3: un nuovo arrivo

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Era meglio lasciar agire la mente per conto proprio piuttosto che cercare di controllarla

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Era meglio lasciar agire la mente per conto proprio piuttosto che cercare di controllarla. Aveva visto che serviva a ben poco, ed in tutto quel tempo non aveva fatto altro che causare solo problemi, a sé stessa, all'amica e compagna di stanza Willow ed anche a tutta l'accademia Dochan.
Ogni volta che i suoi sogni prendevano una brutta piega pregava ed attendeva il momento in cui si fosse risvegliata, o che qualcuno l'avesse fatto; quella volta però a parte la lupa Zeeb non c'era nessun altro che potesse destarla da quell'incubo. Non c'erano più sogni belli o brutti, c'erano solo gli incubi.

Aprì gli occhi, svegliata dall'aria mattutina e dalla piacevole nebbiolina che le bagnava il naso. Sovrastava ogni cosa, passandoci sopra come a volerla ripulire dalle impurità, rivelandone poi le bellezze ma anche i difetti; la natura era una cosa meravigliosa. Non era perfetta, ma nella sua imperfezione era magnifica. Tronchi di alberi caduti, vuoti e ricoperti di un bellissimo muschio verde smeraldo, facevano da riparo per la notte a molti animali; le foglie cadute a terra avevano creato un manto soffice sul terreno, quasi melodioso ogni qual volta qualcuno lo calpestava.
I suoi occhi erano ancora affaticati dal sonno, ma riuscì comunque a vedere un piccolo coniglio, o forse una lepre, che si precipitava a rientrare nella sua tana in fretta e furia, saltellando qua e là con le sue zampette agili. Non aveva un colore ben definito, bensì il suo manto peloso era grigio con sfumature ramate, ed aveva l'aria di essere soffice come una nuvola.

Si era svegliata ritrovandosi nella stessa identica posizione della sera precedente, appoggiata al tronco dell'albero, affiancata dalla lupa Zeeb; si stiracchiò per poi accarezzarle la testa fino a scendere al muso, facendola mugolare di piacere. Sorrise.
«Buongiorno anche a te.» disse continuando a grattarle il capo.
Per un istante tutto le sembrò tremendamente tranquillo, fin troppo a dirla tutta, ma poi un familiare odore le giunse sotto il naso. Era ancora flebile, e si era andato a mischiare con tutti i profumi della foresta riuscendola quasi a confondere, ma non del tutto. Anche se era ancora leggermente assonnata, tutti i suoi sensi erano già belli che pronti, scattanti in caso di pericolo. Non era una di quelle situazioni, fortunatamente, ma ben più complicata: il suo lupo guida la stava seguendo dal giorno precedente.

Negli ultimi mesi aveva visto quel lupo grigio talmente tante volte che aveva perso il conto, ma stranamente non si era mai riuscita ad avvicinare più di tanto ad esso, e così lui. Quando ci provava sentiva dentro di sé una forza che la respingeva, che la allontanava da quell'animale, come se non fosse quello il momento della loro congiunzione. Ricordò delle parole che le vennero dette in passato non appena lo vide davanti a sé:

"Evidentemente non hai accettato la vera te."

Yennefer non conosceva la vera sé, era questa la verità. Triste e crudele verità. Non aveva idea di chi fossero i suoi genitori, né della sua storia prima dell'accademia Ondū, non era certa se la sua età fosse corretta o meno, non conosceva il giorno della sua nascita, non sapeva nemmeno quale fosse il suo vero nome, ma più di tutto non sapeva cosa in realtà lei fosse. Quel grande potere che aveva sprigionato durante la battaglia a Thebil le aveva fatto aprire gli occhi su un mondo a lei del tutto sconosciuto; erano veramente poche le cose che lei sapeva sui Mingan e sulla loro storia, e doveva assolutamente curare queste lacune. Ne percepiva il bisogno. Perciò il fatto di non avere ancora avuto il suo legame con il proprio lupo guida le sembrava una cosa del quale necessitava il prima possibile, per riempire uno di quei tanti piccoli vuoti che insieme, andavano a formare il vuoto più grande che una persona potesse avere.

AYAME DOOSU: il potere nascostoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora