Capitolo BONUS n.2 - Tutti gli uomini del Presidente

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Perdonateci, se ancora non siamo in grado di riprendere le fila della storia.

Ci abbiamo provato ma ci siamo rese conto che c'era qualcosa che dovevamo assolutamente fare prima: salutare.

Dovevamo accomiatarci dal Presidente, quello vero, che ci ha ispirato in tutti questi mesi, e dovevamo farlo a modo nostro, così abbiamo immaginato i "suoi" uomini, e i loro pensieri, nei minuti successivi a quell'ultimo viaggio da Palazzo Chigi a casa.

Grazie a chi ancora avrà la pazienza di attenderci: non manca molto, ce la stiamo mettendo tutta.

A voi un "a presto".

Al Presidente un caloroso arrivederci e un immenso grazie.

Mistress&Monic

***


Roma, 13 febbraio 2021

La porta si chiude con un tonfo sordo, pesante.

La via sembra improvvisamente vuota, benché il rumore del traffico sia onnipresente e fastidioso, una cacofonia sgraziata di clacson, e accelerate rabbiose che si susseguono senza posa.

Lo hanno accompagnato a casa, tutti insieme, come tante altre volte, ma questa volta è diversa da tutte le altre.

I quattro uomini si guardano, spaesati forse per la prima volta da quando si conoscono. Il loro compito è finito e non solo per il pomeriggio. Hanno il resto della giornata libera, ma stranamente non ne sono entusiasti. Come sempre a prendere l'iniziativa è De Santis: inforca gli occhiali scuri anche se la giornata plumbea non ne richiederebbe l'uso e li supera a grandi falcate. "Birretta?", chiede mentre già sta aprendo lo sportello dell'auto.

È un segnale, per loro, che in genere coincide con un momento lieto e giocoso, quando possono lasciarsi andare, essere anche un po' cazzoni, prendersi in giro tra loro e perculare il Presidente.

Ma oggi no.

Raggiungono il loro solito bar e prendono posto al solito tavolo. Ordinano le solite birre, ma il solito buon umore proprio non c'è.

Rimangono a fissare le bottigliette, poi, di nuovo, è De Santis a rompere il ghiaccio.

"Cazzo, io una roba così non l'avevo mai vista."

Gli altri scuotono la testa, gli occhi fissi sulle bottiglie. "Mai, cazzo, mai", conferma Ricci. "Manco in televisione..."

Il pensiero di tutti va a quelle note, così solenni, al passo deciso di lui che aveva percorso il tappeto rosso senza esitare, apparentemente sereno malgrado tutto ciò che aveva passato, alla sua espressione imperturbabile che si era sgretolata e sciolta in un sorriso commosso quando le finestre del grande palazzo si erano spalancate e un numero incredibile di persone si era affacciato ed aveva iniziato ad applaudire.

"Mi son venuti i brividi", interviene Loi, scuotendo un poco la testa, le dita affusolate che fanno ruotare piano il bicchiere sul piano lucido del tavolo.

"Anche a me", conferma De Santis, lasciando uscire un lungo sospiro.

Avevano applaudito anche loro, tutti. E avevano sentito un groppo in gola, difficile da mandare giù.

A un certo punto il Presidente si era voltato verso la compagna, cercandola e richiedendone la presenza confortante accanto a sé, allacciando la mano di lei nella propria mentre percorrevano il grande ingresso verso Piazza Colonna, dove le auto li attendevano. E durante il tragitto verso casa quelle mani non si sono lasciate un attimo, insieme ai loro sguardi.

"Certo però che una porcata come questa non se la meritava, il Presidente".

"No, Andrea, non se la meritava davvero", risponde De Santis.

"In tutti questi mesi, cazzo, si è fatto il culo come una capanna. Quando i morti li portava via l'esercito, a fare le notti a Chigi c'era lui, mica quell'altro testa di ca-"

"Claudio...", lo ammonisce Giancarlo.

"Eh , Gianca', mi fa incazzare, non la sopporto questa cosa! Lui si è fatto il culo per farci dare i soldi e poi se li spendono gli altri. Non è giusto!"

"No, non è giusto", ammette Giancarlo, "ma noi non siamo pagati per stabilire quello che è giusto e quello che non lo è. Il nostro compito è proteggere le persone a cui veniamo assegnati", alza impercettibilmente il tono di voce, vedendo lo sguardo di Ricci farsi cupo. "...e quindi, da domani se ci assegneranno al nuovo Presidente tu farai il tuo dovere, al massimo delle tue potenzialità. Chiaro?"

Ricci sbatte la bottiglietta con un gesto tutt'altro che rassegnato. "Col cazzo, Gianc..."

"Dite che stanno già scopando? Eh? Secondo me l'ha sbattuta contro la porta, appena sono entrati in casa".

L'uscita di Fumagalli, apparentemente così inopportuna e scollegata, lascia tutti interdetti.

Poi Ricci sbuffa piano dalle labbra, riafferra la bottiglietta e la sbatte piano contro quella del collega. "Ma vaffanculo, Andrea, che coglione che sei..."

Anche Giancarlo si rilassa, smette il cipiglio severo che aveva indossato e fa un mezzo sorriso, avvicinandosi la bottiglia alle labbra "Non lo so, ma francamente spero proprio di sì!" ride, ora, una risata fraterna e sincera, "che trombi come un riccio alla faccia di quella mummia palo in culo!"

"Io invece spero di no." Loi parla per la prima volta, da quando sono seduti ma, come spesso accade, quando parla lui gli altri tacciono tutti. "Io spero che si siano seduti insieme su quella bella poltrona che hanno davanti alla portafinestra e che lei lo stia abbracciando", il tono gli si abbassa e si arricchisce di una nota dolente, "che gli tenga la testa stretta al seno, e gli accarezzi i capelli. Che lui possa rimanere lì, con gli occhi chiusi, in silenzio, per tutto il tempo che vorrà..."

Passano parecchi minuti prima che ciascuno di loro possa parlare, senza far trapelare ciò che le parole di Mauro hanno provocato dentro ai loro cuori. Quanto si sono augurati che potesse davvero essere così, che il Presidente, colui che per loro sarebbe rimasto comunque tale, potesse davvero vivere quel momento di pace e calore che si meritava più di chiunque altro.

Poi di nuovo è Fumagalli a riportarli a galla, al loro consueto modo di approcciare la vita.

"Va beh, dai ragazzi... ma ve la ricordate quella volta..."


Au revoir, Presidente.

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