Per sempre.

819 50 9
                                    

NormalAU - mondo normale, senza quirk.

«Ehi, tutto bene?» Domandò al bambino seduto di fronte a lui; aveva i lacrimoni agli occhi, ma non sembrava volerli lasciar ricadere sulle guance rosse.
«Si.» Nel dirlo il bambino dai capelli corvini si strinse ancora di più il ginocchio tra le mani, nascondendo probabilmente una brutta sbucciatura.

«Io sono Hizashi» gli porse la mano, sorridente «tu come ti chiami?»
«Shota.»
Rimase lì doversi istanti, aspettando che le dita del bimbo di fronte a lui afferrassero le sue, continuando a sorridere.

La sua attesa fu ripagata e quando finalmente Shota si decise a prendere la sua mano, Hizashi lo aiutò ad alzarsi.
«Ti accompagno dalla maestra, okay?»
«Mh.» E così, prendendolo sottobraccio, l'aveva accompagnato dalla donna seduta poco lontano.

*

«Quando ti deciderai ad andare a parlargli?» Non doveva chiederle a chi si stesse riferendo. Lui e l'amica andavano in quel bar tutte le notti dopo il lavoro, a prendere un caffè e qualcosa da mangiare che colmasse il loro stomaco vuoto; da qualche settimana era entrato a far parte dello staff notturno un ragazzo che, nemmeno lui sapeva come, aveva smosso qualcosa nel suo animo.

«E cosa gli dico? "Posso offrirti qualcosa?"» risero entrambi, continuando a sorseggiare il caffè e buttando qualche sguardo verso il bancone.
«Non è da te essere così impacciato! Dov'è finito il mio latin lover, compagno di rimorchio, preferito?»
«Mi sa che sono troppo vecchio ormai!»

«A 25 anni? Certo, certo.» La ragazza addentò il cornetto che aveva davanti, sporcandosi il viso di cioccolato bianco. «O forse hai paura...?»
Quanto odiava quello sguardo malizioso. Quando odiava quando lei aveva ragione.

*

Non sapeva bene come, ma erano diventati amici, lui e Hizashi.
Il biondino lo aspettava al cancello la mattina, entravano assieme e poi giocavano tutto il giorno; pure durante il pisolino il bimbo voleva sdraiarsi vicino a lui.
Faceva tantissimo rumore, urlava e non stava zitto un attimo. All'inizio la cosa lo infastidiva, ma poi aveva capito che preferiva il macello che faceva Hizashi al il silenzio che regnava a casa sua.

Era pure andato da lui un giorno.
Al venerdì le attività pomeridiane erano facoltative, rimanevano lì di solito perché i genitori di molti bambini erano troppo impegnati per badare a loro già dal pranzo. Quella giornata faceva eccezione per una volta: la madre di Hizashi aveva mezza giornata libera e, ci scommetteva il suo peluche preferito, il bambino aveva fatto di tutto per poterlo invitare.
E così era stato.

La mamma di Hizashi cucinò per loro un pranzo eccezionale e abbandonante; era una signora gentile e socievole. Trattava il figlio in una maniera a lui sconosciuta, pure le attenzioni che rivolgeva a lui erano totalmente diverse.
Giocarono poi tutto il pomeriggio e prima di cena la signora Yamada lo riaccompagnò a casa sua.

Sua madre neanche scese a ringraziare.

*

«Ehm, scusa?» Alzò lo sguardo appena, scorgendo davanti a sé la figura di un giovane ragazzo, probabilmente della sua età.
Passarono diversi secondi prima che il ragazzo capisse che poteva parlare anche se lui non gli aveva risposto. Non aveva intenzione di sprecare parole non necessarie alle quattro del mattino.

«Posso sedermi qui?»
Lanciò uno sguardo ad un tavolo in fondo al locale; era sicuro di averlo visto fino a poco prima con la solita ragazza dai capelli neri, per quale motivo voleva importunarlo sedendosi al bancone?
«Prego.» Scrollò appena le spalle, passando una spugnetta sul piano per dargli una pulita.

Anytime, anywhere and anyway [EraserMic]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora