Dopo il fiasco con Jasper avevo recuperato Laurel, che stava cercando di riprendersi dal fatto che Liam non l’aveva nemmeno salutata, e avevamo deciso di bere per dimenticare.
Avevo passato quasi tutto il sabato con un mal di testa lancinante e lo stomaco sottosopra e la domenica avevo incontrato Rae di mattina ed eravamo state insieme fino a sera. Avevo trovato tempo per guardare il foglietto con la traccia del professor Styles solo il lunedì pomeriggio, dopo le lezioni.
Mi ero seduta a uno dei tavolini esterni della caffetteria del campus, avevo aperto il computer e avevo sospirato. Poi avevo aperto il biglietto, su cui il professor Styles aveva scritto: “Il primo giorno di college” e basta.
Ansia. Quella era stata la prima parola a cui avevo pensato e anche la prima che avevo scritto sul foglio bianco di Word sullo schermo del computer davanti a me. E da lì ero andata avanti, cercando di non analizzare troppo quello che stavo scrivendo e di rendere il mio tema personale.
***
Era martedì pomeriggio e, dopo aver consegnato il lavoro al professor Styles durante la lezione, mi ritrovai nel suo ufficio, con la porta chiusa e le tendine mezze abbassate.
Lui stava leggendo il mio lavoro dietro la scrivania, aggrottando le sopracciglia e scrivendo qualcosa, di tanto in tanto, con la biro rossa. Io, invece, ero impegnata a guardarlo, a cercare di non pensare a tutto quello che avrei voluto fare insieme a lui, e a torturarmi le dita, perché l’attesa si stava facendo insopportabile.
“Hai passato una bella serata venerdì?” Mi chiese improvvisamente il professore, alzando lo sguardo dal foglio che stava leggendo e puntandolo su di me.
Arrossii, pensando al vestito in cui mi aveva vista nei corridoio del mio dormitorio. Se non fosse stato un professore avrei avuto la risposta perfetta da dargli, ma non era il caso, quindi mi morsi il labbro e ci pensai e basta.
Avrei passato una serata sicuramente più bella se tu fossi stato nel mio letto.
“Sì, non è andata male. È stata la mia prima festa universitaria.” Spiegai.
“Sei andata al pub del campus?” Mi domandò ancora.
“No, sono stata invitata a un party a casa dei Kappa Alpha Psi.” Replicai.
Lui annuì e fece indugiare lo sguardo sul mio viso per qualche altro secondo, prima di sorridere e tornare a concentrarsi sul mio tema.
Cos’avrei potuto dire per rompere quel silenzio imbarazzato? E probabilmente lui non stava provando le stesse cose che stavo provando io - anzi, sicuramente non le stava provando - ma io ero disperata.
Perché doveva essere così attraente ed essere il mio professore? Non poteva essere un semplice compagno di classe? O un ragazzo qualunque? No, il destino doveva avercela con me.
“Grazie per aver trovato subito il tempo per correggere il mio tema.” Borbottai, dicendo ad alta voce la prima cosa che era passata nella mia mente. Era una frase senza senso, probabilmente avevo anche dimenticato la grammatica nel dormitorio.
“Non c’è nessun problema.” Rispose lui. “A dire la verità avevo del tempo libero ed ero davvero curioso di leggere quello che hai scritto.”
“È orribile, vero?” Domandai, abbassando lo sguardo mentre attendevo la risposta. Mi ero pentita di aver consegnato quella cosa, perché non avevo nemmeno avuto il tempo di rileggerla.
“No.” Disse. “Ci sono delle ripetizioni, un paio di errori di distrazione e delle frasi che cambierei, ma in generale è molto personale e sei riuscita a esprimere quello che hai provato durante la tua prima giornata al college. Hai anche raccontato aneddoti divertenti, come quello in cui ti sei trovata nel bel mezzo di un litigio tra Presidentesse di due confraternite perché entrambe volevano che tu prendessi il loro volantino. Sei stata brava.” Aggiunse senza perdere il sorriso.
Mi aveva appena detto che ero stata brava?
“Grazie.” Risposi. “È stato imbarazzante, ma nello stesso momento divertente.” Aggiunsi, ricordando la scena.
“Mi sono sentito coinvolto, mi sembrava quasi di essere lì con te.” Disse lui. “Sono rimasto molto sorpreso, pensavo che avresti avuto bisogno di molte più tracce del genere per lasciarti andare.” Aggiunse. Sembrava quasi che mi stesse studiando e sentii un’ondata di calore avvolgermi le guance. Perché il professor Styles mi faceva quell’effetto?
“I suoi consigli sono stati davvero utili, professore.” Replicai.
“Però, per sicurezza, vorrei continuare queste sessioni private, cosa ne dici?” Mi domandò dopo qualche secondo.
Sì. Sì, Assolutamente sì! E me lo chiedi anche?
“Credo che sia una buona idea, professore. Grazie mille.”
“Ottimo, allora raggiungimi qui dietro la cattedra, così ti mostro le frasi che cambierei e il resto delle cose che vanno sistemate.”
Mi alzai dalla sedia su cui ero comodamente seduta – non era vero, non riuscivo nemmeno ad appoggiarmi allo schienale perché ero agitata – e mi sistemai di fianco al professor Styles.
Mille pensieri – novecentonovantanove e mezzo dei quali erano inappropriati – si formarono nella mia mente.
Mi abbassai leggermente per vedere meglio il foglio che aveva in mano e per leggere le note che aveva scritto in rosso ai margini.
“Qui hai ripetuto esperienza due volte in una frase.” Disse, indicando un paragrafo con l’indice.
Ero così vicina che potevo sentire il suo profumo. Il professor Styles stava indossando una camicia nera e aveva i primi due bottoni aperti, così diedi un'occhiata fugace al suo interno e notai una cosa che mi sorprese: tatuaggi. Tanti tatuaggi.
Ne vidi uno persino sulla sua mano. Una croce nera sul lato interno, appena sotto il pollice.
Scossi la testa e mi obbligai a concentrarmi su quello che stava dicendo.
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Little White Lies || [One Direction - Harry Styles]
FanfikceMary Jane Watson ha un nome che la rende il bersaglio di battutacce da parte di tutte le persone che conosce. E la gente non sa nemmeno il vero motivo per cui si chiama così (fortunatamente, perché le battute orribili potrebbero solo peggiorare)...