Capitolo 46

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8 gennaio;

Oggi piove e qui i tavoli sono vuoti. Tutti, compreso l'otto, quello di Elijah. Sta studiando, così mi dice nel messaggio che mi ha appena mandato.

Dopo ti passo a prendere?

No, devo studiare anch'io.

Ultimamente è assente, non fisicamente ma con la mente. Credo sia agitato per l'ultimo esame, provo a pensarla così. La mia testa fa di tutto pur di non pensare al fatto che la sua assenza sia iniziata da quando gli sono arrivati dei messaggi.
Non ho voluto aprire quella conversazione con lui, non ho voluto per paura di ascoltare qualcosa che non vorrei neanche sentire. Quel giorno, dopo essere scappata in doccia pur di non fargli notare il mio sguardo incerto, mi ha seguito subito. Forse l'ha fatto per togliersi il dubbio che avessi letto qualcosa, oppure per assicurarmi che mi stavo solo sbagliando. Fatto sta che, senza dire nulla o aggiungere altro, in doccia abbiamo fatto l'amore. Se avesse nascosto qualcosa o qualcuno non sarebbe venuto da me, no?

Possiamo studiare da me. - mi scrive ancora ed io non posso fare altro che insistere dicendo che finiremmo solo per distrarci.

«Oralee c'è il tuo padre al telefono», mi richiama James porgendomi il cordless.

«Papà?»

«Oralee, oggi ci sei a pranzo?»

«Sì, potete passarmi a prendere?»

«Certo, preferisci le fettuccine o il pasticcio di carne?»

«È indifferente.»

«Va bene a dopo.»

Quando attacco torno a sistemare le brioches nella vetrina. James sta sistemando delle tazze nella lavastoviglie mentre Richard invece controlla la lista dei rifornimenti. A proposito di quest'ultimo, domani è il suo compleanno ma, visto che è nuovo da queste parti, ci ha detto che non festeggerà. Quello che non sa è che James sta organizzando un'uscita tra colleghi per festeggiare il compleanno con meno solitudine anche se, a dirla tutta, sembra che sia fin troppo eccitato nell'organizzazione di questa uscita.

Alle tredici mia madre passa a prendermi per pranzare. Papà ha preparato le fettuccine, ne sono felice visto che il pasticcio di carne non è tra i miei cibi preferiti.
Elijah sta cambiando un po' la mia routine, dalle cose più piccole come il fatto di togliere le scarpe all'entrata di casa, a cose come il cibo. Ora ho una dieta, se così si può definire. Prima di incontrarlo mangiavo solo schifezze e cibo già pronto, non avevo tempo e voglia di mettermi ai fornelli. Ora non riesco a non mangiare carboidrati almeno una volta al giorno o, comunque, un pasto completo. Credo di essere dimagrita, non molto, ma abbastanza da riuscire ad infilare dei jeans di mia sorella Keith. Il peso, il mio corpo, non sono mai stati un problema per me. Ho smesso di guardarmi allo specchio nello stesso momento in cui io smesso di badare a me stessa, ovvero qualche anno fa. Ma ora sono nel presente, mi sto rimettendo sui miei passi e incamminando verso la direzione giusta.

Spero solo che la mano che continuo a stringere, alla quale mi aggrappo ogni istante, non mi abbandoni lungo il tragitto.

I miei genitori chiacchierano tranquillamente mentre consumiamo il nostro pranzo e mentre io butto ogni tanto un'occhiata al cellulare sperando in un messaggio da parte di Elijah. A giorni partiremo per Londra ed io mi chiedo se lui voglia davvero portarmi con lui.

«Papà, sai quanto costa più o meno il trasporto auto? Ho lasciato la mia a St David's e vorrei portarla qui.» Chiedo portandomi alla bocca della pasta e attirando l'attenzione di entrambi.

«Ci penso io, tranquilla. Quando mi si ruppe la macchina a Londra chiamai John per farla riportare qui.» Annuisce versandosi dell'acqua.

«John, quello dell'agenzia automobilistica? Non sapevo si occupasse anche di trasporti.» Chiede mia madre facendo annuire suo marito.

Londra. Devo parlare loro del viaggio e, magari, spiegare a mia madre alcune cose.

«A proposito di Londra..» mi muovo sulla sedia raddrizzando la schiena, papà mi guarda ma sa già cosa sto per dire. «Tra qualche giorno andrò lì.»

Mia madre è sorpresa e mi sorride leggermente aspettando che continui a parlare, chissà cosa dirà.

«Come mai?» Sprona mio padre aiutandomi a trovare le parole giuste, vorrei ringraziarlo ma non sarebbe da me.

«C'è un'altra sede accademica lì, vorrei visitarla e valutare se mi conviene chiedere il trasferimento lì o restare a St David's.»

I miei genitori annuiscono mentre continuano a pranzare, mia madre mi dice che sarebbe un'ottima idea se cambiassi definitivamente aria.

«Andrai da sola?» Chiede la donna di fronte a me corrugando la fronte, io scuoto la testa e prendo un piccolo respiro.

«C'è una persona, un amico..» provo a trovare le parole giuste mentre rigiro la pasta nel piatto.

«Un amico?»

«In realtà stiamo insieme.» Preciso, mia madre schiude la bocca sorpresa dalle mie parole.

«È quella Lia?» Chiede ancora, questa volta posa la forchetta nel piatto per portare la completa attenzione su di me.

«Non mi piacciono le donne, mamma. Poi Lia non esiste, era una scusa per non farvelo sapere.» Sorrido, un po' per l'agitazione e un po' per la sua ingenuità. Mia madre mi guarda ancora attonita, ma non sembra arrabbiata.

«Almeno il nome possiamo saperlo?»

«Elijah.»

«Elijah? Elijah come?» Continua ancora ed io stingo le labbra spostando lo sguardo su mio padre che, per tutto il tempo, se n'è rimasto zitto a godersi la scena. Papà prende la mano di mia madre e la guarda con sguardo ovvio, lei ci osserva confusa poi sembra capire.

«Oh mio dio, sul serio? Da quando?» Come sconvolta si porta una mano al petto, però nasconde un sorriso misto al sorpreso e al risollevato.

«Kelley, lasciala stare.» Sorride mio padre invitando mia madre a smettere di fare domande.

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