10 - Apartment 23

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La prima cosa che notai dell'appartamento di Harry fu Dusty, il suo gatto grigio. Mi osservò per qualche secondo, nascosto dietro il divano, poi decise che non gli piacevo e sparì dietro una porta.
Harry viveva in un bilocale minuscolo pieno di libri, di vinili e con un paio di chitarre abbandonate in giro per la stanza.
"Scusa, non aspettavo visite, così non ho messo a posto niente." Disse, affrettandosi verso il divano per far sparire più cose possibili. Recuperò alcuni dei suoi vestiti e li portò in bagno. Poi mi fece accomodare al tavolo e si affaccendò in cucina.
"Come ti sembra del pollo con carote e un’insalata come contorno?" Mi domandò dopo aver controllato il frigorifero. Non aveva molto lì dentro. Vidi qualche bottiglia di birra, un paio di pomodori, un cartone di latte e del vino bianco.
"Perfetto." Risposi. Cominciai a guardarmi in giro mentre Harry cucinava per entrambi e notai una scrivania con una vecchia macchina da scrivere sotto la finestra. Sulla stessa parete, di fianco alla finestra, una bacheca di sughero sembrava voler esplodere per la quantità elevata di post-it e biglietti che c’erano appesi.
Mi piaceva il suo appartamento. Era piccolo, ma era vissuto e mi sembrava di essere nel cervello di Harry. Alle pareti erano appese foto insieme ai suoi amici, il professor Tomlinson, il professor Malik e l’allenatore Horan.
Riuscivo a vedere una piccola parte della sua camera, perché la porta era stata aperta dal gatto – che ora mi osservava con enormi occhi verdi dal letto. Notai la testiera di ferro battuto con tante lucine di Natale attorcigliate intorno alle sbarre di metallo nero, le lenzuola scure, forse blu, e un quadro astratto sulla parete.
“Mary?” Harry richiamò la mia attenzione e puntai lo sguardo su di lui. Ero così concentrata a guardarmi intorno, a registrare ogni piccolo particolare nella mia mente, che mi ero dimenticata di tutto il resto. Di quello che era successo con Jasper e persino della presenza del mio professore. Dell’uomo per cui provavo dei qualcosa di molto forte.
“Sì?” Replicai. Lui abbandonò i fornelli per pochi secondi, si avvicinò a me e mi diede un leggero bacio sulla fronte. Provai un brivido e abbozzai un sorriso.
Non sapevo nemmeno come facesse a farmi sentire così al sicuro, così tranquilla. Avevo smesso di piangere quando ero entrata nel suo appartamento e stavo meglio. Quello che era successo con Jasper, nonostante fosse successo solo pochi minuti prima, mi sembrava essere accaduto in una vita precedente, millenni prima.
“So che probabilmente non avrei dovuto portarti a casa e spero che nessuno ci abbia visti.” Cominciò a dire Harry, porgendomi un piatto di quello che aveva cucinato. “Ma non potevo lasciarti piangere in mezzo alla strada, mi si è spezzato il cuore quando ti ho vista così. Non voglio obbligarti a dirmi quello che è successo, ma voglio che tu sappia che me lo puoi dire e che, qualunque cosa sia, io sono qui.”
Provai una sensazione di calore che partì esattamente dal mio cuore e mi scaldò tutto il corpo. Sapevo che probabilmente ero arrossita un po’, perché le mie guance erano diventate bollenti. Mi guardai intorno per prendere tempo, perché non sapevo come iniziare il discorso.
“Vedo che bevi molto caffè mentre scrivi.” Dissi, osservando le quattro tazze vuote sulla scrivania, di fianco alla macchina da scrivere. Poi cercai con lo sguardo un manoscritto, un mucchio di fogli tenuti insieme da un elastico o qualcosa che indicasse che aveva passato ore a scrivere, ma non trovai nulla.
“In realtà bevo tè.” Replicò lui, voltandosi verso la finestra e sorridendo al caos che c’era su quella scrivania. “E devo mettere a posto e lavare i piatti, me ne rendo conto.”
Mi girai verso il lavello, sorprendendomi dalla quantità di cose che ci aveva infilato. Piatti, tazze, padelle… sorrisi davanti all’evidenza: era un uomo che viveva da solo e, chiaramente, non ce la poteva fare.
“Tieni i tuoi manoscritti in un posto segreto? O in una cassaforte, o qualcosa del genere?” Domandai, incapace di interrompermi. Non ero ancora pronta a rivivere quello che era successo poco prima. Avevo spezzato il cuore a un ragazzo praticamente perfetto. Gli avevo fatto del male ed io odiavo ferire le persone. Era sempre stato uno dei miei più grandi problemi: tenevo troppo agli altri e troppo poco a me stessa.
“Là.” Rispose Harry, indicandomi un vecchio libro malconcio. Strizzai leggermente gli occhi per osservare meglio quell’oggetto. Era una scatola? Un nascondiglio? “È la custodia del mio portatile.” Spiegò lui dopo qualche secondo, con una risatina.
“Oh.” Commentai, sorridendo. “Quindi la macchina da scrivere è solo un soprammobile!”
“Più o meno.” Ridacchiò lui. “Ci ho scritto qualche poesia e qualche storia breve, ma preferisco il computer. Posso portarlo ovunque e ricominciare dal punto in cui ho smesso la volta prima e la mia storia è sempre tutta lì.” Aggiunse, tornando serio.
Annuii perché capivo. Anch’io ero estremamente affascinata dalle macchine da scrivere antiche, ma sapevo che i computer erano molto più pratici e comodi. Mangiai qualche boccone, sotto l’attento sguardo di Harry, e continuai a osservare la finestra con aria assente. Ricominciai a pensare a tutto quello che era successo, al motivo per cui ero finita nel suo appartamento.
“Probabilmente non sei la persona giusta con cui parlare di questa cosa. Anzi, non lo sei proprio, perché sono sicura che non vuoi sapere quello che ti sto per dire, ma questa sera ho lasciato Jasper, il ragazzo che stavo frequentando da un po’.” Dissi tutto d’un fiato. Lui inspirò profondamente.
“Ero terrorizzato dal fatto che il pollo ti facesse schifo.” Scherzò, alleggerendo l’atmosfera. Scoppiai a ridere, poi tornai subito seria. “A parte le battute stupide, è per quello che stavi piangendo?”
Annuii di nuovo, bevendo un intero bicchiere d’acqua per prendere tempo.
“Non sono abituata a ferire le persone e lui non l’ha presa bene.” Spiegai. “Non lo so, mi sono sentita un mostro, perché prima l’ho tradito con te e poi l’ho lasciato e lui provava qualcosa per me e si è arrabbiato...”
“E tu… provavi qualcosa per lui?” Mi domandò cautamente Harry. Lo guardai per qualche istante.
“No.” Dissi. “Per quanto mi trovassi bene con lui non provavo sentimenti di quel tipo.” Non come ne provo per te, rischiai di aggiungere. Mi fermai appena in tempo.
Harry sembrò rilassarsi e sorrise.
“So che lasciare qualcuno non è facile. E tu ci stai male anche se non eri innamorata di lui, perché sei fatta così. Ti preoccupi per gli altri, sei una persona buona e hai un cuore grande. Non ce ne sono tante come te. Anzi, credo proprio che tu sia unica.” Mi disse.
Provai di nuovo quella sensazione di calore partire dal petto e riscaldarmi tutta. Harry mi aveva appena detto delle cose meravigliose e, soprattutto, mi aveva dimostrato che mi conosceva. La cosa mi sorprese molto e, dovevo ammetterlo, mi fece molto piacere.
“Grazie.” Mormorai. Lui prese la mia mano sul tavolo e la strinse. Iniziò una frase e poi scosse la testa.
“No, ci sono troppe cose che vorrei dirti in questo momento e non so da che parte iniziare, quindi è meglio se sto zitto o rischio di fare casino.” Replicò. Accarezzò il dorso della mia mano con le sue dita, solleticandomi leggermente la pelle.
“Allora parliamo di questo pollo.” Dissi. Harry assunse un’espressione preoccupata. “Devo aggiungere ‘cucinare’ alla lista di cose che sai fare bene.”
“Mi hai fatto spaventare.” Rispose, ridendo. “E non so cucinare così bene. Si dà il caso che questo tipo di pollo aromatico con le carote sia la mia specialità. Volevo fare colpo su di te.” Aggiunse.
“Come se tu ne avessi bisogno.” Dissi. “Mi hai conquistata dal momento in cui sei entrato in quella classe e hai detto il tuo nome.”
Per qualche momento nessuno dei due disse più nulla, troppo impegnato a perdersi negli occhi dell’altro.
“Più che altro sono io quella che deve fare colpo su di te.” Aggiunsi dopo un po’ con un sorrisetto.
“Stai scherzando?” Domandò Harry, scandalizzato. “Tutto quello che hai dovuto fare per farmi perdere la testa è stato alzare lo sguardo e sorridere in classe, il primo giorno.”
“Io ero convinta che mi avresti presa in giro per il mio nome come tutto il resto della popolazione.” Mormorai.
“Perché avrei dovuto? Hai un nome bellissimo.”
“Sì, ma lo condivido con un personaggio dei fumetti con cui non ho assolutamente in comune. E…” Cominciai a dire. “E la cosa tragica è che i miei genitori non si sono ispirati a Spiderman quando hanno deciso come chiamarmi.” Aggiunsi.
“No? Non mi hai mai raccontato la storia.” Disse Harry. Avevamo finito di mangiare e lui aveva già appoggiato i piatti sul bancone della cucina, di fianco a tutto il resto delle cose che avrebbe dovuto lavare.
“Prima ti aiuto a sistemare, poi ne parliamo.” Risposi, alzandomi dalla sedia e avvicinandomi al lavello. Trovai, sperduto sulla spalliera di una sedia, un grembiule. Lo indossai, trovai anche un paio di guanti di gomma e mi misi al lavoro.
“No, Mary, non voglio che tu ti metta a lavare i miei piatti.” Disse Harry, avvicinandosi e interrompendo il getto di acqua calda che avevo aperto.
“Ehi!” Esclamai. “D’accordo, se non vuoi che faccio tutto il lavoro… io insapono e tu risciacqui.” Dissi.
Harry si guardò intorno con aria desolata e annuì.
“Sì, in qualche modo devo sistemare, prima che chiamino quelli di ‘Sepolti in Casa’ e mi facciano finire in televisione.” Rispose. Recuperò un altro paio di guanti di gomma dall’armadietto sotto il lavello, mi porse il detersivo per lavare i piatti e ci mettemmo entrambi al lavoro.
“Se quelli di ‘Sepolti in Casa’ mi intervisteranno dirò solo cose orribili su di te. E anche i tuoi poveri piatti diranno cose brutte sul tuo conto. Il tuo gatto, poi… oh, povero.” Annunciai e scoppiammo entrambi a ridere.
Lo spazio per lavare era poco, così ci ritrovammo fianco contro fianco e la sensazione non mi dispiaceva.
Ogni tanto Harry si toglieva i guanti per sistemarmi una ciocca di capelli dietro le orecchie e ogni tanto si interrompeva solo per darmi un bacio mozzafiato.
“Comunque, se proprio ci tieni a sapere perché sono stata chiamata così… è perché i miei genitori sono grandi fan della marijuana.” Spiegai. “Sono nata in casa, perché mia madre ha voluto fare un parto naturale in acqua, e mio padre ha l’ha fatta fumare pochi minuti dopo la mia nascita per farla rilassare – lui era già perso da un pezzo – così hanno pensato di darmi un nome che celebrasse la loro passione per quella roba e, in quel momento, l’hanno trovata un’idea geniale.” Conclusi.
“Direi che tu, invece, non sei una grande fan di quella roba, a giudicare dal tuo tono.” Commentò Harry, risciacquando una padella che aveva richiesto parecchia fatica per tornare al suo stato originale.
“No, non ha mai fatto per me.” Dissi, scuotendo la testa. “L’ho provata – i miei genitori mi hanno sempre detto che preferivano la provassi con loro, in un ambiente sicuro, piuttosto che chissà dove con chissà chi – ma non mi piace l’effetto che fa su di me.” Aggiunsi, ricordando lo stato emotivo in cui mi ero ridotta quel giorno. Avevo pianto per tre ore consecutive perché trovavo ingiusto che le formiche dovessero trasportare briciole di pane grosse il doppio di loro e fare fatica. “Tu, invece? Secondo me ti piace.” Domandai dopo un po’, scuotendo la testa per dimenticare quel momento imbarazzante. I miei genitori non avevano smesso di prendermi in giro da quel giorno. ‘Mary Jane: la paladina delle formiche’ mi chiamavano.
“Mi piaceva quando ero più giovane. Quando andavo alle superiori fumavo ogni tanto, soprattutto con Zayn e Louis – che continuano anche adesso - ma non mi ha mai entusiasmato più di tanto.” Harry si morse il labbro e scoppiò a ridere. “Ovviamente intendo un altro Zayn e un altro Louis, non i professori.” Aggiunse, diventando rosso.
“Io non ho sentito nulla.” Risposi, unendomi alla sua risata. Sì, avrei potuto giurare che il professor Malik fumasse erba, perché sembrava perennemente rilassato e calmo, ma non l’avrei mai detto di Tomlinson. Era sempre troppo nervoso e agitato.
“Ecco, brava.” Disse lui. Ormai avevamo finito di lavare tutto e Harry aveva cominciato ad asciugare piatti e bicchieri per riporli nel loro armadietto. “Non pensavo che avrei mai visto la mia cucina così ordinata.” Aggiunse dopo un po’, guardandoti intorno.
“In questa casa manca una presenza femminile.” Scherzai e lui annuì, pensieroso.
“Grazie per l’aiuto, Mary.” Disse poi, avvicinandosi e dandomi un bacio. “Ti va di rimanere a guardare qualcosa in TV?”
“Volentieri.” Replicai, rimuovendo il grembiule e abbandonandolo sullo schienale di una delle sedie.
 
Rimanemmo sul divano per minuti, ore, non ne avevo idea. Nessuno dei due guardò un solo secondo dei programmi in TV, perché passammo tutto il tempo a parlare e a conoscerci ancora meglio. Lui mi raccontò della sua infanzia, del fatto che i suoi genitori non fossero felici della sua scelta di diventare scrittore, della sorella che voleva diventare insegnante di scienze e che condivideva con lui lo stesso senso dell’umorismo un po’ inappropriato e un po’ stupido, degli anni scolastici passati insieme a Louis, Zayn e Niall, della voglia di scappare in un posto più grande della sua città natale e della sua passione per la scrittura.
Ed io parlai a ruota libera dei miei genitori, della vita in una famiglia hippie, di tutti i viaggi e dei posti che avevo visto, della mia fatica a fare amicizia con le persone, perché dovevo sempre trasferirmi e dei pochi ricordi che avevo della città in cui ero nata.
Stavo bene con lui. Mi sembrava giusto e naturale essere al suo fianco, anche se in realtà era molto sbagliato. Nessuno poteva scoprire che avevamo una relazione o saremmo finiti nei guai entrambi.
Certo, sarebbe andata peggio se io fossi stata minorenne – lui avrebbe potuto essere arrestato – ma non mi sembrava il caso di fargli perdere il lavoro.
“Ti senti meglio?” Mi domandò improvvisamente Harry, spegnendo la TV e voltandosi verso di me.
Annuii e sul mio volto comparve un sorriso. Mi sentivo molto bene. Così bene che avrei potuto saltare e urlare di gioia.
“Harry?”
“Sì?”
Non sapevo esattamente come dire ad alta voce quello che volevo chiedergli. C’era una cosa che volevo fare da parecchio tempo, ma che non avevo mai avuto l’occasione di fare.
“Posso… posso rimanere a dormire?” Domandai, evitando il suo sguardo e fissandolo sui miei piedi. Lui rimase in silenzio per qualche secondo – un’infinità di tempo – e poi mi mise una mano sulla spalla.
“Puoi fare quello che vuoi, Mary. Mi farebbe piacere se tu restassi.”
E prima che potessi dire qualsiasi cosa, le sue labbra trovarono le mie e cominciammo a baciarci con foga e urgenza.
Harry mi sollevò dal divano e mi trasportò nella sua camera da letto. Mi faceva sentire sicura di me stessa, mi faceva sentire sexy – cosa che non avevo mai e poi mai pensato di me stessa – e stavo bene con lui. Diventavo più avventurosa e dovevo proprio ammetterlo: eravamo sessualmente compatibili al trecento percento.
 

***

 
“Credo che il tuo gatto mi odi.” Dissi il mattino successivo.
 C’era qualcosa di incredibilmente liberatorio nel cucinare la colazione indossando solo una camicia di Harry. Non che io stessi cucinando chissà cosa. Delle uova strapazzate erano tutto quello che potevo fare, perché il suo frigo era quasi vuoto.
“Oh, Dusty è un vecchio musone. Ce l’ha con il mondo, non prenderla sul personale. Gli passerà.” Replicò lui, abbracciandomi da dietro. Stava indossando solo i boxer e aveva i capelli bagnati dalla doccia che aveva appena fatto. Era bellissimo e non riuscivo a credere che fosse lì con me.
“La prossima volta gli porterò qualcosa da mangiare.” Dissi. Poi mi interruppi, perché quello che avevo detto faceva intendere che ci sarebbe stata una prossima volta. E noi non ne avevamo mai parlato. Avevo semplicemente assunto che ci sarebbe stata.
“Ama i croccantini al pollo.” Mormorò lui, baciandomi il collo e soffermandosi proprio sull’incavo. Le sue labbra rimasero ferme per qualche istante, poi cominciai a sentire una leggera pressione.
“Harry!” Esclamai, rischiando di far cadere tutto quello che avevo in mano. Lui si spostò leggermente e mi guardò. “Non sul collo, è visibile.” Dissi. Non volevo che nessuno sapesse che avevo una relazione. Certo, Laurel ne era fin troppo consapevole, tanto che non smetteva di chiedermi chi fosse il mio nuovo, misterioso ragazzo, ma non volevo che lo sapesse nessun altro.
Harry annuì e, senza dire nulla, si inginocchiò e alzò leggermente l’orlo della sua camicia. Cominciò a lasciare una scia di baci che partivano dal mio ventre fino al fianco, dove morse leggermente la mia pelle e poi cominciò ad applicare pressione con le labbra.
Dovetti concentrarmi con tutte le mie forze su quello che stavo facendo. Il mio istinto mi diceva di lasciar perdere quelle dannate uova e farle bruciare, ma per una volta decisi di dare ascolto alla mia mente e lasciai che cuocessero al punto giusto prima di spegnere il fornello.
“Hai una concentrazione invidiabile.” Disse Harry con un sorrisetto angelico. Abbassai lo sguardo per guardare il punto di pelle che scottava, quello in cui aveva lasciato un segno.
“Qualcuno deve pur pensare alla colazione. Non possiamo uscire a stomaco vuoto, no?” Replicai con finta indifferenza. Nella mia mente erano appena comparsi almeno cinque modi diversi per fargliela pagare. Gli piacevano i giochi? Aveva trovato la persona giusta. Io adoravo quel tipo di giochi.
Harry si rialzò e prese il mio viso tra le sue mani. Mi baciò lentamente e profondamente e pensai che le mie ginocchia volessero cedere. Harry Styles era sexy. Oh, lo era davvero. E lo sapeva.
“Hai proprio deciso di sprecare le tue ultime uova questa mattina, vero?” Domandai, rassegnandomi all’idea di aver cucinato per niente. Sarei passata da Starbucks prima di andare a lezione, non era assolutamente un problema. Harry annuì e sorrise, facendomi decidere di tornare nella sua camera da letto.
 

***

 
Qualcuno cominciò a sbattere disperatamente i pugni contro la porta d’ingresso e Harry si rivestì velocemente e socchiuse la porta della sua stanza.
Sentii il rumore della serratura che si apriva e poi una voce familiare.
“Harry!” L’uomo esclamò. Non potevo sbagliare, solo una persona aveva quella voce.
“Louis…” Mormorò Styles. Mi avvicinai alla porta per spiare e notai Harry passarsi una mano tra i capelli.
“Che diavolo ti è successo? Sei malato? Ho provato a chiamarti quando ho visto che non sei venuto a colazione e… hai cinque minuti per presentarti al lavoro o sarai in ritardo.” Tomlinson aveva un’espressione preoccupata. Vidi i suoi occhi saettare dal viso leggermente arrossato di Harry al pavimento, dove erano stati abbandonati i miei vestiti la sera prima. Louis rise e diede una pacca sulla spalla al suo amico. Aveva capito tutto. Sapeva che il suo amico era in ritardo perché era con una ragazza.
“Arrivo.” Replicò Harry. Riuscivo a vedere solo il suo profilo e il rossore sulle sue guance era aumentato. Il professor Tomlinson fissò gli occhi sulla porta della camera da letto e mi allontanai velocemente. Non poteva vedermi. Okay, erano amici, ma io ero comunque una studentessa di Harry e questa cosa avrebbe potuto farlo licenziare.
Vidi Louis dire qualcosa nell’orecchio all’altro ragazzo, ridacchiare e poi uscire dall’appartamento.
“Mary, devo andare in università entro cinque minuti.” Disse Harry quando tornò nella sua stanza. Annuii e cominciai a recuperare i miei vestiti.
“Non preoccuparti, io ho lezione più tardi. Vado a fare colazione, poi torno nella mia stanza e mi faccio una bella doccia.” Replicai. Poi abbassai la voce. “Riprenderemo da dove siamo stati interrotti molto presto.”
Vidi Harry deglutire e lasciai il suo appartamento per andare a fare colazione.
 

Little White Lies || [One Direction - Harry Styles]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora