La McGranitt salutò gli studenti con un secco cenno del capo. «Nella prossima lezione ci eserciteremo ancora con la trasfigurazione di questa mattina. Fate molta pratica».
Disse quest'ultima frase tenendo gli occhi fissi sul volto di Neville, che infilò in fretta le sue cose nella borsa e si lanciò verso l'uscita con nella gola un «Lo farò» a malapena udibile.
Hermione sorrise, soddisfatta: aveva già eseguito l'incantesimo alla perfezione. Certo, aveva in programma di esercitarsi in ogni caso, ma non avrebbe dovuto dedicargli moltissimo tempo, anche perché aveva promesso a Ginny di aiutarla con la sua relazione di Pozioni.
Harry e Ron le si fermarono accanto. Quella era la loro ultima lezione della mattina, e tutti gli studenti stavano lasciando le classi per raggiungere la Sala Grande per il pranzo.
Hermione sollevò la borsa dal pavimento con un verso strozzato e la lasciò cadere pesantemente sul banco di fronte a sé. «Andate avanti, ragazzi», disse ai suoi migliori amici, frugando tra i libri e il materiale scolastico.
Harry e Ron si scambiarono un'occhiata. «Sei sicura?»
«Sì, tenetemi un posto. Devo fare una cosa».
Per arrivare in tempo alla lezione di Trasfigurazione, alla fine dell'ora di Rune Antiche Hermione aveva infilato i fogli degli appunti nella borsa senza preoccuparsi di dar loro un ordine. La cosa l'aveva tormentata per l'intera ora seguente, ed Hermione era certa che non sarebbe riuscita a mandare giù un boccone se non avesse prima risolto quel problema – doveva farlo adesso, ne andava della sua sanità mentale.
Harry e Ron la salutarono e si avviarono verso l'uscita dell'aula. Lo stomaco di Hermione brontolò e lei si lasciò sfuggire uno sbuffo carico di frustrazione. Dov'era finita la terza pagina di appunti? Svuotò la borsa sul banco e alla fine la trovò: una pergamena calpestata e spiegazzata sotto il peso dagli altri libri.
La sistemò con un incantesimo, mise in ordine gli appunti e fissò i fogli l'uno all'altro in modo che non si perdessero, poi infilò la raccolta tra le pagine del testo di Rune Antiche e lo richiuse con un gesto secco, sentendosi subito più leggera.
Tirò un sospiro di sollievo, riempì di nuovo la sua borsa e uscì nei corridoi ormai deserti, le labbra distese in un sorriso compiaciuto. Adesso sì che poteva godersi il pranzo assieme agli altri.
Era una tipica giornata di Novembre: il cielo era un'unica distesa grigia senza neanche uno sprazzo d'azzurro e le cime degli alberi erano scosse da un vento gelido che penetrava anche nel castello.
«Non c'è un incantesimo per sistemare gli spifferi?», mormorò Hermione, stringendosi nel mantello. Avrebbe controllato, e per buona misura si sarebbe esercitata anche con quelli di riscaldamento. Il freddo sembrava strisciarle nelle ossa e già sentiva i muscoli del collo e delle spalle indolenzirsi…
Fece per svoltare a sinistra, ma qualcuno l'afferrò per un polso e la strattonò all'indietro. Una mano sudaticcia le premette contro la bocca.
Hermione si sentì cedere le ginocchia. Il cuore accelerò nel suo petto e lei si divincolò dalla stretta, ruotando su sé stessa. Afferrò la bacchetta dall'angolo della sua borsa e la puntò contro il suo assalitore: Draco Malfoy, il volto malaticcio e gli occhi sgranati.
«Cosa credi di fare?», gli gridò. «Sapevo che stavi tramando qualcosa!»
Draco arrossì – e nemmeno lui sapeva se per rabbia o imbarazzo o qualcos'altro – e fece mezzo passo indietro. «Tramare qualcosa io? Sei tu che stai complottando contro di me!»
Nell'attimo in cui lo disse, si rese conto che era una sciocchezza.
Maledizione, maledizione, maledizione. Se lei non c'entrava niente allora chi?
Hermione la bacchetta fino a sbiancarsi le nocche. «Ti sei bevuto il cervello? È da giorni che ti comporti in modo strano».
«A causa tua!»
Hermione aggrottò le sopracciglia. «Ma di cosa stai parlando?»
Draco deglutì. Erano vicini come lo erano stati poche volte: venti, forse trenta centimetri di distanza.
Adesso la vedeva bene, e non c'era traccia della bellezza ideale dei suoi sogni: niente ciglia folte, collo sinuoso, labbra rosse e lucide che gli facevano venire voglia di morderle. I suoi capelli erano più pazzi che mai, il suo volto era paonazzo dalla collera e le sue dita erano macchiate di inchiostro.
Hermione Granger era un disastro.
Poi Draco incrociò il suo sguardo e dovette addossarsi alla parete per impedirsi di cadere. Quelli erano gli stessi occhi della ragazza del sogno, pieni della stessa determinazione che gli faceva tremare il cuore.
Draco strinse i pugni. «Sta’ lontana da me», sibilò. La allontanò con uno spintone e si mosse in direzione della sala comune, il cuore che gli martellava nel petto e nella testa un groviglio di pensieri che portavano lo stesso nome: Hermione Granger.
Lei rimase a fissarlo, immobile, il braccio ancora teso a reggere la bacchetta.
«Ne avevo tutta l'intenzione», disse in un sussurro. «Ma adesso devo sapere cosa sta succedendo».
Lui era già sparito alla vista.
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Entrata nella Sala Grande, Hermione lanciò un'occhiata al tavolo dei Serpeverde, alla ricerca di un volto spigoloso e due occhi grigi. Incrociò solo quelli scuri di Pansy Parkinson, che fece una smorfia di disgusto e tornò a rivolgersi al suo vicino, Blaise Zabini. I due risero, guardandola di sottecchi.
Hermione raddrizzò la schiena e raggiunse Harry e Ron al tavolo dei Grifondoro. Avevano già svuotato per metà i loro piatti.
Quando la vide, Harry la salutò con un cenno del mento. «Perché ci hai messo tanto?»
«Ah». Hermione si sedette al suo posto e si strinse nelle spalle. «Dovevo mettere in ordine i miei appunti di Rune Antiche».
«Potevi farlo dopo pranzo», disse Ron, allungandosi per afferrare un'altra porzione di verdure grigliate.
«Ho preferito togliermi il pensiero. Di che stavate parlando?»
«Delle vacanze di Natale», disse Harry.
Ron annuì. «Manca ancora un mese, ma non vogliamo finire come l'anno scorso. Dovevamo fare mille cose e alla fine siamo rimasti alla Tana tutto il tempo».
«Io mi sono divertito».
Hermione alzò lo sguardo e incrociò quello di Harry. Si scambiarono un sorriso complice: ogni giorno passato in compagnia di Ginny non era un giorno perso.
Ron scrollò le spalle. «Comunque sia…».
«Ah, Ron», disse Hermione. «Fred e George accettano ancora ordini via gufo?»
Ron le lanciò uno sguardo stranito. «Perché me lo chiedi?», disse, la bocca ancora piena di carne e verdure.
«Vorrei farne uno».
«Vuoi fare uno scherzo a qualcuno?»
«Non dire sciocchezze. La mia è curiosità scientifica. Le nuove invenzioni hanno catturato il mio interesse».
«Hm, penso di sì». Ron bevve un sorso di succo di zucca. «Poi, se anche non li accettassero, per te farebbero un'eccezione di sicuro».
Hermione sorrise. Avrebbe scritto ai Tiri Vispi Weasley quella sera stessa. Aveva un piano.
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Somnium Afficio (Dramione)
Hayran KurguUna boccetta di Amortentia, una ciocca di capelli troppo ricci per appartenere a Daphne Greengrass, una sala comune semivuota e due parole: «Somnium Afficio». Questo è tutto ciò che serve a Theodore Nott e Blaise Zabini per mettersi nei guai, mentre...