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La testa mi fa male, gli occhi sono pesanti, qualcosa suona incessantemente e non mi permette di dormire, ma cos'è questo frastuono a quest'ora?
Arrancando arrivo a tastare con la mano la superficie del comodino alla ricerca del mio telefono, poi con i polpastrelli sfioro lo schermo di vetro freddo, lo prendo e clicco il tasto centrale, la luce mi acceca, i miei occhi stanchi gridano pietà, il casino continua, un campanello suona ininterrottamente. Ma chi cazzo è?
Il telefono segna le 10:46 del mattino, resto un attimo a metabolizzare la cosa ma il campanello di casa continua a suonare, il nervoso mi sale, scendo dal letto e fiondandomi giù per le scale arrivo alla porta nera, giro la chiave nella toppa e apro, il sole mattutino mi investe come un tram, la luce fa restringere le mie pupille, con una mano alla porta e l'altro allo stipite chino la testa e cerco di fare ombra agli occhi con i capelli, l'aria gelida mi investe e la mia pelle sembra trapassata da milioni di spilli.

-Era ora, credevo fossi morto...

Quella voce, possibile? I miei occhi si aprono e mettono a fuoco un paio di sneakers nere e bianche, dei jeans blu e all'altezza ginocchio quella che credo sia una busta.
Alzo lo sguardo e due pietre color ambra mi osservano divertite, non posso crederci, che ci fa lei qui?
La ragazza mi guarda ancora sorridente, indossa una felpa larga nera con un enorme stampa di Venom sul davanti, i capelli raccolti per metà in una coda altissima e l'altra meta sciolti sulle spalle e sulla schiena.

-Meg?

-Buongiorno bell'addormentato, ti rendi conto che mi hai fatto venire a lavoro ed ho trovato solo la tua segretaria che non è stata neanche in grado di guardarmi in faccia mentre diceva impacciata "non è venuto a lavoro"?

La guardo, vestita in questo modo sembra una teenager nerd figa, probabilmente a vent'anni l'avrei trovata super sexy... beh, forse anche ora.

-C-come hai fatto...

-Il tuo giardiniere, mi ha vista e mi ha chiesto chi fossi, poi ha visto che non avevo una pistola con me e mi ha fatta entrare, spero non ti dispiaccia, necessitavo di una vendetta per il tuo mancato avviso.

Sorrido e le faccio spazio per entrare, allungo lo sguardo e vedo Vito intento a guardarci incuriosito, gli faccio un gesto con la mano e chiudo la porta, la ragazza davanti a me cammina per la casa, le sue suole lisce calpestano il pavimento nero di marmo lucido e solo ora noto lo zaino nero della Eastpak sulla spalla sinistra.

-Bella casa! Non che abbia nulla in contrario ma ti dispiacerebbe metterti qualcosa addosso per favore?

Mi osservo e solo ora noto il mio abbigliamento composto unicamente da un paio di boxer bianchi con l'elastico nero, eh beh, le mie misure si notano tutte.
Una vampata mi prende alle guance e ringrazio mentalmente che sia di spalle.

-Si, mettiti comoda, torno subito.

Risalgo le scale di vetro fino alla mia stanza e prendo il primo paio di pantaloni da ginnastica, una maglietta nera attillata a maniche lunghe con scollo a V e un paio di calzini neri, mi sciacquo il viso e mi lavo velocemente i denti. Scendo e non la trovo in salotto ma le sue scarpe sono messe in modo ordinato vicino alla porta d'ingresso, mi affaccio alla veranda ma non è neanche lì, sento qualche rumore provenire dalla cucina, mi affaccio e la trovo armeggiare con due bicchieri di cartone per i cappuccini, dalla busta ha tirato fuori anche due cornetti che ha messo su un piatto. Si è letteralmente messa comoda, cammina con i calzini neri ai piedi non facendo il minimo rumore. La osservo attentamente, così bella e con quei modi infantili simili ad una bambina, quegli occhi grandi che scrutano tutto e quelle mani affusolate con le unghie lunghe e curate che con movimenti leggiadri e calcolati sembrano ipnotizzare.

Alza lo sguardo sul mio e mi sorride.

-Visto che ti sono piombata a casa, buttato giù dal letto e portato un pò di lavoro, pensavo ti facesse piacere una colazione come si deve.

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