Capitolo 1 - Angeli custodi

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Già nel momento in cui chiede loro di guidare verso il mare, i due uomini pensano che abbia perso il senno. Ma che ci fa il Presidente a Ostia a quell'ora della notte, con quella donna?

Ma il loro compito è obbedire, non fare domande, e hanno obbedito.

L'uomo seduto dal lato del passeggero non muove un muscolo, il contrarsi ritmico della sua mandibola fa chiaramente capire quanto sia contrariato, ma d'altronde, gli ordini sono ordini.

Arrivati al mare, agli uomini viene dato il benservito senza mezzi termini.

"Ma, Presidente..."

Lo guardano, lo stupore per la richiesta così inconsueta da parere folle dipinta sul volto di entrambi.

A parlare è quello scuro di capelli, l'altro, i riccioli biondi scuro che riflettono la luce dei fari ancora accesi, non dice nulla ma si vede che la faccenda non piace nemmeno a lui.

Il Presidente non accenna a cedere.

"Siamo in mezzo al nulla, Loi, è mezzanotte e nessuno sa che siamo qui. Cosa pensa potrebbe succedermi?"

Alza lo sguardo scuro e determinato, si rivolge anche all'altro suo agente e indica col mento la seconda auto che attende poco lontano con altri due uomini a bordo.

"Andate a prendervi un caffè, vi chiamo io".

Accenna a voltarsi per raggiungere la donna che lo aspetta a qualche passo, i lunghi capelli scuri appena mossi dalla brezza che sale dal mare, ma la voce di Loi lo richiama.

"Va bene Presidente, come desidera. E, Presidente... mi raccomando..."

Il Presidente accenna un sorriso. "Non si preoccupi Loi", lo rassicura. "So quel che faccio".

Lo guardano tendere la mano alla sua compagna e allontanarsi con lei a passi lenti, sprofondando appena nella rena scura.

Si guardano, Loi e De Santis, poi entrambi scuotono la testa. Si conoscono così bene da comprendersi senza parlare: hanno appena lasciato che il Presidente del Consiglio, l'uomo che dovrebbero proteggere a costo della loro vita, si allontanasse nella notte in compagnia di una donna che conosce da pochi giorni e di cui loro, la sicurezza del Presidente, non sanno nulla, nemmeno il nome.

"Porca puttana, Mauro" bofonchia De Santis mentre si avvicina alla macchina in cui gli altri due agenti di scorta aspettano di sapere che fare, "Porca puttana, che cazzo di casino..."

Mauro ricambia lo sguardo e serra le labbra, emettendo un piccolo sospiro a conferma che quella situazione non piace nemmeno a lui, si è persino lasciato prendere la mano e ha raccomandato al Presidente di fare attenzione, ma nessuno di loro due può fare nulla, gli ordini sono ordini e loro possono solo eseguirli.

Continuando a maledire mentalmente le fregole del Presidente del Consiglio, De Santis si avvicina ai colleghi. Ricci, alla guida, lo interroga con lo sguardo, prima ancora di parlare.

"E quindi?"

Gli risponde con un cenno di impotenza con la testa poi batte forte col palmo sulla carrozzeria, il gesto sicuro che fa sempre per indicare che è tutto a posto e che si può andare, che è tutto sotto controllo. Solo che stavolta non c'è niente che sia a posto, men che meno sotto controllo. Ma la situazione è talmente inverosimile che nessuno di loro può farci niente.

"Quindi niente", risponde. "Li lasciamo qui e andiamo a farci un giro".

Si allontana, prima che Claudio possa ribattere e sale sulla macchina dove Mauro è già seduto , la cintura allacciata e le mani sul volante, contratte per il nervosismo. Intuisce che sta per voltarsi e anticipa le sue parole. "Non dirmi niente, che lo so da solo. Potrebbe essere la cazzata che ci costa la carriera".

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