato nella sua vita? Magari ha sofferto proprio come te. Magari non ha bisogno di essere protetta>> dice sollevando la voce. E' contrariato. Non l'ho mai visto così.
<<Non posso metterla in pericolo Giordano, lo sai. A volte mi sembra che tu e Linda dimentichiate molte cose>> dico ricordando a me stesso il vero motivo per il quale non posso starle vicino. A dire la verità, a volte, me ne dimentico anche io. Anzi vorrei dimenticare e per un attimo pensare ad una situazione diversa. Una situazione che mi permetta di starle vicino. Giordano si alza di scatto.
<<Lei non vive nel mondo delle favole Gabriel!>> dice e se ne va lasciandomi da solo. Completamente da solo. Perché ha reagito così? 

Senza nemmeno accorgermene mi ritrovo seduto sulla mia roccia in mezzo al verde. Vorrei che Linda fosse qui. Sento come un nodo stretto che mi fascia i polsi, il respiro affannato, il tormento, la rassegnazione. Non esiste tortura peggiore di assistere, senza poter fare nulla. Odio questo senso di impotenza. Mi sento paralizzato, incapace di fare qualcosa per cambiare la situazione. Sento una voce che mi dice di affrontare la realtà dei fatti, ma allo stesso tempo sento un dolore che mi convince dell'esatto contrario e che mi convince che sarebbe un qualcosa capace di distruggermi.
L'impotenza di non poter far nulla, l'illusione di riuscire a cambiare qualcosa. Cosa fa più male?

In due il buio fa meno pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora