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«"Oh, chi fa il pirata ne può gongola-lar: non c'è una vita migliore. Ma godila in fretta, giacché per disdetta, non campa mai molto il corsar!"» la mano buona di Uncino si mosse velocemente: afferrò la pistola e sparò al pirata seduto sul bordo della nave, terminando così lo spettacolo. Jane sobbalzò spaventata, ma cercò di nasconderlo.

«Suvvia, capitano: non si disturba un cantante durante il suo concerto.» rispose Spugna, seguendo passo per passo uncino. Jane rise sotto i baffi, ricevendo un'occhiataccia da Uncino.

Il capitano salì le scale che portavano alla sua cabina e spinse la porta, fermandosi sulla soglia. la ragazza lo guardò confusa.

«Dopo di voi, mademoiselle.» le disse, indicando la stanza con l'uncino. Jane deglutì ed entrò nella cabina del capitano. «Prego, accomodati.» Uncino la superò, andando verso la propria scrivania e prendendo posto. Spugna chiuse la porta, poi si avvicinò all'ospite e la spinse dolcemente su una sedia di pelle. In pochissimo tempo, la scrivania del capitano fu apparecchiata, diventando così un vero e proprio tavolo per i pasti.

«Moscato, signorina?» le chiese Spugna con una caraffa in mano. Jane scosse la testa. «Allora, rum?» uncino sbuffò, pronto a rimproverare il suo uomo, ma la ragazza parlò per prima.

«Solo...un pochino.» disse, timidamente. Il capitano sorrise, lasciando uscire un leggero "oh" dalle proprie labbra.

«Sei una buona intenditrice, vedo.» le disse il pirata, facendola arrossire. spugna portò due calici, pieni fino all'orlo di rum e, in men che non si dica, uncino afferrò il proprio.

Jane prese il suo calice timidamente e lo portò alle labbra, bevendone un sorso.

«É molto diverso da quello che avevo provato...» disse, sorridendo leggermente.

«É naturale, mia cara.» il pirata bevve tutto il rum in un sorso poi chiamò spugna per farsi riempire di nuovo il calice. «deduco che sia arrivato il momento delle spiegazioni.» Il capitano si alzò dalla propria sedia e portò le mani dietro la schiena. «Quanto ne sai su Peter Pan, mia cara?»

«Pensavo fosse solo una fiaba, poi mi avete rapita e portata qui, perciò adesso non so più a cosa credere.» rispose Jane guardandolo in quegli occhi blu come "non ti scordar di me".

«Peter Pan era un bambino viziato: aveva deciso di non crescere più, perciò l'isola che non c'è divenne la sua casa. All'epoca avevo appena sconfitto barbanera ed ero diventato capitano del mio meraviglioso vascello: il Jolly Roger. Pan si divertiva a prendersi gioco di me, insieme a quella fatina, Trilli. Con il passare del tempo, reclutò altri mocciosi come lui, i noti "Bimbi Sperduti" e, per mostrare loro la propria grandezza, in un combattimento mi tagliò la mano, gettandola in pasto a un coccodrillo.» Uncino faceva avanti e indietro per la cabina. «La bestia ha gradito a tal punto che d'allora mi insegue, cercando di avere il resto.» Il capitano sospirò. «razie a Lucifero ha inghiottito una sveglia: se non fosse per il ticchettio, mi avrebbe già divorato.»

«La storia che mi ha raccontato mia madre è diversa.» disse Jane a un tratto. «Nella sua storia, il coccodrillo finisce per mangiarvi, sotto gli occhi della vostra ciurma e dei bimbi sperduti.»

«Vecchio, solo, defunto.» Jane spalancò gli occhi, trovando quella canzoncina piuttosto familiare. «Quegli stupidi mocciosi iniziarono a cantare questa cantilena durante la mia quasi fine. Fortunatamente, sono riuscito a sopravvivere e a riprendermi il controllo della mia nave.»

«Sto sognando, non è così?» Uncino la guardò stupito.

«Sognando? No, mia cara. Ahimè, anch'io vorrei che tutto ciò fosse un brutto sogno, ma sfortunatamente non lo è.» Il capitano si avvicinò alla finestra della sua cabina e guardò fuori. «Nelle storie sono sempre io il cattivo: il malvagio Capitano Giacomo Uncino! Peter Pan invece è un angelo, vero? Mi ha tagliato la mano e mi ha rinchiuso in questa maledetta isola, ma per i bambini resterà sempre l'eroe della situazione.» Ci fu un attimo di silenzio, poi il capitano si avvicinò a Jane. «Ma tu, mia cara, sarai la mia ancora: grazie a te, potrò finalmente lasciare l'isola!»

«Grazie a...me?» Jane era più che confusa.

«Certo, mia cara. Vedi, alla tua nascita, tuo padre ha trasferito tutti i suoi poteri su di te. scommetto che sai anche volare, non è così?»

«Cosa? Mio padre? Poteri? Volare, io?»

JANE PAN: LA FIGLIA DI PETER PANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora