Vecchi e Nuovi Amici

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Theodore Nott non aveva molti amici. Non capiva come gli altri potessero circondarsi di tante persone, a dire il vero, quando per lui era già abbastanza difficile gestire le due o tre con cui trovava piacevole rapportarsi.

Erano stati gli amici a trascinarlo in quella situazione. Un amico in particolare, certo, ma non era questo il punto: il punto era che stare da soli era molto più semplice. Più conveniente.

Perché farsi in quattro per sistemare i problemi degli altri quando a mandarlo fuori di testa bastavano i suoi? Poi gli amici richiedevano tempo e attenzione, tutte cose che lui preferiva dedicare ai libri - e occasionalmente ai giochi di logica.

Non c'era alcun motivo per affannarsi dietro ai rapporti sociali. Lui stava bene anche così, anzi stava meglio.

Seduto su un muretto del cortile interno della scuola e perso nelle sue riflessioni, Theodore sbuffò e una nuvoletta di condensa gli annebbiò la vista.

Quelle erano tutte sciocchezze che si raccontava per sentirsi meglio, se ne rendeva conto. Stare con gli altri era difficile, ci volevano compromessi e sacrifici, bisognava mettere da parte orgoglio e ambizione, certe volte, quando davvero ne valeva la pena, ma, ecco: alla fine ne valeva la pena.

O almeno avrebbe dovuto.

Perché deve essere tutto così difficile?

Si scostò i capelli dagli occhi e raddrizzò il mantello, stringendosi al suo interno per guadagnare calore. Era la seconda settimana di Novembre e le temperature all'esterno erano quasi insopportabili. Quel quasi, in effetti, era l'unica cosa che ancora lo separava dal camino della sala comune.

Voleva stare un po' da solo. Via dal rumore, via dalle occhiate curiose, dalle domande, e soprattutto via da Draco Malfoy.

Chiuse gli occhi a quel pensiero.

Da quanto tempo si conoscevano? Dieci, undici anni? Forse qualcuno in più. Erano poco più che bambini quando si erano incontrati per la prima volta, non riusciva neanche a ricordare dove fosse successo. Forse a una festa.

Il Draco bambino parlava ancor di più di quello adolescente. Vanterie, soprattutto: "guarda la mia nuova scopa da corsa", "guarda la mia raccolta di figurine", "guarda questa rarissima edizione de Il Quidditch Attraverso i Secoli".

«Da grande diventerò un giocatore di Quidditch professionista», gli aveva detto una volta, quando ancora gli era proibito volare a più di cinquanta centimetri dal suolo. «Tu che vuoi fare?»

«Io voglio studiare i draghi», gli aveva risposto Theodore - o almeno così ricordava, non poteva esserne sicuro. Le sue parole erano ricordi sfumati, le confondeva, mentre quelle di Draco erano nitide come il cristallo.

Forse Draco gli era sempre piaciuto - già da quando giocavano insieme a scacchi e lui si faceva battere per evitare una delle sue solite scenate - ma Theodore se n'era accorto solo un anno e mezzo prima, durante l'estate: il quinto anno era appena finito e lui si era ritrovato in vacanza con la famiglia Malfoy al completo, invitato nella loro tenuta sulla costa meridionale della Francia.

Non avrebbe mai dimenticato l'istante in cui si era reso conto di essersi innamorato.

Erano seduti sulla spiaggia privata dei Malfoy e gli ultimi raggi del sole tingevano il cielo di rosa. Loro erano seduti sulla spiaggia, separati da un fuoco magico a cui Draco faceva continuamente cambiare colore.

Theodore aveva guardato la splendida facciata della casa. «Quindi parli francese?», aveva chiesto all'altro, lasciandosi scivolare i granelli di sabbia tra i pugni chiusi.

Draco aveva disteso le labbra in un sorrisetto compiaciuto. «Bien sûr, Theodore», aveva detto guardando il mare. «Tous ceux qui comptent parlent Français».

Theodore non aveva capito una parola, ma si era sentito come se un fulmine lo avesse beccato in pieno. Durante il resto della vacanza aveva colto ogni occasione per spingere Draco a parlare in francese, e ogni volta che l'altro lo aveva assecondato si era sentito il volto in fiamme e il cuore a mille.

Tornato a casa, nella grigia Inghilterra, si era ripromesso che entro la fine del sesto anno gli avrebbe confessato tutto.

A costo di rovinare l'amicizia di una vita.

A costo di rimetterci il cuore.

Le prime gocce di pioggia bagnarono il cortile e Theodore si rifugiò all'interno. Lanciò un rapido incantesimo riscaldante e si strinse nel mantello, tenendo le mani al sicuro dal gelo novembrino - ma era inutile, non si sentiva le dita da almeno un quarto d'ora.

Inspirò l'odore di acqua piovana e un sorriso triste gli increspò le labbra. Quando Blaise svoltò l'angolo lo vide lì, impalato di fronte alle arcate che davano all'esterno.

«Nott», chiamò.

Theodore gli lanciò un'occhiata in tralice. «Zabini».

«Che stai facendo?»

«Pensavo alla Francia».

Blaise inarcò un sopracciglio. «Non molto attraente in questo periodo dell'anno, se vuoi la mia opinione. Riporta i pensieri in Scozia, oggi c'è la partita di Quidditch. Giochiamo contro i Grifondoro».

«Già, non so se voglio assistere».

Blaise alzò gli occhi al cielo. Addossò un fianco alla parete e scosse la testa, sospirando con fare melodrammatico. «A volte credo che tu non sia di questo pianeta».

Theodore sorrise. «Tu sì che sai sempre cosa gli altri vogliono sentirsi dire».

«Una delle mie tante qualità».

Rimasero in silenzio. Theodore guardava la pioggia, Blaise guardava Theodore, ed entrambi pensavano che era proprio strana, la vita, con loro due che negli anni precedenti si erano a stento rivolti la parola e adesso erano lì a scambiarsi battute nel bel mezzo di un corridoio deserto.

Theodore non sapeva ancora cosa farsene, della sua amicizia. Fidarsi gli era sempre stato difficile, e Blaise era una persona che non riusciva a decifrare. Era stato proprio Zabini ad avvicinarlo, verso la fine del loro sesto anno, e da allora era diventato la cosa più simile a un amico su cui Theodore potesse contare tra le pareti di Hogwarts - ma non riusciva ancora a spiegarsi il perché.

Forse era naturale che accadesse. Blaise aveva molti conoscenti, ma nessuno che gli fosse davvero vicino. Non c'era stato bisogno che lui glielo dicesse, Nott se n'era accorto da solo, perché se c'era una cosa che gli riusciva bene, quella era osservare gli altri.

Forse la solitudine è una calamita che funziona al contrario: le anime sole si trovano sempre, alla fine.

Più probabilmente, però, si stava solo abbandonando a stupidi sentimentalismi.

«Allora?», gli chiese Blaise. «Sicuro di volerti perdere la prima partita della stagione?»

Theodore scrollò le spalle. La pioggia era diventata rada e sottile, ogni goccia un filo di ragnatela sceso dal cielo.

«Speriamo almeno di vincerla».

Somnium Afficio (Dramione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora