Eleonora

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L'ora di matematica non finiva più: le lancette dell'orologio al mio polso si muovevano lentamente, come se fossero immerse nelle sabbie mobili. I miei occhi faticavano a rimanere aperti, forse anche perché la notte prima mi ero svegliata varie volte di soprassalto a causa di alcuni incubi. Accanto a me c'era una ragazza con cui avevo da poco fatto amicizia. Non so se proprio si potesse chiamare "amicizia", diciamo piuttosto che scambiavo due parole prima dell'inizio della lezione. In effetti la mia timidezza iniziale non era certo sparita, ancora avevo difficoltà a creare nuovi rapporti e ormai all'interno della classe si stavano creando i soliti gruppetti. L'unico con cui mi piaceva stare davvero era Mattia, ma il bel chitarrista spesso non veniva a lezione e quando lo faceva era in ritardo o usciva prima. Per il resto la mia nuova vita da universitaria procedeva a gonfie vele: anche con Veronica le cose andavano meglio... lei era sempre la stessa ma ormai mi ero abituata al suo stravagante modo di fare ed avevo finito per credere che alla fine sarei cambiata io. L'università mi piaceva ed ero sempre più convinta che quella sarebbe stata la mia strada, tranne per matematica... matematica... pensavo di essermela tolta di mezzo e invece eccola ancora lì, che mi osservava con quegli strani simboli. E io che pensavo che la matematica fosse fatta solo di numeri! Che ci facevano dei geroglifici sul mio quaderno? Mentre ancora cercavo di capire quale fosse l'argomento della lezione, la professoressa, con un sorrisino che significava "so che non avete capito nulla, ma era proprio quello lo scopo della mia lezione", ci salutò dandoci appuntamento alla settimana seguente. Guardai la mia vicina sconsolata nella speranza di ritrovare nei suoi occhi la stessa disperazione che probabilmente era tangibile nei miei. Ma, incredibilmente, non vi trovai nulla di tutto ciò. Annalisa, così si chiamava, era soddisfatta dei suoi appunti e della "chiara ed esauriente lezione" a cui, a suo dire, avevamo assistito. Non poteva andare peggio di così insomma! Riordinai i libri e quaderni che avevo sparso sul banchetto accanto al mio nello zaino e uscì da quell'aula cupa. Mi stavo dirigendo verso l'aula di chimica quando da dietro mi sentii chiamare. Mi voltai e vidi il chitarrista che mi sorrideva allungando il passo per raggiungermi. Mi piaceva parlare con lui, ero sempre un po' in imbarazzo, ma credo fosse normale con uno del genere! Rimanemmo a chiacchierare per qualche minuto davanti alla porta dell'aula fino a che non decidemmo di entrare e prendere posto. Il professore, un uomo alto e senza un capello in testa fece capolino in aula alle 11 in punto. Mai avuto un insegnante così puntuale! Presi appunti per tutta la lezione fino a sentire i crampi alla mano: a differenza della lezione di matematica, chimica mi piaceva molto. Proprio quando il professore ci stava salutando il mio cellulare si illuminò: "Va bene, domani salgo da te a Milano". Non potevo crederci! Fabio aveva accettato di venire a trovarmi il giorno dopo nonostante mi avesse detto di quanto fosse impegnato in quel periodo. Finalmente! Mi mancava da morire e non vedevo l'ora di vederlo. Non mi accorsi della voce di Mattia che mi chiamava fino a che non mi toccò dentro. Ero troppo felice di rivedere il mio migliore amico, ne avevo davvero bisogno. Riposi il cellulare nella tasca, mi scusai con Mattia e lo accompagnai fuori a fumare la consueta sigaretta.

Il giorno dopo mi svegliai prestissimo a causa della consueta insonnia che sempre più spesso veniva a farmi visita. Veronica ovviamente ancora dormiva: anche quella notte era tornata tardissimo... proprio non capivo come facesse a seguire le lezioni e ad essere sempre così attiva facendo quegli orari. Verso le 9 mi diressi in centrale per aspettare Fabio. Quando lo vidi scendere dal treno gli corsi incontro e gli buttai le braccia al collo, era ancora più alto di come me lo ricordassi. Non vedevo l'ora di fargli conoscere Veronica, gli avevo parlato tanto di lei. Fabio però mi sembrava diverso, era contento sì, ma non entusiasta come mi sarei immaginata. Probabilmente era solo la mia solita paranoia. Lo accompagnai nel mio appartamento. Veronica non c'era... peccato, non sapevo dovesse uscire proprio quella mattina anche perchè mi pareva di averle comunicato la sera prima l'ora in cui il mio migliore amico sarebbe arrivato. Chissà dove doveva andare di così urgente di sabato mattina! Feci vedere la mia nuova casa a Fabio e poi gli dissi di accomodarsi sul divano mezzo sgangherato che c'era nella piccola sala, così da poterci raccontare le ultime novità. Gli portai una tazza di thé e presi posto accanto a lui. Aveva un'aria distaccata, quasi fredda. Cercai di rompere il ghiaccio e gli chiesi: "Come vanno le cose vicino al Tevere?" "Niente di nuovo direi, solite cose" rispose lui distante. Che dovevo rispondere a un'affermazione così vaga? Non ci vedevamo da più di un mese e l'unica cosa che era in grado di dirmi era "solite cose"? Nemmeno si era posto il problema di chiedermi come stessi io! Non era mai stato difficile per me parlare con Fabio, trovavamo sempre qualcosa da dirci, e quando non l'avevamo non era certo un problema rimanere in silenzio, un silenzio che però non era mai stato imbarazzo. Era una delle cose più belle del nostro rapporto: riuscivamo a capirci senza parlare e qualche volta capitava che ci sedessimo su di una panchina di Villa Borghese senza dirci nulla, semplicemente guardando la natura che ci circondava, ci bastava sapere che l'altro ci era accanto. Tutta quella magia in quel momento sembrava essere sparita. Magari è solo stanco per il viaggio, lo giustificai. "Purtroppo la mia coinquilina non c'è, speravo di fartela conoscere, sono sicura che ti piacerebbe molto: è davvero molto simpatica e ha sempre la battuta pronta, un po' come te insomma!" Accennò un lieve sorriso. "Mi sto abituando anche a Milano sai? Ormai la conosco quasi come Roma! Più o meno diciamo... Come va il lavoro in officina da tuo padre? Ti mette sotto?" "Non più del solito". Tutto qui? Allora forse non era solo una mia impressione... Non potevo credere che dopo solo così poco tempo le cose tra noi fossero cambiate in quel modo... Avrei dovuto capirlo... Solo in quel momento capii il motivo dei messaggi lapidari, delle risposte che arrivavano anche dopo un giorno intero, delle chiamate che si facevano sempre più rade... Pensavo fosse solo dovuto al fatto che fossimo entrambi molto occupati ma evidentemente c'era dell'altro... Tentai ancora di dire qualcosa per dargli la possibilità di farmi capire che nulla era cambiato ma niente: sembrava davvero un'altra persona, fredda e distaccata che certamente avrebbe voluto essere da un'altra parte. Dopo tre quarti d'ora nei quali cercai disperatamente la causa di quel comportamento sbottai: "Ma si può sapere cosa ti prende? Pensavo di essere io ma a questo punto mi pare evidente ci sia qualcosa che non va... che ti prende? Ti ho fatto qualcosa di male?" Rimase muto per un po' come se tutt'a un tratto avesse perso le corde vocali, poi finalmente, senza guardarmi in faccia mi disse: "Da un paio di settimane mi sono fidanzato" Tutto qui? "Ma è una cosa bellissima, cosa aspettavi a dirmelo? Che problema c'è scusa? Ma io la conosco?" Iniziai a tartassarlo di domande. Dunque il problema era solo quello? Niente di grava allora! E io che avevo pensato già a mille catastrofi! D'un tratto mi interruppe bruscamente: "Sto con Jessica" Ah... ecco spiegato tutto quindi. Non si era semplicemente fidanzato, si era messo con lei! Com'era potuto succedere? Jessica era una mia compagna del liceo che, ancora non avevo capito bene per quale motivo, mi prendeva sempre di mira. Forse un po' dei miei problemi di autostima derivavano da lei e dalle sue battutine sempre pungenti... Aveva la innata capacità di farmi sentire sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato. Mi prendeva in giro per i miei voti a scuola sostenendo che fossero dovuti solo al fatto che i professori mi vedevano come un piccolo anatroccolo da proteggere; mi prendeva in giro per il mio aspetto fisico che definiva da scarafaggio; mi prendeva in giro perché facevo fatica a fare amicizia; durante le ore di nuoto mi prendeva in giro per la mia cicatrice tanto che ogni volta trovavo una nuova scusa, sempre più bizzarra per non frequentare la lezione... insomma, ogni motivo era buono per darmi addosso. Non potevo credere che si fosse messo con una del genere! Ogni volta che tornavo a casa piangendo per colpa sua Fabio era sempre lì che mi consolava, sapeva benissimo come mi trattasse e le faceva sempre il verso per farmi ridere. Lo guardai sbalordita. Lui girò il viso e finalmente fissò i miei occhi che sicuramente facevano trasparire una vena di tristezza e di delusione. "Stiamo insieme da due settimane ma è già da tempo che la vedevo. Non volevo dirtelo perché immaginavo la tua reazione" "Quale reazione scusa? La vita è la tua, fanne quello che vuoi. Penso solo che tra amici certe cose si dovrebbero sapere! Cosa aspettavi a dirmelo?" Non so perché la frase mi uscii con tutta quella veemenza, in realtà non ero arrabbiata davvero con lui. Mi sentivo solo tradita. Se lui era felice io certamente non ero nessuno per mettermi in mezzo, ma dubitavo davvero si potesse essere felici con una persona del genere, soprattutto per uno dolce come Fabio... "Esattamente questa reazione!" "Ma come puoi stare con lei sapendo tutto quello che mi ha fatto! Tu c'eri! Lo sai che persona è in realtà!" Lui scattò in piedi: "Forse eri tu che ingigantivi le cose o che la provocavi! A me non sembra per niente come la descrivevi tu. Alla fine ho sempre e solo sentito la tua versione, non la sua!" Non potevo crederci... gli aveva fatto il lavaggio del cervello? "Ma come puoi pensare una cosa del genere? Ci conosciamo da una vita, lo sai come sono!" "Esatto, ci conosciamo da una vita ma tu non hai avuto problemi a sparire così, da un momento all'altro per venire fin qui!" Quindi era quello il vero motivo? Il fatto che avessi deciso di trasferirmi... "Forse avresti dovuto dirmelo prima! Sapevo che non sarebbe stato facile per nessuno dei due, però non immaginavo che me lo avresti rinfacciato così presto! Sei stato il primo a cui ho parlato della mia idea di trasferirmi, ma tu non mi hai detto di non farlo!" "Certo che non te l'ho detto! Non potevo, tu nemmeno mi stavi ascoltando concentrata com'eri su te stessa! La tua decisione l'avevi già presa, indipendentemente da come la pensassi io! Ti sei convinta di voler venire qui per salvare il mondo, in realtà l'hai fatto solo per te stessa, senza pensare minimamente alle persone che lasciavi indietro!" Questo era davvero troppo... non mi aveva mai dato dell'egoista! "Quindi è questo che pensi davvero di me? Bene, allora non c'è nessun motivo per continuare a discutere, meglio se te ne vai" Mi alzai dal divano e mi diressi verso camera mia. Sentii le lacrime calde cadermi lungo le guance. Non pensavo sarebbe finita così. Mi sedetti sul letto con il viso tra le mani. Sentivo il pavimento scomparire da sotto i miei piedi. Dopo qualche minuto lo sentii sussurrare: "Ero innamorato di te da quando avevamo 10 anni, ma tu non te ne sei mai accorta" Mi sentii gelare il sangue: Fabio innamorato di me? Impossibile, sicuramente avevo capito male. Mi alzai e uscii per chiedergli di ripetere ma lui era sparito. Avevo definitivamente perso il mio migliore amico, l'unico punto fermo della mia vita. Mi sentivo a pezzi, perduta come un marinaio che nell'oscurità totale del mare aperto vede scomparire dietro una nuvola scura la Stella Polare.

Nei giorni seguenti Veronica cercava disperatamente di tirarmi su il morale: faceva battute su ogni cosa, mi cucinò una bruciacchiata torta che credo dovesse essere alle carote, mi fece vedere tutta la sua filmografia dal titolo "chissene frega del genere maschile, io sono meravigliosa da sola", mi portò a fare shopping perché quello sosteneva essere il modo migliore per uscire dalla stato di apatia in cui ero mio malgrado finita e addirittura sistemava ogni cosa, anche le mie. Sistemare non credo sia il verbo giusto ma almeno ci provava insomma. Mi dispiaceva non riuscire a darle soddisfazione, ma proprio non riuscivo a farmelo passare. Sotterrai la testa tra i libri alla disperata ricerca di una distrazione. Dopo qualche giorno tuttavia mi sembrò che la tecnica di Veronica iniziasse a funzionare: iniziai a pensarci sempre meno e alla fine imparai a convivere con il vuoto che quella discussione mi aveva lasciato.

"Brava! E' così che devi fare! Lasciatelo alle spalle quel caprone! Vedi quante belle persone ci sono in università, a parte me ovviamente?" rise Veronica che camminava accanto a me per i corridoi della nostra università. "Hai ragione, devo smettere di starci male, alla fine l'ha voluto lui!" "Perfetto, è così che ti voglio! A proposito, come va con il chitarrista?" mi chiese ammiccando. Mentre le raccontavo il mio ultimo incontro con il bel tenebroso, ci si parò davanti una ragazza che non mi pareva di avere mai visto. Aveva i capelli neri e un corpo a dir poco perfetto. Veronica la salutò con calore e me la presentò: "Ele, questa è Rebecca, una mia collega; Becky, questa è Ele la mia coinquilina" Allungai la mano felice di farmi finalmente una nuova conoscenza. Lei la strinse con forza: non pensavo che una ragazza potesse avere una simile potenza! "Vi va se andiamo tutte a fare un bell'aperitivo? Conosco un posticino qui vicino che non è niente male!" propose Veronica. Accettammo e ci dirigemmo verso un bar poco distante dall'università. Ci accomodammo nel piccolo giardinetto sul retro riscaldato con delle strane lampade di forma circolare. Veronica mi spiegò che anche Rebecca faceva economia e che aveva provato a lavorare nel suo stesso locale. Dopo qualche minuto suonò il telefono di Veronica: "Pronto... adesso? Ma avevi detto alle 8, sono le 6.30!... Va bene, ho capito... Sì, ti ho detto che sto arrivando!" chiuse il telefono e si rivolse a noi: "Scusate ragazze, il dovere mi chiama... Mi piacerebbe stare ancora con voi ma poi chi lo sente Dino? Stasera serata "Bionde contro more", devo aiutare ad allestire! Ci vediamo dopo o domani Ele, a domani Becky" e se ne andò da dove eravamo venute. Molto carino lasciarmi con una perfetta sconosciuta... A casa gliene avrei dette quattro... Io e la sventurata di fronte a me ordinammo da bere e cercai di intavolare una conversazione: "Però, che gentile ad andarsene così!" risi. Becky mi seguì e rispose: "Ho notato, anche perchè di te so solo che frequenti medicina e che sei una maniaca dell'ordine" "Che bella presentazione, grazie dolce Veronica" Scoppiammo a ridere insieme e iniziammo a parlare. Mi trovai subito bene con Rebecca, ero totalmente a mio agio, le parole mi uscivano dalla bocca come se la conoscessi da una vita. Le raccontai della scelta di trasferirmi, della mia operazione e non so come finii per raccontarle anche di Fabio. Lei di sé in realtà non mi disse un granché, solo che viveva con altri 6 ragazzi e che si era trasferita dalla Bocconi perché aveva litigato con i suoi genitori. Capii subito che in realtà c'era dell'altro sotto ma non mi sembrò il caso di indagare oltre. Parlammo della difficoltà della convivenza, dell'università e di come fosse strano cambiare vita. Le raccontai dei miei problemi con la matematica e lei, cogliendomi totalmente di sorpresa mi disse: "Se ti va potrei darti una mano io! Matematica è sempre stata la mia materia preferita e credo mi riesca abbastanza bene, mi farebbe molto piacere darti una mano e poi servirebbe anche a me come ripasso!" "Lo faresti?" chiesi sbalordita con la bocca aperta e gli occhi fuori come un merluzzo. "Certo! Sarebbe un piacere per me!"

MAGICO MONDO DELL'AUTRICE:

Hey Piccole Sognatrici! Come state? Che ne pensate del nuovo capitolo? Fabio nasconde certamente qualcosa... Rovinare un'amicizia così bella per una nuova relazione... Che ne pensate?

E Becky? L'avete riconosciuta? Solita bella e tenebrosa pare... e Vero la stessa casinista di sempre insomma! ;)

Mi raccomando ragazzi/e fatemi sapere come vi pare la mia storia. Ci vediamo sabato alla solita ora!

#teamEle

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