Terza settimana di convivenza: la mia pazienza ha un limite e quello era già stato superato da un pezzo! Non ce la facevo più! Certo, Veronica mi stava molto simpatica e adoravo la sua schiettezza e il modo che aveva per tirarmi su in ogni situazione, ma in certi momenti l'avrei strozzata con le mie mani! Sicuramente la colpa era anche mia, che in tutta la vita non ero mai stata abituata a condividere niente con nessuno, ma la mia coinquilina certe volte era davvero impossibile! Ero certa che al mondo non esistesse nessuno più disordinato di lei. Il divano per alcuni giorni della settimana non si vedeva neppure tanto era ricoperto da abiti e cianfrusaglie varie. Una volta avevo addirittura trovato un calzino nell'armadio dei detersivi e un mascara nella dispensa con i biscotti! C'è da ammettere che ero sempre stata una maniaca dell'ordine: ero fatta così, adoravo avere tutto sotto controllo, tutto doveva essere come e dove l'avevo immaginato. Veronica sotto questo aspetto era proprio il mio opposto. Cercavo in tutti i modi di farle capire che essere ordinati può anche essere utile, aiuta a sistemare i pensieri nella propria testa oltre che essere più veloci alla mattina senza buttare via mezz'ora ogni giorno alla ricerca dei pantaloni o della felpa usati il giorno prima! Ma lei proprio non ne voleva sapere, diceva di aver sempre fatto così e che cambiare proprio non poteva. Così, sbuffando mi ritrovavo sempre a ripiegarle i vestiti e a portarglieli sul letto. Una volta avevo provato ad ammucchiarglieli proprio sulla porta della stanza, ma erano rimasti lì per due giorni senza che lei facesse nulla, semplicemente per entrare nella camera li scavalcava. Così un po' per tenerezza e un po' perché non ne potevo più di vederli lì ogni volta che passavo, cedetti e glieli piegai. La cosa che più di tutte mi dava fastidio però era l'odore di fumo che puntualmente entrava in casa dopo che aveva fumato il suo consueto pacchetto di sigarette sul terrazzo. Se fosse stato per lei l'avrebbe fatto tranquillamente anche in casa, ma quello proprio non avrei potuto sopportarlo. Nonostante tutto, però, ero contenta di essere lì con Veronica, riusciva sempre a tirarmi su di morale anche nelle giornate più malinconiche. Soprattutto all'inizio per me fu davvero difficile. Ero andata a Milano per staccarmi dai miei genitori ma ogni tanto avevo nostalgia di casa. Mi mancavano le gite fuori porta tutti e tre insieme, mi mancava il profumo della mamma e la voce di papà che cantava per tutta la casa e ovviamente mi mancava Fabio. Ogni tanto ci sentivamo per telefono ma certamente non era la stessa cosa. Era difficile pensare di non poter prendere la metro per arrivare da lui. Ogni tanto mi incantavo a riflettere su queste cose ed era nei momenti come quelli che Veronica e la sua grinta mi tiravano su il morale. Mi faceva ridere o mi distraeva raccontandomi delle strane storie che ancora adesso non ho capito se fossero vere o meno. In quei momenti sentivo che avrei potuto tollerare il disordine, il fumo e i suoi rumori alla sera. Rumori... ancora non avevo capito di che si trattasse... Spesso verso le 4 del mattino sentivo un rumore come di tacchi che picchiettavano per casa, ma la mattina, quando chiedevo spiegazioni, Veronica negava ogni cosa. Non sapevo che pensare.
Nel frattempo anche l'università era iniziata. Il primo giorno era stato tutto in salita, anche perché ero arrivata in ritardo a causa di Veronica che non usciva più dal bagno. Ecco un'altra cosa che non sopportavo! Ogni mattina occupava il bagno per quasi un'ora e mezza e così, dopo quel primo giorno, decisi che mi sarei svegliata prima per potermi preparare con tranquillità senza l'ansia di arrivare in ritardo. Durante tutta la prima settimana di università mi sentii un pulcino spaurito dopo una tempesta. Non conoscevo nessuno e mi sembrava sempre difficile iniziare una conversazione con un'altra persona. Così mi ritrovavo sempre da sola alla disperata ricerca di un modo per non farmi notare.
Ma io qualcuno l'avevo notato... era successo il secondo o il terzo giorno, quando un ragazzo mi tenne la porta per entrare in aula. Incrociai i suoi occhi scuri per qualche secondo ma tanto mi bastò. Era più alto di me, aveva dei folti capelli ricci e una carnagione chiara. Indossava una maglietta di una band mai sentita prima, aveva pantaloni larghi e una catena d'oro al collo. Non mi era mai particolarmente interessato avere un ragazzo, e, forse anche per questo non ne avevo mai avuto uno serio. Qualche storia c'era stata, ma niente di che, tanto da non essermi mai spinta oltre ad un bacio. Ero convinta che un giorno il ragazzo giusto sarebbe arrivato e che non fosse per nulla necessario cercare di accelerare i tempi. Quel ragazzo aveva però un'aura affascinante che mi attirava. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo meglio, ma, come dicevo, mi risultava davvero difficile iniziare una conversazione con qualcuno...
Chiesi consiglio alla mia coinquilina che certamente aveva più esperienza di me in materia. Dopo averle fatto una breve descrizione del ragazzo che avevamo deciso di soprannominare il chitarrista, Veronica mi lasciò un poco interdetta: "Cara mia- mi disse ridendo- ti sei presa una cotta per il ragazzo più sfigato di tutto il corso o forse dell'intera università! Comunque se pensi sia lui il tuo Romeo ti aiuterò a conquistarlo." Mi suggerì quindi di mettermi un accendino nella borsa e, durante le pause tra una lezione e un'altra, di seguirlo fuori a fumare. Prima o poi, secondo la sua strana teoria mi avrebbe rivolto la parola, anche solo per l'accendino, ma da lì avrei avuto sicuramente un trampolino di lancio. "Come sai che fuma? Io sono certa sia un bravo ragazzo" le risposi quasi offesa. "Uno così fuma di sicuro, vogliamo scommettere? Fidati, il mio piano funzionerà, devi solo avere pazienza". Così senza capirne il motivo, decisi che avrei seguito il suo consiglio.
Per la prima settimana nulla sembrò migliorare. Le lezioni mi piacevano, soprattutto quella di anatomia, ma capivo di essere molto indietro in matematica. D'altra parte avevo fatto il liceo classico e con i numeri non ero mai andata particolarmente d'accordo. Anche i miei rapporti sociali non sembravano andare meglio. Scambiavo due parole con i vicini di banco ma nulla di più; e con il chitarrista ancora nulla, il piano pareva non funzionare. Un giorno però la profezia di Veronica si avverò. Dopo due infinite ore di matematica uscii come mi aveva detto di fare la mia coinquilina e come ormai facevo da più di una settimana. Mi avvicinai alla mia preda che se ne stava un po' in disparte da solo, quando finalmente, lo vidi dirigersi verso di me con una sigaretta in bocca. Purtroppo sì, Vero aveva ragione anche su questo: l'uomo dei miei sogni fumava... d'altra parte tutti devono avere qualche difetto no? Il chitarrista quindi si avvicinò e, proprio come aveva detto Veronica, mi chiese un accendino. Non potevo credere che entrambi i miei incontri milanesi giravano intorno a uno stupido accendino! Dopo essersi acceso la sigaretta mi domandò: "Cosa ci fa una ragazza come te che peraltro non fuma con un accendino nella borsa? Non vorrai dare fuoco a tutto l'edificio?" Probabilmente rimasi a fissarlo come un merluzzo con gli occhi sbarrati per qualche secondo di troppo data la sua espressione perplessa, ma poi riuscii a rispondere: "E cosa ci fa un ragazzo che studia medicina e che quindi dovrebbe essere ben consapevole che il fumo rovina i polmoni con una sigaretta in bocca?" Secondo incontro e seconda volta che ricordavo a qualcuno quanto facesse male il tabacco. Se volevo farmi degli amici mi sarei dovuta dare una calmata! Il ragazzo inaspettatamente si mise a ridere e, con la sigaretta in equilibrio tra le sue labbra rosse e carnose come se fosse una trapezista al circo, mi disse: "Hai ragione, non so neanch'io che ci faccio qui". Poi, allungando la mano mi disse: "Comunque io sono Mattia". In quel momento probabilmente diventai rossa come una cabina telefonica di Londra, ma ricambiai la stretta e mi presentai. Non potevo credere che il piano di Veronica aveva funzionato! A quel punto dovevo solo trovare qualcosa di più o meno intelligente da dire... "Sei di Milano o ti sei trasferito per venire in università qui?" Non propriamente una cosa originale ma almeno ero riuscita a iniziare una conversazione che andasse oltre i miei problemi con il fumo. "Sono di Trieste, quindi ho preso una casa in affitto con degli amici. Direi che anche tu non sei di queste parti". Giusto... il mio accento... non era particolarmente spiccato ma sapevo che fosse parecchio riconoscibile. "In effetti no, anch'io mi sono trasferita apposta da Roma". Rimanemmo a parlare per una decina di minuti, mi raccontò che oltre gli amici con i quali si era trasferito ma che seguivano altri corsi di studio, non conosceva nessuno. Almeno una cosa in comune l'avevamo! Così mi propose di tornare in aula insieme e ovviamente accettai l'offerta immediatamente. Non vedevo l'ora di raccontare a Vero che cosa mi era capitato!
MAGICO MONDO DELL'AUTRICE:
Buonasera Piccole sognatrici! Come state? Cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? E' dura la convivenza soprattutto tra due persone così diverse e con modi di fare totalmente opposti. Voi ci avete mai provato? Anche voi disordinate come Vero o maniache dell'ordine come Ele? Chissà cosa combina Veronica nel cuore della notte... speriamo niente di losco!
Difficile la vita in università, soprattutto per una ragazza timida che non conosce nessuno... Per fortuna c'è un'amica come Vero che dispensa consigli! Chi di voi timida come Ele?
Non trovate il chitarrista affascinante? Io non credo tanto nell'amore a prima vista perché penso sia importante conoscersi, ma chissà... la vita è sempre piena di sorprese! E voi ci credete?
Scrivetemi cosa ne pensate, ci vediamo sabato, stessa ora, stessa storia ;)
#TeamEle
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Perdere il cuore a Milano
Chick-LitTre ragazze decidono di ricominciare da Milano, ognuna con le sue insicurezze, risentimenti e strascichi del passato. Riusciranno a capire il vero valore dell'amore e dell'amicizia? Riusciranno a trovare il loro posto nel mondo?