Era un orribile mercoledì: l'autobus in ritardo di mezz'ora e la combo di vento e pioggia facevano sì che la pensilina della fermata non potesse far nulla per ripararmi dalle gelide gocce che si abbattevano furiosamente sulla Milano dicembrina. Come se ciò non bastasse, una bimba con i codini biondi mi indicava facendomi le pernacchie. Adorabile.
Una volta Simone mi aveva detto- testuali parole- che a guardarmi paio un "metallaro sfigato tutto borchie e cinghie ma che piange guardando Le pagine della nostra vita". Non mi sono ancora ripreso da questa sua singolare uscita. Forse la bambina aveva captato questa stessa impressione. Le feci una linguaccia di risposta, proprio maturo.
Ma in fin dei conti cosa c'era di maturo nel mio comportamento delle ultime settimane? Continuavo a far finta che nulla fosse successo, come se a spingerla sotto il tappeto la polvere sparisse, quando in realtà quel venerdì infame era esplosa una bomba H che aveva sporcato tutto: in un solo colpo avevo rovinato i rapporti con Eleonora, che se mi avesse scoperto- anzi, quando- mi avrebbe- giustamente- mandato a quel paese, ma avevo anche distrutto la speranza di poter almeno avere un rapporto civile con Veronica e messo in pericolo un'amicizia decennale. Già. Simone ancora si rifiutava di parlarmi. Fanculo, in fondo lui è più amico mio che di Veronica! Dov'è finito il bro-code? Non capisce che anche per me è difficile tutta questa situazione? Ma che razza di amico è? Tutti questi pensieri si inseguivano nella mia mente, attorcigliandosi come le mie maledette cuffiette, e mentre srotolavo le une cercavo di fare altrettanto con gli altri: calma, Mattia, Simone è tuo amico da tutta la vita e non sarà uno stupido errore a mettere in discussione ciò. Ma per farlo devi venire a patti col fatto di esserti comportato da coglione. Vero, ma perché lo avevo fatto? Quale collegamento neurale doveva essersi inceppato per avermi fatto pensare che far finta di non conoscerla fosse una buona idea? Domande senza risposta come occhi senza un volto: incomplete, enigmatiche, ma forse più rivelatrici proprio per il fatto di non essere facilmente risolvibili. Perché, forse, il movente non era nemmeno così nascosto, ma ammetterlo avrebbe significato anche accettare qualcosa di me che non necessariamente mi piaceva. Tipo che avevo chiesto a Simone come si chiamasse la sua amica carina appena tornato a casa- interrompendo così il suo interludio con Vodka Soda e ricevendo una caterva di insulti... Tipo che avevo scoperto da lui che studiava economia alla Statale e che avevo pensato all'idea di farmi trovare per caso nella sede dove stava avendo lezione... Tipo che avevo rigettato l'idea, non volendo sembrare un maniaco, salvo poi cogliere al volo l'invito di Andrea del liceo di andare a pranzo insieme a qualcuno dei nostri ex compagni che studiava casualmente in quella stessa zona prima di tornare in aula.
Mentre la mia mente seguiva questo corso di pensieri, le mie dita continuavano nella noiosa operazione di sbrogliamento, finché finalmente non fui nelle condizioni di poter infilare le cuffiette e premere play: l'autobus proprio non si decideva ad arrivare, la pioggia ormai mi aveva annaffiato da capo a piedi- come se avessi bisogno di crescere un altro po' per raggiungere lo status di giraffa-, tanto valeva incamminarmi. Maledizione, mi ritrovavo a camminare in una sera di pioggia con le cuffiette infilate ripercorrendo mentalmente tutti i miei errori passati: aveva ragione Veronica, sono proprio un cliché da film. Ed ecco che tornavo al pensiero originario, mia croce e delizia- ma soprattutto croce: Madonna.
Chissà se quando parlavamo quel giovedì si aspettava il plot twist che sarebbe crollato sulle nostre teste il giorno seguente... Roba che nemmeno Shyamalan, allucinante.
Ma perché, Mattia, perché? Veronica sembrava così terrorizzata quando si era ritrovata davanti a me alla festa, e io lo stesso: sembrava sensato, sul momento, rimandare l'agonia e le spiegazioni. Eleonora poi era così allegra quella sera, da quello che mi aveva raccontato non usciva molto, era la sua sera di spensieratezza, chi ero io per togliergliela? Questo era ciò che avevo ripetuto a Simone una decina di volte, quasi implorandolo di credermi, ma soprattutto di darmi il bollino di "bravo ragazzo" di cui in quel momento sentivo di aver tanto bisogno. Ma lui, essendo un buon amico, si era rifiutato di compiacermi: ero stato egoista, mi ero preoccupato solo di me stesso, aveva detto. Era la prima volta che sentivo Simone così glaciale, lui che di solito è sempre così frizzante anche nell'uso del vocabolario, e invece stavolta no. Me lo meritavo. O almeno, per i primi giorni facevo finta di pensarlo quando in realtà dentro ero furioso col mio amico: ma come, non poteva per una volta appoggiarmi, invece di preoccuparsi degli altri dare la precedenza a me? Lui che mi conosce così tanto, non poteva abbonarmi l'errore, darmi il pass per la cazzata dell'anno e non parlarne mai più? Tanto sa che sono un bravo ragazzo, riflettei, perché trattarmi come se fossi lo stronzo di turno?
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Perdere il cuore a Milano
ChickLitTre ragazze decidono di ricominciare da Milano, ognuna con le sue insicurezze, risentimenti e strascichi del passato. Riusciranno a capire il vero valore dell'amore e dell'amicizia? Riusciranno a trovare il loro posto nel mondo?