Ortica

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«Perché non chiamiamo Ortica?» la sua voce fece girare la maggioranza delle persone che lo fissarono con una punta di astio nello sguardo, lui unico protetto di Ade era odiato da tutti lí dentro e la sua pessima fama l'aveva seguito fino lí  tra i ribelli come un puzzo nauseabondo che non ci si riusciva a togliere di dosso.

«Ortica? Ma sei matto!?» urló qualcuno nella sala coprendosi subito dopo la bocca con la mano una volta capito di chi era stata quella folle idea. Lui sorrise, forse solo la terrestre non avrebbe fatto differenze chissá.

Ortensia si alzó barcollante dalla sedia

«No, Xander ha ragione, chiamate mia sorella»

«Ma Ortensia Ortica é fuori di testa da secoli, ha perso tutte le rotelle» sentir parlare cosí della sorella perció con un gesto della mano fece tacere la ninfa.

«Peró la va a chiamare lui, a noi ci tira dietro di tutto» imperterrita la ninfa tornó all'attacco

«Va bene vado io» per quanto si sforzasse di rendere la vita facile agli altri ospiti della taverna e si offrisse come bestia sacrificale per lr vicende piú spiacevoli nessuno gli dava l'opportunitá di riscattarsi. Lui rimaneva soltanto un mostro, l'ultimo protetto di Ade.

«Fa attenzione peró, la durata dei momenti di luciditá di mia sorella é alquanto imprevedibile...» solo Ortensia gli aveva concesso la seconda possibilitá e l'aveva ospitato lí. Uscí, silenzioso come un fantasma, dalla sala e si diresse verso camera sua dove recuperato un dono da lasciare a Ortica sarebbe andato a convincerla di seguirlo tra i ribelli, non che lei si preoccupasse del fatto che fossero ribelli o meno, ma erano secoli che, a meno che qualcuno non la chiamasse, non si mischiava ai civili perché per lei ogni civile era un barbaro e lo trattava alla stregua di un nemico. Solo con lui aveva qualche riguardo: ecco i lati positivi  di essere protetto da Ade. La morte incuteva piú timore dello stesso Zeus alle volte. Scese velocemente le scale domandandosi cosa avrebbero fatto gli altri nel frattempo, recuperó il suo stallone d'ombra dalla stalla e partí spronandolo al galoppo. Gli stalloni d'ombra erano famosi destrieri imponenti cavalcabili solo dai prescelti di Ade col manto nero come la notte  e quasi trasparente come un'ombra, se li si guardava bene alla luce si potevano notare chiaramente le ossa azzurre e la fiamma pulsante che era il suo cuore. Gli occhi erano come metallo fuso, braci ardenti che ti ricordavano chiaramente il loro spirito indomabile.

Xander attraversava veloce lande desolate e boschi argentati sul suo destriero che come una canoa sull'acqua scivolava leggero sul terreno quasi non lo toccasse con gli zoccoli. Xander lo spronava coi talloni e il cavallo rispondeva al suo padrone. La strada la conosceva a memoria, ultimamente si recava spesso da Ortica che lo aveva scelto come proprio adepto e gli insegnava le arti magiche delle erbe. Frenó di colpo il cavallo, smontó rapidamente ed entró in una capanna che dava su uno stango. La casa dal tetto di foglie e paglia non era particolarmente grande e dietro aveva un piccolo orto strappato dalle acque stagnanti dove Ortica era solita coltivare le piante per i propri intrugli.

«Ortica ci sei? Sono Xander!» evitó di pelo una cornacchia che gracchiando stava scappando dalle mani di Ortica che solitamente usava le loro piume come penne per scrivere.

«Ciao figlio della menzogna» lo apostrofó, lui sorrise era abituato oramai a queste sue uscite.

«Ti ho portato un regalo vecchia pazza» la donna, come una bambina, si avvicinó al ragazzo. Somigliava molto a Ortensia solo che lei, a contrario della sorella, aveva scelto di assumere l'aspetto di una sessantenne tranne quando usava il nettare delle ninfe. Tra i capelli d'oro oramai vi erano fili d'argento, la pelle del collo e delle guancie non era piú liscia come quella della sorella, ma entrambe avevano lo stesso sguardo blu intenso e lo stesso fare materno.

Quando meno te lo aspettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora