11 - divento uno scolapasta

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I giorni passavano, il tempo scorreva inesorabile a Garmarinda, e io continuavo a studiare nella mia stanza, e lentamente il piano d'azione iniziava a costruirsi e svilupparsi nella mia mente.

Coccolata dalla cucina della zia di Pilar e Paco, trascorrevo le mie giornate a studiare, e la sera la passavo con i due ragazzi, che si affezionavano sempre di più a me, a parlare di tutto e di nulla. Mi sentivo quasi a casa, con loro.

«Potresti restare qui, dopo il tuo lavoretto. Puoi anche farti assumere da nostra zia. Dopotutto non stai male...»  mi chiese una sera Paco.

«Non lo so, probabilmente vi metterei a rischio... dovrò scappare, se mi beccano mi ricercheranno. E devo andare fino in fondo, devo trovare le mie origini. Però, se queste non mi piacessero... tornerò da voi, un giorno. Promesso» 

Il giorno del mio diciannovesimo compleanno fu svegliata da un casino incredibile di pentole e voci confuse. Mi stropicciai gli occhi rigirandomi nel lenzuolo, e aprendo gli occhi vidi i due cugini che cantavano una qualche canzone cilena sbattendo insieme dei coperchi; così presi il mio cuscino e tentai di farli stare zitti lanciandoglielo addosso, ma i due ragazzi mi tirarono fuori dalle coperte di peso.

«Siete due rompicoglioni, come cazzo li festeggiate i compleanni in Cile? dormivo che era una meraviglia.»

Mi lamentai passando una mano tra i miei capelli arruffati come il pelo di una pecora selvatica.

«Buongiorno Miss Finezza. Il sole è alto nel cielo, sono le undici.»

«Ho studiato fino a tardi. » mi giustificai tirando uno sbadiglio.

«Bene, oggi non studi. E mangi. E festeggiamo.»

«In realtà non ho mai festeggiato il mio compleanno, sono negli ultimi anni con Bill»

«Grazie, non vogliamo sapere cosa facevate.» mi interruppe Pilar, e le tirai un coppino sul collo.

Così mi rassegnai e lasciai che i due cileni mi organizzassero quello che sicuramente sarebbe rimasto probabilmente come il compleanno più strano della mia vita.

***

La notte tra il 24 e il 25 maggio era buia, la luna era nascosta da una spessa coltre di nubi che isolava la terra dal cielo. Faceva freddo per essere quasi giugno, e soffiava il vento di Borea, che penetrava ovunque ghiacciando le membra. 

Rabbrividii nella mia termica nera. Avevo legato i capelli in una lunga coda di cavallo rossa, nascosta dal cappuccio della felpa, e un passamontagna nero mi copriva metà del viso, rendendo difficile il mio riconoscimento.

Avevo salutato un'ora prima Pilar e Paco, non sapendo se sarei riuscita a tornare, ma gli avevo promesso che avrei saldato il mio debito con loro in qualche modo.

Mi sentivo a mio agio nei miei vestiti, seduta sul sellino di cuoio della moto di Smith.

No non la moto di Smith. Pensai. la MIA moto.

La lasciai tra gli alberi che circondavano Villa Aceval, e mi appostai in attesa di entrare in azione.

La casa aveva due piani, costruita in mattoni e pitturata di giallo chiaro. Era circondata da un muro di cinta, pieno di telecamere di sorveglianza. Dalle mappe che avevo preso in municipio risultava che lo spazio della cassaforte era sulle scale che portavano al secondo piano, nascosta probabilmente dietro ad un quadro.

La combinazione di ultima generazione non sarebbe stato un problema, ero una maga nel indovinare le password, mi avevano insegnato un algoritmo che ,indovinava qualsiasi codice; il punto era non fare rumore, dovevo muovermi silenziosa come un ragno.

INHERITANCE ~ Hazel RomanoffDove le storie prendono vita. Scoprilo ora