Capitolo 37

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27 dicembre;

Lo osservo dormire accanto a me, con il braccio stretto intorno ai miei fianchi per essere sicuro di avermi vicino. È piena notte e, come la maggior parte delle notti da due settimane a questa parte, non riesco a dormire. L'ho sognato di nuovo, ho sentito di nuovo quelle maledette parole e la sua maledetta voce. In realtà non ricordo neanche se la sua voce fosse così, però la mia mente mi costringe a pensare che lo sia.

Ogni volta che Elijah si smuove nel sonno, chiudo gli occhi per non fargli capire che sono sveglia e mi giro dall'altra parte del letto dandogli le spalle. A volte sono tentata di svegliarlo, di chiedergli se può tenermi compagnia perché se c'è lui, Seth non può tormentarmi.
Appena il sole sorge, mi alzo dal letto e vado a fare una doccia. Forse andare al Beachwood mi terrà occupata e, soprattutto, lontana dai sospetti di Elijah. Quando si alza io ho già finito di vestirmi e sono pronta ad uscire per andare in caffetteria.

«Dammi cinque minuti e ti accompagno», mi lascia un bacio sulla tempia.

«Vado a piedi, tranquillo. Non è lontana la caffetteria..» provo a convincerlo vedendolo raggiungere il bagno.

Non mi risponde, testardo com'è, così raggiungo il salotto e lo aspetto seduta sullo sgabello della cucina. Qualche minuto dopo essersi vestito, mi raggiunge con le chiavi della macchina tra le mani e mi fa un cenno con la testa per farmi capire che è pronto. Visibilmente è ancora assonnato e i capelli in disordine gli danno un'aria ancora più stanca.
In macchina resto in silenzio tutto il tempo, con il viso voltato verso il finestrino cercando di non fargli capire che la mia mente è da tutt'altra parte. Mi chiede se andrò da lui quando avrò finito il turno, gli rispondo che è meglio se torno dai miei perché ho bisogno di studiare.

Parcheggia davanti al Beachwood e, invece di aspettare che io esca dalla macchina, la spegne e mi segue in caffetteria. Saluta James e, quest'ultimo, resta leggermente sorpreso nel vederlo. Forse perché solitamente non viene qui a quest'ora del mattino o forse perché, per la prima volta, ci vede l'uno accanto all'altra.
Vado nel retro per mettere la divisa e incontro Richard che, come ogni mattina, sta sistemando le cialde del caffè. Mi sorride e mi saluta gentilmente, ricambio forzandomi di sembrare il più serena possibile.

«Stai meglio?»

«Decisamente, grazie per avermelo chiesto.» Sorride ancora ringraziandomi.

Richard è un ragazzo alto, forse quasi quanto Elijah, dai capelli biondi e gli occhi scuri. È davvero un bel ragazzo e, da quando lavora qui, le ragazzine che frequentano questo posto sono aumentate.

Indosso la divisa e torno in sala seguita da Richard. Elijah è seduto sempre a quel tavolino mentre parla al telefono con qualcuno. Chiedo a James di preparare un decaffeinato e, quando è pronto, lo porto al tavolo. Elijah corruga la fronte guardando il contenuto della tazza, mentre continua a parlare al telefono spostando lo sguardo su di me. Sta parlando con Michael, lo capisco quando lo chiama per nome.

Torno a lavoro, arrivano altri clienti e cerco di darmi fa fare anche se comunque non c'è molto da sistemare. Sto facendo di tutto per tenermi occupata, spazzo via anche il più piccolo granello e sistemo mille volte le sedie anche se non ce n'è bisogno.

«Oralee», mi richiama Elijah quando mi raggiunge al bancone. «Devo andare in palestra, mi hanno cambiato turno. Più tardi ti passo a prendere?»

Scuoto la testa ricordandogli che devo studiare, lui annuisce e si sporge verso di me. Sta per baciarmi ma qualcosa lo trattiene dal farlo. Guarda oltre le mie spalle, con le sopracciglia aggrottate e lo sguardo stizzito. Seguo il suo sguardo voltandomi per capire cos'è che lo innervosisce così; è Richard. Quest'ultimo ha la bocca leggermente schiusa e si scambia uno sguardo d'intesa con il ragazzo al mio fianco.

«Che ci fa quello qui?» È Elijah a parlare, spostando continuamente lo sguardo da me a Richard. Scuoto la testa non capendo cosa intenda dire.

«Ci lavoro, qui. E il mio nome è Richard.» Risponde il biondo avvicinandosi a noi.

«Non dovresti.»

«Mi spiegate che succede?» Sbotto irritata tra i due ragazzi che sembrano pronti a discutere. Dov'è James quando serve?

«Questo è il ragazzo della spiaggia» spiega ma continuo a non capire. «Quello che ti ha tirato la pallonata in faccia.»

Le mie labbra si separano quando capisco perché Richard mi è sempre sembrato familiare. Perché non me l'ha detto prima? Aveva paura che me la prendessi con lui? Onestamente non ho neanche voglia di chiedere spiegazioni, finirei col litigare con Elijah e darei troppo peso ad un fraintendimento. Mi scuso con Richard e tiro per il braccio Elijah portandolo fuori dalla caffetteria.

«Qual è il tuo problema?»

«Dirò a tuo padre di licenziarlo.» Sbotta prendendo le chiavi dalla tasca.

«Stai creando un casino per una stronzata.»

«Non ho intenzione di vedere quella testa di cazzo ogni singolo giorno che ti gironzola intorno. Quando eravamo in spiaggia ti squadrava dalla testa ai piedi e i suoi amici non si sarebbero fatti scrupoli nel prendermi a botte davanti a te.» Sbotta alzando la voce e stringendo le chiavi tra le mani.

«Se non ti sta bene allora non venire più al Beachwood. E poi smettila di mettere sempre in mezzo questo discorso, anche le altre ragazze ti guardano ma io non me la prendo ogni singola volta con te.»

«Lascia stare, ci vediamo oggi pomeriggio quando hai finito.»

«Ti ho detto di non venirmi a prendere.» Ma è inutile obiettare, perché sale in macchina e va via senza aggiungere altro.

Mi porto la mano in fronte e prendo un profondo respiro prima di rientrare. Richard sta pulendo dei tavoli, così mi avvicino e mi scuso per quello che è successo.

«Richard mi dispiace per la scenata di Elijah, alcune volte non sa controllarsi.»

«Tranquilla, è stato solo un fraintendimento. Tra l'altro, pensavo che mi avessi riconosciuto e che stessi semplicemente evitando l'argomento.»

«No, davvero non ricordavo fossi tu.»

La nostra conversazione si chiude quando entrano nuovi clienti e sono costretta a tornare a lavoro. Verso le undici arriva mio padre, per la prima volta da quando sono tornata a lavorare qui lo vedo entrare dall'ingresso. Chiede come procede la giornata, se sono state consegnate le nuove cialde e ne approfitta per darmi una copia delle chiavi di casa, nel caso dovessi tornare e loro non ci fossero. Dopo una mezz'oretta trascorsa nel suo ufficio va via. Sono un po' stranita onestamente, non mi ha chiesto nulla, neanche se sarei tornata per cena o altro. Forse Keith li ha informati e si sarà inventata un'altra scusa. Scaccio via quei pensieri e torno a servire altri clienti.

Sono le tre del pomeriggio quando finisco il mio turno e vedo la macchina di Elijah parcheggiata di fronte all'entrata. Quando entro in macchina non lo saluto, lui mi osserva per pochi secondi e poi riparte dritto verso casa senza dire nulla.

Il pomeriggio lo trascorre nel suo studio, sta studiando per dare gli ultimi due esami e io non lo voglio distrarre. Io invece sto sporcando la tela davanti a me con la pittura a olio, voglio finire quello che ho iniziato ieri anche se non ne ho davvero voglia. Le ore passano e presto si fa sera, il buio costringe Elijah a chiudere i libri e ad uscire, finalmente, da quella stanza.

«Hai fame?» Mi chiede quando torna in salotto, avvicinandosi al bancone della cucina.

Scuoto la testa e poso i pennelli, chiudendo la tela nel cassetto del cavalletto. Sono stanca, ho lo stomaco sotto sopra e vorrei solo stare sotto le coperte nel mio letto. Dico ad Elijah che vado a farmi una doccia, lui non dice niente mentre continua a preparare qualcosa da mangiare. Mi chiudo in bagno e apro il getto della doccia sedendomi sul bordo della vasca. Non riesco neanche a piangere, almeno mi sfogherei se lo facessi, ma nulla. Zero, neanche una lacrima, solo un'enorme sensazione di smarrimento.

Quando ho finito di lavarmi, invio un messaggio a mia madre dicendo che sarei rimasta a dormire da Lia. Poi spengo il cellulare e vado dritta in camera da letto per riposare. 

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