Capitolo 36

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26 dicembre;

Quando ci svegliamo è tardi, sono le due del pomeriggio e siamo ancora spossati per la notte trascorsa ad amarci. Mi alzo e vado in bagno per fare una doccia, lasciando Elijah riposare ancora anche se, prima o poi, dovrà alzarsi. Lavo i capelli e i denti, Elijah ha comprato uno spazzolino anche per me da quando ho iniziato a stare sempre di più con lui in questo appartamento ed io la trovo una cosa dolcissima. Quando ho finito avvolgo il mio corpo nell'asciugamano e torno in camera per prendere i miei vestiti.
Noto che Elijah è sveglio, gli sorrido e gli do il buongiorno.

«Dormiglione», lo prendo in giro infilando gli slip e il reggiseno.

«Senti chi parla», sbadiglia alzandosi dal letto e avvicinandosi a me per lasciarmi un bacio tra i capelli.

«Abbiamo passato mezza giornata a dormire e io ho dimenticato di avvisare James che non sarei andata a lavoro.» Sbuffo infilando i jeans.

«Tu sul serio saresti andata a lavoro dopo tutto quello che abbiamo fatto ieri notte?» Alza un sopracciglio facendomi arrossire.

«Perché non vai a farti una doccia?»

Elijah alza gli occhi al cielo e si chiude in bagno. Apro le finestre per far entrare un po' di aria fresca e tolgo le coperte dal letto per lavarle.

«Elijah, dove tieni le lenzuola pulite?» Chiedo avvicinandomi alla porta del bagno per farmi sentire.

«Quarto cassetto vicino al letto.» Risponde, poi sento aprire il getto della doccia.

Cambio coperte e lenzuola e finisco di sistemare la stanza. Quando ho finito prendo il cellulare e avviso James che oggi non andrò a lavoro, lui mi risponde subito dicendomi di non preoccuparmi perché Richard sta meglio ed è tornato in caffetteria. Elijah esce dal bagno in accappatoio e capelli umidi, si avvicina all'armadio e inizia a vestirsi. La felpa bianca che indossa gli sta benissimo, ogni giorno m'innamoro sempre di più della sua bellezza.

«Che c'è?» Chiede avvicinandosi e abbottonando i jeans blu che indossa.

«Nulla, ti va di mangiare qualcosa e andare a prendere la tua nuova chitarra?»

«Va bene, cosa vuoi mangiare?»

«Andiamo da Earls?» Propongo mentre andiamo in salotto per mettere le scarpe.

«Va bene.»

Mezz'ora dopo siamo seduti nel ristorante mentre aspettiamo che arrivino i nostri ordini. Earls in realtà è più una tavola calda, servono panini di tutti i generi ed è economico.

«Questo posto è più vecchio delle nostre età messe insieme e tu non ci sei mai stato?»

«Lo sai come sono i Lawson, preferiscono ristoranti più eleganti..» alza l'angolo della bocca in un sorriso tra il forzato e il rassegnato. So che non ha il migliore dei rapporti con la sua famiglia adottiva, ma non conosco i particolari.

«Sono difficili?»

«I Lawson?» Chiede ed io annuisco.

«Alcune volte mi sembrano troppo legati alle cose materiali. Litigo costantemente con mio padre perché fa di tutto pur di mostrare che stiamo bene economicamente e per convincermi a fare domanda a medicina, mia madre fa finta di non notare la sua insistenza. Jocelyn ha la sua vita e non ne vuole sapere dei loro capricci, Connor casca sempre dalle nuvole e si è appena sposato quindi lascia che sia io il loro oggetto di sfogo.» Spiega incrociando le braccia al petto e poggiando la schiena alla sedia.

«Peter e Mary? Che ti dicono?»

«Non ne parlo con loro, in realtà non ne ho mai parlato con nessuno. Non capirebbero.»

«Hai provato a parlarne direttamente con i Lawson?» Lui annuisce e sospira.

«Ogni volta che lo faccio fanno finta di capire e poi, la volta successiva, ricominciano.»

«Tu lasciali fare, hai ventisei anni e sei libero di fare ciò che vuoi.»

«Sì, lo so.» Sospira giocando con il bordo del tovagliolo.

Il cameriere porta i nostri ordini e, quando va via, mi sporgo verso Elijah e gli lascio un bacio sulla guancia facendolo sorridere. Non sono la persona migliore o quella più giusta a tirare su il morale delle persone, ma per Elijah mi sforzo perché farei questo ed altro solo ed unicamente per lui. Non immaginavo avesse questo rapporto con i Lawson, me ne aveva parlato più generalmente ma non credevo fossero così apprensivi ed insistenti nei suoi confronti.

Quando finiamo di pranzare, paghiamo e andiamo dritti verso il Music Room dove gli ho preso la gift-card. Elijah mi prende la mano e la intreccia alla sua, solo ora mi rendo conto che è la prima volta che lo fa in pubblico, inoltre senza preoccuparsi che qualcuno possa vederci. Sorrido mentre camminiamo ed entriamo nel negozio, con lui accanto a me impaziente di scegliere il suo regalo.
Inutile stare a spiegare l'indecisione che l'ha travolto, circondato da strumenti a corda di tutti i tipi. Alla fine ne sceglie una acustica, che oltretutto è stata la prima a catturare la sua attenzione.

«Non posso credere che tu mi abbia regalato una Martin D 28», sorride una volta saliti macchina.

«Sono felice che ti piaccia», ammetto allacciando la cintura e pensando che non vedo l'ora di arrivare a casa per prendere in mano i pennelli. Perché alla fine quell'appartamento è un po' casa mia, no? Mi correggo, Elijah è casa. Lui è il mio posto sicuro, dove tornerei sempre anche se le cose si complicassero.

Appena entriamo in casa Elijah prende la chitarra tra le mani iniziando a strimpellare note a caso.

«Posso portare la tela di qua? Qui c'è più luce.»

«Smettila di chiedermi il permesso per tutto, certo che puoi.» Mi rimprovera accordando la chitarra.

Poi mi viene un'idea, prendo il cavalletto e tutto ciò che mi serve e mi sistemo nel salotto. Elijah è seduto di fronte a me, accanto alla finestra e la luce esterna illumina perfettamente il soggetto del mio nuovo dipinto. 

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