34. ᴊɪᴍɪɴ

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Fare ingresso all'interno della camera di Jungkook, la stessa che un tempo condivideva con suo fratello maggiore, è come ricevere una miriade di schiaffi di nostalgia e tristezza in pieno volto. E non perché mi faccia venire a galla qualche mio ricordo del passato, ma perché non posso fare a meno di immedesimarmi nei panni di Kook. I piccoli dettagli di questo luogo sarebbero capaci di straziare ogni cuore sensibile: due letti perfettamente intatti, centinaia di fotografie appese, peluche e macchinine di tutti i tipi e colori sparse nelle mensoline, letteralmente come se il tempo in questa stanza non fosse mai trascorso. Frizzato in quegli anni di felicità e puro amore familiare.
Mi duole il petto.

La sua espressione è dolorosamente contratta, in preda a quei ricordi spensierati ma ormai dolenti simili a marchi fatti a fuoco.
Cerca disperatamente di trattenere le lacrime e ingoiare il dolore per continuare a inseguire quel fottuto prototipo di forza d'animo che per ognuno di noi sarebbe difficile da mantenere. Non è facile.
Perdere qualcuno che si ama fa male, come un coltello conficcato più volte sul torace. È un vuoto incolmabile, non ci si abitua mai, una ferita che a chiudersi fa fatica ma che riesce a riaprirsi con estrema facilità.
Andare avanti è da persone forti, resilienti, ma anche subire una ricaduta lo è. Sono incidenti di percorso, come li definisco io, ma l'importante è trovare un appiglio per rialzarsi in piedi e riprendere l'equilibrio.

«Lasciati andare. Mi metterò così se non vuoi il mio sguardo puntato addosso.» mormoro, abbracciandolo fortemente da dietro per porlo in una situazione di agio. Dispongo la mia fronte contro la sua nuca, inebriandomi del suo profumo, e stringo le braccia intorno al suo ventre. Voglio curare le sue cicatrici. «Non trattenerti altrimenti sarà soltanto peggio. Con me puoi sfogarti e dire ogni cosa, lo sai.»

Una serie di rumorosi singhiozzi – dei lamenti che addolorano me che lo amo da matti e che vorrei soltanto vederlo sorridere di contentezza – abbandonano la sua gola.

«Questa stanza non smette di farmi effetto. Ogniqualvolta che vengo qui è sempre la stessa storia: i ricordi mi calpestano senza pietà alcuna e il dolore di quel giorno ritorna in me. Non lo dimentico e forse non lo dimenticherò mai.»

La sua voce si rompe in tanti pezzetti di vetro tagliente, mentre le sue lacrime continuano a fare il loro corso, inumidendomi le mani.
Se solo fossi in grado, vorrei poter alleviare la sua sofferenza, prendere un po' del suo dolore e farlo mio, ma in un certo senso è come se già lo percepissi. Mi sento in frantumi.

«Lui vivrà all'interno del tuo cuore per l'eternità.»

«Lo so però a volte mi manca da morire.» ammette, girando il suo corpo di scatto per abbracciarmi come si deve.
Si appiglia a me al fine di ritrovare la forza, la serenità momentaneamente perduta ed io nonostante tutto gli sono grato perché sta aprendo a me le porte della sua anima, ha finalmente distrutto le catene che lo avvolgevano. Inoltre, ciò dimostra quanto ci tenga a me, quanto sia grande il mio amore per lui e quanto ho da offrirgliene, ma soprattutto l'alto grado di fiducia che ha riposto in me. Non smetto di amarlo. Sempre di più. «A volte mi manca così tanto che non riesco a respirare e vorrei soltanto ritornare indietro nel tempo e impedirgli di andarsene, di ammalarsi di quella fottuta malattia che lo ha portato via dal mio fianco troppo presto.»

«Posso solamente immaginare ciò che tu stia provando adesso e mi dispiace davvero tanto.» replico, mentre accarezzo i suoi capelli più setosi della seta stessa. «Se c'è qualcosa che posso fare per aiutarti, oltre ascoltarti, abbracciarti e dirti che io ci sono, dimmelo che non esiterò a farlo.»

«Non puoi ridarmi mio fratello.»

Come si può colmare un simile vuoto? Come si riparano i cocci rotti? Bisognerebbe inventare una rimedio efficace e veloce.

𝑷𝒉𝒐𝒆𝒏𝒊𝒙 | 국민Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora