A tre notti dal loro litigio, Hermione aprì il quaderno e vi trovò un messaggio – poche parole vergate in fretta e che suggerivano un po' di inquietudine, se il leggero tremolio del tratto e il disordine generale delle lettere significavano davvero qualcosa:
Hai intenzione di parlare?
Le venne da ridere, ma si trattenne. Sarebbe stata una risata amara, quella, un'orribile parodia della gioia, secca e acida come la rabbia che covava da giorni.
Se Draco le avesse fatto quella domanda di persona, adesso si sarebbe ritrovato con qualche dente in meno e molti motivi per odiarla in più. Hermione lo avrebbe schiantato, avrebbe gettato il suo corpo in pasto agli animali di Hagrid, o magari lo avrebbe seppellito nell'orto – con il brutto carattere che si ritrovava avrebbe fatto marcire tutte le piante – e Harry e Ron potevano darle una mano, certo che sì, stavano sempre in giro a fare niente, e non avevano voglia di mettere quello spocchioso furetto mancato al suo posto? E chissà, magari avrebbe chiesto aiuto perfino a Colin Canon, che per una volta avrebbe avuto un altro soggetto da fotografare e l'occasione di mettere il suo talento al servizio della comunità.
«Gli si fonderà la macchina fotografica», disse a denti stretti, afferrando la piuma dal comodino.
Mi fai schifo, scrisse. È davvero tutto quello che riesci a scrivere?
La risposta giunse dopo alcuni secondi, e ancora una volta Hermione sentì una scarica attraversarla al pensiero che lui potesse vederla.
Magari, magari potesse! Capirebbe quanto sono furiosa e ne avrebbe paura, quel maledetto codardo platinato.
Prese un respiro.
Cos'altro dovrei dirti?
Oh, non so. Scusa, per esempio? È quello che fanno le persone civili quando si comportano in modo riprovevole. Come hai fatto tu. Più volte. Se vuoi ti faccio un elenco.
Dall'altra parte del castello, di fronte ai mille occhi vacui del Lago Nero, Draco strinse la mandibola e si agitò sulla poltrona. Accanto a lui, Pansy era immersa nella lettura di una rivista di gossip, e Millicent Bulstrode si esercitava in Incantesimi.
Il fuoco crepitava piano, pigro come un gatto sul punto di addormentarsi. Gettava sui loro volti luci aranciate e ombre taglienti. Draco si sentiva le guance in fiamme, e la colpa non era da attribuire al camino soltanto: era nervoso, arrabbiato, e sentiva che il peggio doveva ancora venire.
Se non fosse stato così debole da accettare l'aiuto della Granger, ora non sarebbe in questo guaio – costretto ad assecondare i suoi capricci, a elemosinare una risposta come un qualunque sfigato pescato dai ranghi più bassi dell'intera gerarchia scolastica.
No, non ci stava.
Ho solo detto quello che pensavo, scrisse, gettando un'occhiata fugace alle due studentesse che gli sedevano accanto. Dovrei chiederti scusa per questo?
Sì, perché quello che pensi è una pila fumante di sterco di drago. Farai meglio a sbrigarti, se non vuoi pagarne le conseguenze.
Draco alzò gli occhi al soffitto.
Chi l'avrebbe mai detto, la Granger sapeva giocare sporco quando la cosa le serviva. Se glielo avessero raccontato non ci avrebbe mai creduto, e invece eccola qui, la cocca dei professori, il piccolo genio del castello: lo aveva stregato, lo aveva costretto a ingerire Veritaserum con l'inganno e ora lo ricattava solo perché lui l'aveva fatta arrabbiare, venendo meno al loro accordo.
Forse il cappello si era sbagliato, sul suo conto. Forse nella Granger sibilava l'animo di una serpe, ben nascosto dietro il fastidioso ruggito di un grifone.
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Somnium Afficio (Dramione)
Fiksi PenggemarUna boccetta di Amortentia, una ciocca di capelli troppo ricci per appartenere a Daphne Greengrass, una sala comune semivuota e due parole: «Somnium Afficio». Questo è tutto ciò che serve a Theodore Nott e Blaise Zabini per mettersi nei guai, mentre...