Eleonora

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La prima cosa che sentii una volta in strada furono le lacrime, che correvano fino a pochi secondi prima sulle mie guance, ghiacciarsi. Odiavo il freddo pungente di Milano, ma per la prima volta mi resi conto che niente meglio di quel gelo potesse rappresentarmi. Guardai la luna alta nel cielo grigio, leggermente coperta da nuvole che non promettevano nulla di buono. Intorno a me tutto sembrava immobile, ma dentro di me sentivo un leone ruggire. La strada su cui stavo camminando sembrava dovesse franarmi da un momento all'altro sotto i piedi. Tutto era una bugia, non potevo più essere sicura di nulla: volevo allontanarmi solo da quell'appartamento che tutto a un tratto si era fatto così claustrofobico. Lì dentro c'erano quelli che io, fino a quel momento, avevo considerato amici. Non mi ero mai sbagliata tanto in vita mia. Mi avevano tutti preso in giro, magari ridendo anche di me alle mie spalle. Sentii le guance bruciarmi e il respiro fermarsi a quel pensiero. In lontananza udii il motore roboante di una moto. Le lacrime scesero con maggiore frenesia. Una moto... proprio come quella di Mattia. Pensai al casco che faceva bella mostra di sé sul comodino di camera mia. Ripensai a come mi ero sentita quando me lo aveva regalato. Una stretta allo stomaco mi proibì di continuare il mio pensiero. Lui mi aveva mentito. Fingeva di stare con me ma in realtà era interessato solo a Veronica. Dovevo aspettarmelo... non potevo certo immaginare che uno come lui fosse interessato davvero a una come me. Tutto mi era chiaro: i comportamenti insoliti di Veronica, le occhiatine che le mie coinquiline si lanciavano, i discorsi interrotti a metà con il mio arrivo, tutti i segreti su Romeo... Era tutto per prendermi in giro! Ripensai alle mie amiche, o a quelle che io ritenevo tali. Non avrei mai immaginato un comportamento simile da parte loro. Rebecca sapeva e mi aveva nascosto tutto, Veronica non solo sapeva ma era anche complice. Mi chiesi se anche Enea fosse a conoscenza del segreto e ipotizzai che sì, anche lui doveva saperlo.

In quel momento sentii dei passi che si avvicinavano a me di corsa e qualcuno chiamarmi per nome. Decisi di non fermarmi. Ormai era troppo tardi. Pochi istanti dopo Enea mi raggiunse: "Ele, aspetta, non è come credi tu!" Decisi di ignorarlo e continuai a camminare a passo di marcia nonostante lo sentivo ansimare per la corsa fatta per raggiungermi. "Ma dai, parliamone almeno". Mi bloccai di colpo e furiosa urlai: "Non c'è niente da dire! Mi avete presa in giro per tutto questo tempo, non vedo altro da aggiungere" Enea rimase a fissarmi per qualche secondo e poi con voce bassa mi disse: "Guarda che io non ne sapevo nulla, ma sono sicuro che le altre non te ne hanno parlato per non farti stare male". "Non mi importa! Mi hanno presa in giro, tutti l'hanno fatto! Ora ti prego, lasciami da sola, ne ho bisogno". Gli occhi di Enea si posarono sui miei: "Ma dove andrai? Fa freddo qui fuori". Quella sua attenzione nei miei confronti mi strinse il cuore. Forse lui era davvero l'unico amico che mi era rimasto. "Non preoccuparti, ho bisogno di riflettere". Accellerai il passo e girai l'angolo. Avevo davvero bisogno di stare da sola e riflettere.

In quel momento sentii la forte mancanza di casa, dei miei genitori che non avevo ancora potuto raggiungere e di Fabio. Quanto avrei voluto che le cose tra noi si fossero sistemate, così da poter correre da lui e raccontargli tutto... Mi mancavano la sua comprensione e i suoi consigli. Se solo fosse stato lì con me! Sentii una rabbia cieca bruciarmi nel petto, non mi era mai capitato prima di allora. Mi sentivo terribilmente sola e smarrita. A quel pensiero alzai gli occhi da terra e mi resi conto di non avere idea di dove mi trovassi. Ci mancava anche quella... mi ero persa. Frugai nella piccola borsa che avevo afferrato insieme al cappotto prima di schizzare fuori di casa. Cercai ma niente, il telefono non c'era. L'avevo certamente lasciato sul divano. Buon anno Ele! Mi venne quasi da sorridere pensando a quanto quella situazione rappresentasse a tutti gli effetti il mio stato d'animo: mi ero persa nella città di Milano proprio come si era perso il mio cuore. Non ne potevo più di camminare e così decisi di dirigermi verso la panchina della fermata del pullman che intravidi nell'oscurità della notte poco più avanti. Non sapevo nemmeno che ora fosse. Mannaggia a me!

Una volta seduta sulla panchina le lacrime ricominciarono a scendere. Non potevo e non volevo fermarle, volevo buttare fuori tutto il veleno che, mio malgrado, riempiva il mio cuore. Presi il viso tra le mani e iniziai a singhiozzare. "Questo cielo non promette nulla di buono, non ti pare?" Sussultai: a chi apparteneva quella voce? Mi asciugai velocemente gli occhi e mi voltai per risolvere il mistero. Accanto a me era seduta una vecchina sulla settantina, con capelli bianchi ben pettinati, due occhi chiari e gentili e un sorriso rassicurante. Mi ricordava tantissimo la fotografia stampata sul retro dei libri di Agatha Christie che mia madre leggeva ogni estate. "Io mi chiamo Mafalda, che ti è successo? Che ci fai qui tutta sola?" Tentai ancora di passarmi una mano sotto gli occhi, nel disperato tentativo di eliminare i residui di trucco che sicuramente avevano creato fiumi neri sulle mie guance. Mi sentivo così ridicola davanti a lei. "Niente, avevo solo bisogno di stare da sola, me ne stavo giusto andando comunque" Lei non mi rispose ma il suo sorriso si allargò, come se sapesse chiaramente che le mie parole non corrispondessero a verità. "Perché piangi cara?" disse lei ignorando la mia precedente risposta. Avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, ma non certo di una vecchietta, seppur molto gentile, che non avevo mai visto prima. Così rimasi immobile per qualche secondo, poi, come per magia, le mie labbra si aprirono e sentii la mia voce dire: "Questa sera ho scoperto che le mie amiche e il mio fidanzato mi stanno prendendo in giro da mesi" Lei annuì come se avesse già capito e, non so per quale assurdo motivo, finii per raccontarle tutto: di come avevo conosciuto Mattia, delle mie amiche, dei meravigliosi momenti passati insieme e di come infine tutto mi fosse crollato addosso come un vecchio soffitto pericolante. La signora Mafalda mi fece concludere senza mai interrompermi ma, nonostante questo, ero certa comprendesse ogni mia singola parola. Non avevo idea di chi fosse ma nessuno mai prima d'ora era riuscito a farmi sentire così. Più andavo avanti nel racconto più la tristezza e la rabbia svanivano in me. "E tu?" "E io cosa?" chiesi confusa alla mia interlocutrice. "E tu?" ribadì lei. La domanda mi disorientò: che c'entravo io? Erano loro che mi avevano fatto del male! Forse neanche la signora Mafalda mi capiva in realtà... La guardai perplessa e un po' delusa e lei finalmente mi spiegò: "E tu cosa avresti fatto se fossi stata in loro? Ti vedevano così allegra e felice che non avrebbero mai voluto dirti la verità per rovinare tutto. Veronica si è tirata indietro per lasciarti vivere il tuo sogno. Ma ora ti devi chiedere: è davvero il mio sogno?" La domanda mi rimbalzò senza sosta in tutte le camere del mio cervello. "Riflettici... solo tu puoi sapere se davvero ne vale la pena. È davvero lui che vuoi accanto o è più importante l'amicizia con Veronica per te?" Mi guardai le unghie che stavo torturando da qualche tempo. Riflettei sulla domanda che la gentile nonnina mi aveva posto. Avevo sempre pensato che con Mattia le cose andassero a gonfie vele, ma forse mi sbagliavo. Forse non era lui che mi piaceva ma l'idea che avevo di lui. Lo conoscevo davvero? Mi ero mai sforzata di farlo? In effetti forse no... Gli avevo attribuito caratteristiche che non erano sue, avevo voluto immaginare i suoi pensieri... Ma lui non era davvero così! Mi voltai per ringraziare la signora Mafalda, che con brevi e semplici parole aveva raggiunto il fondo del problema. Lei, però, era scomparsa. Così come era arrivata era andata via. "Grazie signora Mafalda" sussurrai.

Sapevo quello che dovevo fare: tornare a casa. Balzai in piedi e ripercorsi a ritroso la strada che mi pareva di aver fatto. Quando finalmente mi trovai circondata da palazzi conosciuti iniziò a nevicare. Quasi non sentii i morbidi fiocchi che, a contatto con la mia pelle si trasformavano in acqua gelida che mi scorreva sotto i vestiti. Raggiunsi l'edificio nel quale si trovava il mio appartamento e, fradicia com'ero, salii veloce le scale. Girai la maniglia e aprii la porta.

Veronica era lì, seduta su una sedia con la faccia nascosta tra le mani. Appena sentì la porta aprirsi alzò la testa e balzò in piedi. Per la prima volta era chiaro non sapesse come comportarsi. Eliminai il suo imbarazzo correndole incontro e abbracciandola forte. Lei, dapprima insicura e titubante, ricambiò la stretta. Sentii ancora una volta le lacrime bagnarmi le guance: era già successo troppe volte quella sera.

Buon anno Eleonora!


MAGICO MONDO DELL'AUTRICE:

Hey Piccole Sognatrici! Come state? 

Povera Ele, si è sentita tradita da tutti i suoi amici, ma forse non tutto è perduto! Che ne dite della signora Mafalda? E' sempre nel posto giusto al momento giusto eh 😉... Mi ricorda un po' la fata madrina di Cenerentola, a voi no? 

Scrivetemi cosa ne pensate e commentate! Vi aspetto la prossima settimana per scoprire come si evolverà la situazione tra le nostre giovani protagoniste. A mercoledì 😘 

#TeamEle 

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