7. Newt, Minho, Thomas, Ashley, Rebeka, Chuck

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*Newt's pov*

"Vado a prendere qualcosa da bere, torno subito" sorrise Rebeka alzandosi dal tavolo, lasciandomi insieme a Minho, Chuck e Ashley.
Ultimamente mi sento più felice, come se le mie preoccupazioni non ci fossero più, ero visibilmente più allegro, avevo più voglia di alzarmi la mattina e andare a lavorare, e sicuramente qualcuno a cui pensare prima di andare a dormire.
Ogni notte mi trovavo a fissare il soffitto di legno del dormitorio, a pensare ai suoi dolci occhi marroni e ai suoi morbidi capelli castani, con qualche riflesso biondo al sole.
Pensavo a come sarebbe se lei fosse tra le mie braccia, sentire il suo profumo, accarezzarle i capelli, perdermi in quei suoi occhi che in qualche modo mi facevano dimenticare della vita reale.
"Newt?" richiamò la mia attenzione Minho, schioccandomi le dita a pochi centimetri dal naso.
"L'abbiamo capito tutti" disse Chuck sorridendo.
"Capito cosa?" chiesi confuso, quando in realtà sapevo perfettamente di cosa stessero parlando.
"Ti piace Rebe, è palese" disse Ashley portandosi alla bocca una forchettata di stufato.
Rimasi immobile, non potevo negarlo, sarebbe stato troppo evidente.
Non feci neanche in tempo a ribattere che Minho mi zittì nuovamente.
"Niente repliche, abbiamo visto tutti come la guardi. Così come abbiamo visto come lei guarda te" disse facendo cenno verso la ragazza che stava parlando con Clint, ancora in fila.
Si accorse del mio sguardo su di lei in quel momento e subito abbassò la testa iniziando ad arrossire.
"Esattamente" disse Ashley ridendo.
"Zitti pive, sta per tornare" ribattei sorridendo e mantenendo lo sguardo sul mio piatto mentre Rebeka si sedeva accanto a me.
"Cosa mi sono persa?" chiese curiosa iniziando a bere.
"Nulla Rebe, solo qualche chiacchiera inutile, niente di cui preoccuparsi" disse Ashley mettendo una mano sul braccio dell'amica.

Passai il pomeriggio a pensare al discorso che avevamo fatto a pranzo, se i ragazzi l'avevano capito era probabile che anche lei l'avesse fatto.
Ad un certo punto, quando avevo appena finito il mio turno agli Orti e stavo sistemando gli attrezzi, nell'alzarmi toccai con la testa un vetro rotto in rilievo da un vaso accanto a me.
Imprecai sottovoce prima di iniziare a cercare un qualsiasi tipo di tessuto per evitare che fuoriuscisse tanto sangue.
Uscì dal magazzino e mi diressi verso l'Infermeria, sperando di non trovare nessuno, in modo da non allarmare alcun Raduraio.
"Ehi Newt, che hai alla testa?" chiese una voce alle mie spalle. Rebeka. Doveva essere appena tornata.
"Ehi Rebe, è solo un taglio sta tranquilla" dissi sorridendo.
"Non mi costa niente, ti accompagno in Infermeria" rispose affiancandomi, prima di iniziare a camminare con me verso l'edificio.
Doveva essere stanca dalla corsa, vidi che aveva ancora addosso gli indumenti da Velocista, i pantaloncini scuri e addirittura un coltello legato alla cintura.
Mi sedetti su uno dei letti dell'Infermeria e la guardai prendere una garza e del disinfettante.
"Spiegami come hai fatto quando sarai sicuro di non avere un trauma cranico" rise iniziando a tamponare sulla ferita.
"Non ridere se ti dico che sono andato addosso a un vaso, con la testa" risposi provando io stesso a trattenere una risata, dovevo sembrare veramente stupido in quelle vesti.
"Okay ho sentito abbastanza" rispose ridendo.
Era bellissima quando era così concentrata, ogni tanto doveva tirarsi i capelli dietro le orecchie per evitare che le coprissero la visuale, poi i suoi occhi alla luce del sole assumevano un colore simile al verdastro, e li amavo.
Sì, l'ho pensato. Amavo i suoi occhi. Amavo tutto di lei, il modo di fare, di muoversi, come ogni tanto fosse come in un mondo tutto suo, il suo sorriso, la sua voce. Sarei potuto andare avanti tutto il giorno.
"Niente trauma cranico, sei libero" disse sistemandomi la garza sulla tempia.
"Grazie dottoressa, riferirò i suoi sforzi ai Medicali" risi alzandomi in piedi.
Anche lei iniziò a ridere e tornammo verso il Casolare insieme.
Ad un certo punto sentì la sua mano pericolosamente vicina alla mia, e dal nulla, sempre mentre parlavamo, mi feci coraggio e intrecciai le dita con le sue.
All'iniziò si immobilizzò quasi del tutto, ma poi sembrò essere felice di quel contatto e continuammo a parlare normalmente.
"Ci vediamo a cena ragazzi!" esclamò Minho passandoci accanto, chiaramente aspettandosi di sentire la storia completa. E l'avrei raccontata, più e più volte.

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