Happy Birthday Sho

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Appena le sue orecchie percepirono il suono della campanella, aprì gli occhi e, svelto, uscì dalla classe, con le sue cose già riposte nello zaino alla rinfusa.
Scese le rampe di scale e si ritrovò davanti all'ingresso della scuola in tempo record, praticamente da solo.
Odiava dover stare a scuola, ma ancora di più rimanere imprigionato nella folla di studenti che, finite le lezioni, rimanevano a chiacchierare o ad aspettare compagni e amici di chissà quali classi.
Non poteva tollerare di dover rimanere lì un solo minuto in più del necessario.

Varcò la soglia del cancello, tirando un sospiro di sollievo. Se manteneva quel passo sarebbe arrivato a casa in circa mezzora e si sarebbe potuto rilassare pranzando senza la presenza opprimente dei suoi genitori.
Un piano perfetto, considerando che poi sarebbe salito in camera sua e ci sarebbe rimasto fino all'ora di cena, a guardare video di gattini e giocare alla console.
Sì, era proprio un piano perfetto.
«Ehi Shooo!!»

"Merda." Si girò controvoglia, riconoscendo all'istante la voce che lo stava chiamando, per di più con un nomignolo per nulla appropriato. Lo osservò venirgli incontro e fermarsi a pochi passi da lui, piegato in due e con il fiatone.
«Che c'è Yamada?» Appena sentì la sua voce il biondino sollevò la testa, sorridente. Si lasciò sfuggire una smorfia, era quasi fastidioso vederlo illuminarsi, come di luce propria, quando gli parlava.
«Beh oggi è venerdì e non abbiamo molti compiti, pensavo che potremmo pranzare assieme! Che ne dici?»

"Un pranzo con il casinista?" Per un attimo il suo cuore perse un battito: se fosse stato impulsivo almeno la metà (o un quarto) del ragazzo di fronte a lui, avrebbe accettato senza esitare. Ma lui non era così, non poteva lasciarsi prendere dalle emozioni tanto facilmente.
«Passo, grazie.» Con un gesto della mano si congedò, riprendendo la strada di casa.
«Eddai! Offro io!» Senza nemmeno girarsi, fece segno di no con le dita, deciso a non volersi fermare.
«E va bene antipatico!» Sembrava offeso, ma dopo una manciata di secondi poté sentire di nuovo la sua voce, a un tono volutamente più alto. «Vorrà dire che chiederò a Nemuri di accompagnarmi a quel nuovo Neko Cafè qui vicino...»

Le sue orecchie si drizzarono, proprio come quelle di un gatto; si fermò, lasciando che Yamada potesse raggiungerlo.
«Se proprio insisti.» Lo sentì esultare e, ormai spalla a spalla, si diressero vero il bar.
Solo una cosa poteva attrarlo di più di un tranquillo pomeriggio a casa da solo: i gatti.

Ovviamente il biondino non stette zitto un attimo per tutto il tragitto, raccontandogli una quantità di cose che un normale essere umano non avrebbe potuto immagazzinare nella sua mente, soprattutto a quella velocità.
Ad Aizawa però non dispiaceva il suono della sua voce, all'inizio era incredibilmente irritante, ma quando il suo orecchio ci faceva l'abitudine diventava un suono a cui non riusciva più a rinunciare.
«Secondo te Oboro tornerà lunedì?» Si girò appena verso di lui; gli dava fastidio che tenesse sempre gli occhiali da sole: era come se non potesse vedere la sua vera espressione, mentre lui era probabilmente come un libro aperto.

«Credo di sì, ormai è quasi una settimana che è a casa.» Già, era strano essere a scuola senza Shirakumo. Anche per questo era strano che Hizashi lo avesse invitato a pranzo, per tutta la settimana gli era comunque stato vicino, ma non poteva credere che non si fosse accorto di un certo distacco che proprio lui aveva messo tra di loro.
«Mhm. Certo che bisogna essere proprio scemi per buttarsi nel fiume ai primi di novembre, non credi?» Rise, dandogli una pacca sulla schiena. Lui sorrise di rimando, facendo trasparire forse troppa dolcezza.
«Che vuoi farci, parliamo di Oboro dopotutto.»
Da quel momento Hizashi si fece stranamente più silenzioso, parlando solo di tanto in tanto per indicargli la strada.

Arrivati al famoso bar però entrambi si rilassarono: Shota non fece altro se non guardarsi in giro e cercare di attirare con il pensiero qualche gatto da coccolare (cosa che ovviamente riuscì a fare); mentre Yamada passò tutto il pranzo a sorridere e a ridere delle espressioni dell'amico, facendogli qualche foto di nascosto di tanto in tanto, che ovviamente inoltrò a Oboro e Nemuri.
«Ti piacciono proprio i gatti eh?» Notò solo in quel momento che Hizashi si era tolto gli occhiali da sole: era raro che potesse vedere quelle iridi così verde, ipnotiche.
«Mi rilassano, e poi sono carini...» Il biondo si lasciò sfuggire una risata, concordando con lui sull'ultima affermazione.

Anytime, anywhere and anyway [EraserMic]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora