Taehyung attraversò la strada prima di una grande macchinona argentata. Avrebbe potuto aspettare qualche secondo, e avrebbe avuto la strada tutta per sè, ma il brivido di correre da un lato all'altro era troppo.
Il luogo dove si trovava la fermata del pullman era davvero poco convenzionale: non era altro che una piccola rientranza con una panchina di pietra che un tempo doveva essere stata bianca.
Ora, vuoi per il tempo, vuoi per lo smog, risultava di un grigio smorto.Oltre, si apriva il bosco.
Tae si sedette sulla panchina, le spalle verso l'oscurità. Tolse lo zaino e lo appoggiò a terra, accanto a sè. Lo aprì e ci tirò fuori la sua eos 650, datata 1987.
Aveva un milione di foto del suo paese, ma anche stavolta puntò la macchina fotografica a destra, dove il cielo aveva uno strano colorito giallo di alba.
Spostò la macchina appena, verso il luogo in cui la strada svoltava bruscamente a destra, sparendo dietro la curva di ciliegi non ancora fioriti e scattò la prima foto. Era venuta bene. Poi si voltò, puntandola a sinistra.
Di lì, nei giorni in cui il cielo era sereno si riusciva ad intravedere un piccolo pezzettino di mare che faceva un po' un tutt'uno con il cielo.
Stavolta però l'obiettivo della macchina non mostrava che nero. Tae allontanò dagli occhi l'aggeggio. Era tornato normale.
Alzò gli occhi per capire cosa avesse bloccato la sua visuale.
Tae divenne color peperone: ciò che i suoi occhi avevano incontrato era un giubbotto nero con il logo di una paperella, e dentro il giubbotto, c'era un ragazzo che lo guardava un misto tra stupito e incuriosito, ma con un mezzo sorrisetto divertito.
Tae arrossì ancora di più. "Scusami..." e nascose il viso nel colletto peloso del suo cappotto.
Se Tae l'avesse visto, il volto del ragazzo si era aperto in un sorriso simpatico: "Ma figurati!"
Tae annuì appena, poi prese il suo zaino e si spostò a destra sulla panchina, lasciando il posto libero a sinistra perchè il ragazzo si sedesse.
Invero, il posto libero avrebbe potuto ospitare anche tre persone: Tae voleva mettere più spazio possibile tra lui e il nuovo arrivato, o il ragazzo, nel silenzio degli alberi, avrebbe sentito il suo cuore impazzire.
Per questo rimase leggermente stupito quando sentì la spalla del ragazzo premere contro la sua. Doveva proprio appiccicarsi a lui?
Tae era sempre stato molto timido sin da piccolo, ed era sempre bastato poco a farlo imbarazzare ed arrossire dietro gli occhiali a goccia, come quando al terzo anno una ragazza del suo corso di inglese gli aveva sorriso per chiedergli di copiare i suoi compiti. Lui era diventato un peperone.
Ma la situazione era, se possibile, molto, molto peggiore soprattutto quando si parlava di estranei: se per una persona normale era difficile, per lui era anche peggio.
Sorridere, parlare, fare una buona impressione, fare colpo.
Nah, non erano cose che facevano per lui, che piuttosto avrebbe passato ore a scattare foto alla sua amata natura e ai suoi paesaggi. I soggetti umani non erano il suo forte.
Questo è il motivo per cui per lui non poteva essere accettabile stare appiccicato ad uno sconosciuto.
Tae lo guardò con la coda dell'occhio. Non lo aveva mai visto prima, e certo, non in quella zona.
Il ragazzo aveva dei capelli corvini tagliati piuttosto corti, ma pur sempre abbastanza lunghi perché potessero arricciarglisi alle punte. Aveva una pelle candida e quasi completamente priva di imperfezioni.

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Save me : Taekook
Teen Fiction"Ci hai messo un po'..." Jungkook cercava di riprendere fiato: "Per quanto io possa fare tardi, arriverò sempre."