3. ᴊɪᴍɪɴ

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Non so da quanto tempo è che sono dentro questa meravigliosa vasca, ma non ho ancora intenzione di uscire. È così maledettamente comoda e rilassante che se mi chiedessero di restarci, ci resterei volentieri, anche se probabilmente finirei per morire affogato o per ipotermia, ma questi sono piccoli dettagli insignificanti.

Dopo aver mangiato, riso e parlato di sciocchezze insieme agli altri coinquilini e ordinato naturalmente le mie cose in camera, sono corso in bagno soltanto per potermi tuffare in questa delizia schiumosa e profumata.

Mantengo i miei occhi socchiusi, proprio per godermi meglio questo momento di assoluta pace e rilassanm, e nel frattempo canticchio una canzone, scandendo il suo tempo con le mie dita che schiocco o picchetto velocemente sul bordo in marmo.

Ma tutto ha una fine, anche gli istanti più belli giungono al loro termine.

Improvvisamente qualcosa, o meglio qualcuno, interrompe il mio momento.
La porta viene spalancata e poi richiusa duramente. I miei occhi si aprono alla velocità della luce e penso alla chiave, alla maledettissima chiave che ho dimenticato di usare. La fortuna non è mai dalla mia parte ed è un dato di fatto.

«Cazzo»

Quel qualcuno impreca, come se si stesse liberando di un grande peso morto di dosso. Sta orinando, sta fottutamente orinando, e non mi ha neanche chiesto scusa per essere entrato senza permesso. Semplicemente imbarazzante, ma non starò zitto.

«Che diavolo fai? Ma ti sembra normale entrate senza neanche bussare?» esclamo, voltandomi nella sua direzione, ma non è nessuno dei coinquilini che ho conosciuto.

Un ragazzo vestito interamente di nero, più nero del mio umore attuale, dagli anfibi sino alla maglia a manica corta, appare difronte ai miei occhi che, come al solito, scrutano tutto nei minimi dettagli. Squadro il suo fisico e devo ammettere che non è niente male. È messo bene, dannazione. Spalle larghe, petto fornito e gambe muscolose da far invidia.

Ha un tatuaggio sul dorso della mano, con la quale sistema sfacciatamente la zip del suo pantalone, come se io fossi invisibile e non sentisse il mio sguardo su di lui. Poi mi soffermo sul suo volto ed è lì, proprio in quell'istante, che non posso fare a meno di associarlo ad un ragazzo che ho già conosciuto in passato. Ritorno indietro nel tempo, con la mia mente, precisamente ai miei ricordi legati alle superiori, alla mia prima cotta e a colui che mi fece scoprire la mia attrazione verso il sesso maschile.
Non posso fare a meno di ricordare quando decisi di dichiararmi a lui, per poi venire rifiutato con un no categorico.
D'altronde non avevo chissà quali aspettative.

Che potevo pretendere dal ragazzo popolare e super etero della scuola che aveva centinaia di ragazze ai suoi piedi?

Non ci posso credere.

È davvero lui? Quel ragazzo.

«Vedo che la sbandata per me non è ancora passata...» la sua voce più calda e matura risuona nelle mie orecchie, come quel no che mi diede. Tuttavia mi ricorda come io ricordo lui «Pinky»

Bastardo.

Furono i miei compagni del liceo a darmi questo soprannome ed io lo odiavo con tutto me stesso. Mi schernivano per via delle dimensioni delle mie mani, ma soprattutto per la forma del mio mignolino, corto e grassoccio.

Ho vissuto un periodo della mi vita in cui, a causa loro, detestavo enormemente le mie mani e tentavo in tutti i modi di nasconderle, sotto felpe e maglie larghe, ma poi un giorno mi sono reso conto che gli unici idioti erano loro e che non dovevo coprire proprio nulla. Da quel momento in poi, iniziai a sfoggiarle, a curarle e ad arricchirle con anelli. Cosa che faccio tutt'ora.

Dei giudizi bisogna altamente fregarsene perché sono unicamente parole al vento.

«Hai sempre creduto di essere il centro dell'universo, ma dovresti scendere dal piedistallo perché non sei più il ragazzo popolare che veniva acclamato da tutti» il suo sorriso aumenta, divenendo beffardo. Lo odio da morire, anche se una volta era follemente innamorato di quel sorriso «La sbandata è passata, sta tranquillo. Ho standard più alti adesso»

Le mie parole non lo destabilizzano minimamente. Cammina verso di me, mentre continua a sorridere ed io non posso far altro che maledermi per non aver chiuso la porta a chiave e per non essere uscito prima dal bagno. Lo avrei incontrato ugualmente, ma almeno avrei avuto dei vestiti addosso e non così. Mi sento così esposto.

Un lapsus improvviso colpisce il mio cervello e per un secondo interminabile, mi sembra di rivederlo con indosso la divisa della scuola, mentre percorre audacemente il corridoio. Più lo osservavo e più mi innamoravo, come soltanto uno sciocco può fare, ma è passato.

Passato.

Sostengo il suo sguardo seriamente, ma poi qualcosa pone in allerta tutti i miei sensi. La sua mano si immerge nell'acqua saponata per poi adagiarsi sulla mia coscia. È così vicino alla mia intimità che percepisco immediatamente l'eccitazione accumularsi in quel stesso punto. Che diavolo sta facendo?

«Ti eccito ancora»

Odio i suoi occhi,
e il modo in cui mi guarda.

«Non sei l'unico che ci riesce, Jeon» rispondo con sfida e lui si limita a sbattermi in faccia un'altra risata. Brutalmente fastidioso «Non eri cento per cento etero? Come vedi non ho una vagina, ma un pene»

«Già, è un vero e proprio peccato» sospira, falsamente affranto «Una sveltina dentro la vasca sarebbe stata allettante, ma purtroppo, lo hai detto anche tu, non sei in possesso di una vagina»

Quel peso scottante sparisce dalla mia gamba ed ora mi sento soltanto avvampare. Dovrei esserci abituato alla sua insolenza perché anche alle superiori assumeva questi atteggiamenti. Non possedeva un briciolo di pudore.

Ricordo ancora quella volta in cui mi ritrovai ad origliare, in corridoio, una sua conversazione piuttosto piccante con una mia compagna di classe. Se ci ripenso, mi viene la pelle d'oca.

Eppure io ero innamorato di lui, tanto innamorato, nonostante questo suo modo di essere.

«Puoi andare via?» chiedo un po' impaziente «Devo uscire e cambiarmi»

«Non vuoi che veda il tuo pene eretto a causa mia?»

Pare che non abbia rimedio la sua sfacciataggine. Non esiste cura.

La mia espressione muta in una smorfia stizzita, ma con estrema nonchalance mi alzo in piedi. I suoi occhi percorrono lentamente la mia totale nudità, incenerendomi di passo.

Tanto bello quanto idiota.

«Ore che lo hai visto, sei contento? O vuoi un premio per avermi fatto eccitare?»

Quello che più mi fa impazzire è la sua faccia da poker. Il non avere la benché minima idea di cosa stia provando o pensando mi infastidisce oltremodo.
E poi, non comprendo perché sia ancora qui e perché continui a fissarmi un silenzio.

Stufo del suo strano comportamento, esco dalla vasca e avvolgo il mio corpo nell'accappatoio, coprendomi anche il capo con il cappuccio.

«Quindi... Sei tu il nuovo coinquilino di cui ci parlava il proprietario» ragiona, dopo qualche altro minuto.

«Beh, sì»

«Ci divertiremo, ne sono sicuro»

Che? Come dovrei interpretare questa sottospecie di frase apparentemente innocua?

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𝑷𝒉𝒐𝒆𝒏𝒊𝒙 | 국민Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora