Farfalle in una teca

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《Cerco la tua somma,
il bordo del bicchiere in cui
il vino si fa
luna e specchio,
cerco quella linea che fa tremare un uomo
nella sala di un museo.
E poi ti voglio bene, nel tempo e nel freddo.》
[Julio Cortazar]

Liria aprì la porta semichiusa di casa Raybosh con la spalla, dato che le sue mani erano impegnate a tenere in equilibrio una pila di vecchi libri che ad ogni movimento, anche minimo, rilasciavano una spessa nuvola di polvere. L'appartamento era colmo di scatoloni imballati con il nastro adesivo, tanto che il pavimento del salotto risultava così pieno da consentire a malapena il passaggio, e solo qua e là si potevano scorgere poche zone di moquette libera.

"Vanno bene qui?" Domandò la Anderson, appoggiando i libri su un tavolo.

Will annuì lentamente, come se del tutto perso nei suoi pensieri. Era sdraiato sul divano del soggiorno, e pareva essersi incantato a guardare il soffitto, mentre davanti ai suoi occhi cerulei passavano una dopo l'altra innumerevoli immagini sfocate, come nuvole nere nel cielo più sereno. La mora, scavalcando i vari scatoloni presenti nella stanza, gli si piazzò davanti.

"Posso sedermi?" chiese. Che il suo tono di voce si addolcisse notevolmente ogni volta che parlava con Will non era un segreto, ma sembrò usufruire di più delicatezza del solito, nel pronunciare quella semplice frase.

"Perché non ti sdrai, invece?" Chiese in risposta il biondo.

Si spostò il più possibile verso lo schienale del divano, e indicò con un gesto del mento lo spazio libero che si era creato. Liria accennò un sorriso, e si coricò a fianco del ragazzo, mentre il braccio di Will le cingeva le spalle. I successivi minuti li passarono così, in silenzio, abbracciati. Entrambi con il respiro dell'altro sul collo, entrambi a scambiarsi sguardi limpidi, veri. Talvolta il sorriso sul loro volto, nell'incrociare gli occhi del proprio《da sempre e per sempre》, si faceva più intenso, più luminoso, e nelle quiete più candida i due erano in grado di capirsi alla perfezione, come se in grado di leggersi nell'anima a vicenda.

"Sai come si chiama?"

Le parole di Liria risuonarono nel silenzio di casa Raybosh, senza però infrangere quel velo di serenità che era andato a crearsi.

"Cosa?"

"Questo. Tutto questo..." continuò la ragazza. "Tu, io... Noi."

"Noi..." pensò Will. Non aveva mai udito nulla di più bello, nessun termine più armonico.

"Il nostro legame..." proseguì Liria. "Sai come si chiama?" Il biondo cosse la testa. "Agape."

"Agape?"

"Deriva dal greco. È l'amore nel suo significato più assoluto, che trova origine e fine nell'amore stesso. Smisurato, privo di qualsiasi interesse o egoismo  quasi ultraterreno... Va oltre la semplice voglia di possedere, supera qualsiasi sentimento che possa essere definito umano. Non è un semplice desiderio... Agape è la necessità di donare se stessi ad un'altra persona."

"Entonces tu eres mi agape." Bisbigliò il biondo all'orecchio di Liria. "Mi agape, mi estrella, mi sol... Ogni fibra del mio essere ti appartiene, Rebel, senza che tu la possegga."

Liria chiuse gli occhi, appoggiando la testa sul petto di Will. Disastri con la capacità inversamente proporzionale di nascondere il proprio caos, ecco c'erano lei e il biondo. Per tutte le crepe che la Anderson era disposta a mostrare a viso aperto, le cicatrici di Will divenatavano mano a mano meno evidenti, senza però scomparire. Entrambi celavano il declino nel profondo del proprio animo, la distruzione negli occhi, ed erano entità singole composte da macerie di un passato spensierato. Come era possibile che loro due, insieme, fossero quanto di più simile alla perfezione Liria avesse mai avuto la fortuna di incontrare?

Rebel 2- Romantic in Revolt [Jughead Jones]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora