Capitolo 11 - Il giorno dei giorni

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Roma, settembre 2018

Il Presidente è di cattivo umore. Lo hanno capito quando lo hanno visto uscire di casa: in genere ha sempre molta cura nel trattenere il portoncino che, essendo blindato, è pesante e se sbatte fa un fracasso notevole. Quel mattino invece lo aveva lasciato andare senza alcun riguardo, anzi era parso quasi lo avesse agevolato nella sua corsa e nel suo richiudersi rumoroso.

Li aveva salutati con espressione accigliata e la ruga di disapprovazione che gli solcava la fronte si era accentuata quando gli era squillato il cellulare, qualche tempo dopo.

Aveva risposto, era rimasto ad ascoltare per qualche istante poi aveva parlato con un tono adirato che raramente gli avevano sentito "Se qualche volta tu mi ascoltassi, quando parlo, avresti capito: non lo so a che ora torno, non ne ho la minima idea. E dell'altra cosa, di tutti i tuoi motivi, non me ne frega un cazzo. Sono stato chiaro?"

Aveva chiuso la comunicazione e messo via il telefono imprecando ancora tra sé e sé per qualche istante, poi aveva continuato a guardare ostinatamente fuori dal finestrino, altra cosa inusuale, per lui che di solito qualche parola con loro le scambiava sempre. E anche ora che sono arrivati il suo umore è tutt'altro che sereno: mentre si guarda intorno conserva l'espressione torva e scocciata di chi vorrebbe essere da tutt'altra parte.

"Che bel posto, eh, De Santis?" la sua innata predisposizione alla cortesia lo obbliga a fare almeno un minimo di conversazione. Giancarlo annuisce ma non fa in tempo a rispondere che lui conclude il discorso. "Peccato dover stare rinchiuso lì dentro a sentire chissà quante ore di puttanate. Lo avessero almeno organizzato all'aperto..."

In effetti ha ragione. Il resort, bellissimo, nella zona dei Castelli, offre un panorama idilliaco, reso ancora più piacevole dal clima di settembre.

Il malumore del Presidente persiste: qualsiasi cosa sia successa prima che uscisse di casa si somma alla marcata antipatia che nutre per il dirigente della Confederazione che ha organizzato l'evento, antipatia che non si è mai curato di nascondere e che appare evidente anche durante l'intervento con cui apre formalmente i lavori, decisamente meno brillante del solito.

De Santis si è appena convinto che sarà una di quelle giornate facili, in cui torneranno a casa nei tempi prestabiliti e che non ci saranno intoppi di alcun genere quando all'improvviso cambia tutto.

La discriminante è l'intervento dell'assistente del Dottor Paloinculo - lui e i ragazzi lo chiamano così e mai nomignolo gli è parso più azzeccato - che ha preso posto al leggio per illustrare nel dettaglio la tempistica dei lavori.

Nel vederla il Presidente inclina la testa e assottiglia lo sguardo, poi cambia postura e si sistema la cravatta, lisciandosela più volte.

La signorina, incurante di ciò che ha appena provocato, interpreta quei movimenti come interesse per ciò che sta dicendo e gli sorride. Ha un bel viso, delicato e armonioso e lunghi capelli rossi, stretti in un'acconciatura severa. Anche l'abbigliamento è rigoroso, commisurato al ruolo che ricopre, ma non basta a nascondere un corpo sinuoso e ben proporzionato. Il Presidente si morde il labbro e inarca un sopracciglio, poi accavalla le gambe e inchioda lo sguardo alla donna che sta parlando.

Giancarlo sorride tra sé e sé e si porta l'auricolare alle labbra.

"Huston abbiamo un problema." Sente immediatamente il gracchiare degli altri microfoni collegarsi. "È in caccia, state pronti", sussurra.

Fa in tempo a vedere Loi scuotere la testa e sorridere che gli arrivano i commenti degli altri due, rimasti fuori dalla sala

"Eccheccazzo! Di nuovo! E anche stasera si torna a casa domani!"

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