19 - Antonin William Gray

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Bill

Quella parola, quattro lettere, risuonavano nella mente di Bill all'infinito, mentre i suoi occhi scuri scrutavano il nulla, persi sul pavimento in calcestruzzo nudo della cella.

Non avrebbe saputo dire da quanto tempo era rinchiuso li, e sopratutto cosa era successo ai suoi amici. Aveva provato a sdoganare la porta, ma era fatta in acciaio e impossibile da sfondare. Così, dopo ore di urla e sforzi in preda alla rabbia, si era quasi arreso.

Immagini confuse si succedevano nella sua testa, e la sua stabilità vacillava, aveva perso i suoi punti cardinali. Era solo.
Un pensiero folle si insinuava lentamente nella sua testa, come un cancro che corrode dall'interno: temeva che le sue paure più profonde si fossero avverate.

Una carrellata di immagini apparvero come i flash di una macchina fotografica: Hazel morta, Karl morto, Gabriel morto. L'incendio, quella notte terribile in cui i suoi genitori persero la vita, tredici anni prima. Il viso di una donna, la sua bellissima mamma, Lily. La risata fragorosa di Mark, suo padre, e le sue ultime parole prima di farlo scappare via, lontano da quella palazzina in fiamme.

Bill si alzò in piedi, disturbato da una presenza inesistente, e tirò un destro al muro così potente da lasciare un'impronta scarlatta sul muro.

Mi chiamo Bill. Ho diciannove anni, e mio figlio sta bene, è con Hazel.

Quel ritornello, che gli aveva permesso di non impazzire dopo che l'avevano preso.

Dopo la partenza di Hazel, gli agenti dell'Iahp avevano preso Bill, e senza fargli niente lo avevano rinchiuso in una delle celle nel dedalo sotterraneo. Non gli avevano detto cos'era successo ai suoi amici, né tantomeno cosa gli sarebbe capitato ora. Non c'erano finestre, non sapeva da quanto giorno era rinchiuso li dentro, solo che gli avevano dato tre volte da mangiare, e ora che aveva fame.

Tempo dopo, forse un minuto forse due giorni, la porta della cella di aprì, inondando lo spazio angusto di una luce snaturata, che accecò Bill per qualche secondo. Sulla soglia intravide le forme di un corpo femminile, quasi familiare. Sentì dei passi, e delle persone accerchiarlo.

Quando la vista gli si schiarì, scorse tre guardai intorno a lui, e di fronte a se una ragazza, alle sue spalle un uomo. Il volto della ragazza era impassibile, ma gli occhi erano turbati e tenevano lo sguardo fisso a terra. Notò i capelli rossicci, lunghi fino alla vita, e allora riconobbe Jailer Corteens, una ragazzina di un paio di anni in meno di Bill. Era del Container 11, forse. Gli ricordò Hazel, forse per i capelli scarlatti, e la somiglianza gli fece male.

«Antonin. Hai due possibilità. Dirci dove è diretta la ragazza, o assaggiare questa.»

Bill notò un bastone metallico nella mano di Jailer, che risplendette di una luce elettrica. Il ragazzo la riconobbe come una frusta spesso utilizzata anche da alcuni mandriani. Non sapeva che voltaggio avesse, ma non ci teneva particolarmente a sperimentarlo.

»Non so dove è diretta.»

Disse, alzando il collo. Due uomini lo immobilizzarono, e Bill non tentò nemmeno di opporre resistenza. Per Hazel. Per il bambino.

L'uomo che stava alle spalle di Jailer sorrise inquietante. Aveva metà del calo rasato, è un ciuffo di capelli che gli ricadevano sull'occhio.

«Pensavo si fidaste di te. Peccato. Jailer... tocca a te.»

La ragazza deglutì, e per un momento non si mosse. Finché alzò lo sguardo sugli uomini e qualcosa la spaventò, così tirò un colpo, abbastanza debole, sull'addome di Bill.

Una scarica elettrica partì da dove lo avevano colpito, facendogli battere i denti con violenza, e percuotendolo tutto.

«Ripeto la domanda... dov'è Hazel?»

INHERITANCE ~ Hazel RomanoffDove le storie prendono vita. Scoprilo ora