L'aula vuota si allunga per chilometri in ogni direzione. Draco è circondato da file e file di sedie e banchi, tutti vuoti, tutti ricoperti da un sottile strato di polvere. Si susseguono fino all'orizzonte.
Tutto il resto è buio. Draco alza gli occhi: una coltre nera ha preso il posto del soffitto, e tutt'intorno non c'è più nemmeno una finestra. Non un filo di luce, non un raggio di sole, eppure riesce a vedere le sue mani, le scarpe lucide contro il pavimento, le gambe scheggiate delle sedie, le incisioni sui banchi.
La luce è dentro le cose, pensa.
Un fruscio, un alito caldo contro la nuca. Draco si volta di scatto: nella stanza non c'è nessun altro, eppure…
Il suo corpo è scosso da un brivido. Qualcosa non va, lo sente nell'aria, una vibrazione sorda che lo sfiora e lo attraversa come una corrente. Si tocca le tasche, ma le trova vuote: senza bacchetta non può difendersi.
«Chi c'è?», grida. Una goccia di sudore freddo gli cola lungo la tempia. «Dove sei?»
«Ci hai pensato, Draco?»
È la voce di Hermione, ma lui non riesce a vederla. Gira su sé stesso, una e due volte, quasi perde l'equilibrio. Solo sedie e banchi, il nero tutt'intorno.
«Hai pensato a quello che ti ho detto?», gli chiede ancora lei.
«Vattene. Non voglio starti a sentire».
Come se la stanza rispondesse a una muta richiesta, i banchi e le sedie spariscono. Draco sbatte le palpebre e loro non ci sono più.
C'è una porta, invece, così alta che non riesce a distinguerne la fine. La attraversa, se la chiude alle spalle, respira e il sollievo è così grande che gli viene voglia di ridere. Poi si guarda intorno: non è nei corridoi, ma di nuovo nella stessa stanza, alta e larga all'infinito, vuota.
Hermione è al centro del nulla. Lo guarda con espressione preoccupata, ha gli occhi tristi. È scalza.
Draco arretra, la porta è sparita. Il cuore gli martella nella gola, nella testa, lui ha le vertigini. «Cosa vuoi?»
«Lo so che è difficile», e un sorriso le increspa le labbra. Fa un passo in avanti, e uno ancora, e uno ancora, finché non sono così vicini che Draco sente il suo respiro sul collo.
Hermione lo stringe in un abbraccio. Il suo corpo è caldo, e in quel calore Draco si smarrisce, perde il filo dei propri pensieri. Ricambierebbe la stretta, ma c'è qualcosa che non va, e la strana vibrazione è ancora nella stanza.
«Ti prego», geme, la voce intrisa di paura.
Per che cosa sto pregando?
Un soffio che sembra quasi una risata. La bocca di Hermione gli sfiora l'orecchio. «Ti mostro una cosa, va bene?»
No, non va bene, non mostrarmi niente, stringimi senza parlare…
Una vertigine gli prende la bocca dello stomaco. Ha voglia di urlare, spingerla via e ritrovare la porta, ma qualcosa gli dice che se anche la attraversasse si ritroverebbe ancora nello stesso posto.
Ancora con lei, solo con lei, sempre con lei.
Hermione gli prende il viso tra le mani. Gli carezza le guance con i pollici, l'arco delle sopracciglia, la linea decisa del naso e quella della mandibola, e ogni tocco è un brivido e nuovo calore.
Draco si china in avanti.
Il bacio ha il sapore di un addio. Una parte di lui vuole staccarsi e fuggire, mentre l'altra vuole che quel contatto duri per sempre – esserne consumato fino a lasciare solo la parte migliore di lui, se quella parte esiste.
Hermione si ritrae. Ha il volto pallido e rigato dalle lacrime.
«Vedi», dice, e le trema la voce, «il nostro sangue è lo stesso».
Il coltello le squarcia la gola. Il sangue gli schizza in volto e Draco grida mentre il corpo di Hermione si accascia tra le sue braccia. Lui la stringe a sé, sporco della vita di lei, di lacrime e sudore e senso di colpa, e avverte il gelo irradiato dalla sua pelle nivea – come se fosse morta da ore. Forse lo è sempre stata, o forse è lui a essere morto, morto dentro, e dove si trovano? Perché nessuno corre ad aiutarli?
«Mi dispiace», singhiozza, le labbra premute contro i suoi capelli. «È colpa mia».
Ma ai morti le scuse non servono.
♠
Draco si risvegliò con un sussulto, il corpo fradicio di sudore, il cuore a mille. Si ritrovò da solo, al buio, e per un attimo fu sicuro di essere ancora nell'aula vuota del sogno. Rotolò di lato e cadde, sbattendo la testa contro il comodino. Il dolore gli strappò un gemito, ma le tende del baldacchino gli coprivano il viso e il verso venne soffocato sul nascere.
Draco annaspò per liberarsi e tese le orecchie: nell'aria nessuna vibrazione sorda, solo il placido russare dei suoi compagni in dormitorio.
Era salvo.
E lei? Come stava lei?
Sta bene, si disse, rimettendosi in piedi. È stato solo un incubo, non le è successo niente.
Ripensò al sangue che schizzava dalla sua ferita, la gola squarciata, il calore del suo corpo che svaniva divorato dal gelo della morte. Gli venne un conato di vomito, ma riuscì a ricacciarselo giù per la gola: l'ultima cosa che voleva era dover dare spiegazioni. O ritrovarsi di fronte a una pozza del suo stesso vomito.
Sollevò il cuscino e afferrò il quaderno sottostante. Con lentezza aprì il cassetto e ne estrasse una piuma, poi si allontanò senza richiuderlo. Scese in sala comune.
Il camino era spento, ma al suo ingresso le lampade sferiche che pendevano dal soffitto diffusero una lieve luce verdastra. Quel colore richiamava le acque del lago al di là delle finestre, dove pesci dalla forma strana nuotavano pigramente muovendo le code.
Draco si sedette sulla prima sedia che si trovò di fronte e aprì il quaderno. Senza darsi il tempo di pensare a ciò che stava facendo, strinse la piuma e scrisse:
Quando leggi questo messaggio, rispondi subito.
Una goccia cadde sulla pagina. Draco si accorse che stava piangendo.
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Somnium Afficio (Dramione)
FanficUna boccetta di Amortentia, una ciocca di capelli troppo ricci per appartenere a Daphne Greengrass, una sala comune semivuota e due parole: «Somnium Afficio». Questo è tutto ciò che serve a Theodore Nott e Blaise Zabini per mettersi nei guai, mentre...