14. ᴊᴜɴɢᴋᴏᴏᴋ

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Non era mia intenzione ferirlo, ma molto spesso l'esser schietti e limpidi con le altre persone viene frainteso. Molto probabilmente non è stato corretto il modo e tantomeno il tono che ho usato, me ne rendo conto, ma ho soltanto detto la verità e se lui non vuole ascoltarla, beh che se ne vada a quel paese. Io non posso fare altro.

Non potevo lasciare che mi baciasse perché se ne sarebbe pentito amaramente, perché i suoi sentimenti sarebbero potuti riaffiorare, perché ne avrebbe sofferto ed io, come ho specificato anche a lui, non voglio vivere con il senso di colpa.
Mi dispiace che debba andare così, mi dispiace tanto per lui, ma non sono io a decidere chi amare. Non posso obbligare me stesso ad amare qualcuno.
Cupido purtroppo non ha scoccato la freccia verso di me, mi ha letteralmente schivato come se di peste bubbonica fossi infetto.

Preferirei restare da solo fino alla mia morte che accondiscendere ad un amore che non provo, che non sento minimamente e che non credo proverò mai perché non sono attratto dai ragazzi, non lo sono mai stato e non penso che lui sarà magicamente l'eccezione.

Gli voglio un gran bene – è proprio impossibile non volergliene – se devo dirla tutta ed è per tale motivo che lo vedo solamente come un amico, come un fratello minore al quale dare consigli e stare attento, ma nulla di più al di là di questo. È così.

Ricordo ancora il giorno in cui mi confessò di essersi innamorato di me. Avevo appena preso la pergamena del diploma e lui venne da me. Mi fece gli auguri ed io feci la stessa cosa, poi mi chiese se potevamo parlare. Ricordo il suo nervosismo, le sue adorabili guance arrossate e le sue mani che si muovevano ininterrottamente in ogni direzione.

«Ho qualcosa da confessarti»

Io, da una parte, me lo aspettavo perché gli sguardi e i sorrisi che mi lanciava non passavano di certo inosservati. Io lo notavo, ma facevo finta di niente, li ignoravo, perché volevo fargli capire che non avevo alcun interesse nei suoi confronti, e anche perché non stavo passando un bel momento in casa.

Di amore e innamoramenti non ne volevo proprio sentire parlare perché, ahimè, sono cresciuto con una visione dell'amore completamente distorta e angosciante. Non so cosa sia.

«Dimmi»

«Io so che non sarebbe dovuto succedere, ma è successo e non posso evitarlo. Scusami, ma mi sono innamorato di te»

«Perché ti sei innamorato di me, sapendo di non avere alcuna chance? Mi dispiace, ma il tuo sentimento non è ricambiato. Buona vita»

Mi arrabbiai talmente tanto, senza un motivo preciso, che me ne andai e per giunta mi finsi sordo. Il mio udito captò le sue lacrime, il suo triste pianto, ma proseguii comunque per la mia strada perché dal quel giorno in poi niente sarebbe stato più uguale a prima.
Successero vari episodi tristi nella mia vita e l'unica cosa che feci fu scappare, scappare dalla mia città natale, da quello che rimaneva della mia famiglia perché sentivo le mie mani legate e un fastidioso ramo di spine intorno al collo. Legato così stretto da avere la vista annebbiati e lo stomaco sottosopra. Soffocavo. Mi mancava l'aria. Soffrivo di claustrofobia. Non ce la facevo più.
Un giorno presi la mia roba, comprai un biglietto qualsiasi del treno e partii immediatamente per Seoul.

Al mio arrivo, la mia esistenza diede un giro di trecentosessanta gradi. Cambiò totalmente, e cambiai io in primis. Fu un toccasana.

A volte bisogna soltanto cambiare aria e ritrovare se stessi, il proprio io, le proprie passioni. Io ho fatto pace con me stesso, io ci sono riuscito, ma pare che Jimin non ne sia ancora capace. Vorrei poter fare qualcosa per lui, ma che posso fare se c'è di mezzo l'amore? Dovrebbero scrivere un manuale su questo sentimento così da consultarlo quando intoppiamo in questo.

𝑷𝒉𝒐𝒆𝒏𝒊𝒙 | 국민Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora