Inconscio Ribelle

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Gli altri Serpeverde dormivano. I loro respiri si mescolavano creando un piacevole brusio di sottofondo – la voce notturna del castello, il suo canto alla luna. Il Lago Nero gorgogliava contro le finestre.

Il dormitorio era illuminato dalla luce verdastra filtrata dall'acqua. Si rifletteva sulla seta dei baldacchini e le pareti di roccia, disegnando ombre lievi sui volti degli arazzi, non abbastanza forte da rivelare i loro tratti austeri agli occhi stanchi di Theodore.

Si alzò a sedere, accogliendo con una smorfia di apprensione il fruscio delle coperte che scivolavano via. Trattenne il fiato e scese giù dal letto, lasciando vagare lo sguardo su quelli degli altri: erano tutti nascosti dalle tende.

Meglio così.

Afferrò la sua bacchetta e si mosse in punta di piedi finché non ebbe raggiunto il baldacchino di Zabini. Scostò la tenda di lato. Dormiva.

Gli venne da ridere. Non sapeva se fosse a causa della luce, ma gli sembrava che il volto di Blaise mantenesse la stessa espressione di sdegnoso distacco anche nel sonno. Forse erano le sopracciglia, si disse, o la leggera curvatura delle labbra.

Theodore allungò una mano per svegliarlo, ma a metà strada la ritrasse. Poteva fare anche da solo. Non aveva bisogno del suo aiuto.

Estrasse la boccetta di Amortentia dalla sua borsa, sfilò dal fazzoletto i capelli di Daphne – quelli della Granger, pensò con un brivido – e si avvicinò al letto di Draco.

Avvolse i capelli attorno alla bacchetta, la immerse nella pozione – libri e pioggia e costosa colonia contro le narici – e con mano tremante aprì uno spiraglio tra le tende smeraldine del suo baldacchino.

Draco dormiva sulla pancia, con un braccio infilato sotto al cuscino e l'altro disteso lungo un fianco. I capelli gli ricadevano in ciocche disordinate sulla fronte, e la fredda luce del dormitorio accentuava le ombre scure sotto ai suoi occhi donandogli un colorito più pallido del solito.

Theodore strinse le labbra, cercando di scacciare dal suo petto la voglia che aveva di scostargli la frangia dal viso.

Sfiorò la sua tempia con la bacchetta.

«Somnium Afficio».

Draco sbatte le palpebre. Si trova nella Sala Grande e di fronte a lui, seduta al tavolo dei Serpeverde, Hermione Granger sta leggendo un libro. Ha i capelli legati in una coda che somiglia ad una nuvola e il capo chino.

Draco sbuffa e alza gli occhi al soffitto. Oggi il cielo sulle loro teste è grigio e pesante, riflesso perfetto della noia che lui sente dentro. «Perché non la smetti di leggere e andiamo a farci un giro?», dice a Hermione.

Allunga una mano sulla superficie che li separa e sfiora il bordo consunto del volume con la punta delle dita.

«L'ultima pagina e andiamo», gli risponde lei senza alzare lo sguardo. Le sue ciglia le disegnano ombre marcate sulle guance. Draco vorrebbe accarezzarle, ma non vuole disturbarla, quindi resta in silenzio, immobile come una delle statue che da secoli sorvegliano il castello.

Alla fine lei chiude il libro con uno scatto, si alza e gli tende una mano. Sorride, mostrando gli incisivi un po' troppo grandi, e Draco è rapito dalla luce che emanano i suoi occhi. Sono così espressivi, e lui non capisce come abbia fatto a non accorgersene prima.

«Draco, stai bene?» Ora le sue iridi sono velate di preoccupazione. Inclina la testa e gli si avvicina un altro po'. «Smettila di fissarmi così, mi metti in imbarazzo».

«Scusa», le dice. Il suo viso è bollente. «È che ho l'impressione di perdermi sempre qualche dettaglio, quando ti guardo».

Hermione non risponde. Lo tira a sé per la manica dell'uniforme e in un istante sono fuori, nei corridoi di pietra grigia, con le grandi finestre ad arco aperte sui cortili esterni. Il cielo è azzurro al di là delle mura. Draco tiene le dita intrecciate a quelle di Hermione e il calore della sua mano gli manda scariche elettriche lungo le braccia.

Somnium Afficio (Dramione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora