Capitolo 3 - Stelle di vetro

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Bruxelles, 19 luglio 2020

"Monica, non lo so quando torniamo, non dipende né da noi né tantomeno dal Presidente.

Ho capito che ti ho detto che dovevamo stare fuori tre giorni, i lavori si stanno prolungando, cosa vuoi che faccia? Vado dalla von der Leyen e le dico di darci un taglio che mia moglie si è rotta le scatole?"

De Santis solleva gli occhi al cielo, tentando di non assumere un tono di voce ancora più tagliente di quanto non sia già.

"Va bene, dai, ci sentiamo dopo Monica. Va bene. Ciao".

Lo sguardo che Giancarlo rivolge ai collaboratori tronca sul nascere ogni battuta. Sono seduti in macchina a non fare niente. I leader europei sono blindati da giorni alla ricerca di un accordo per quanto riguarda la distribuzione dei fondi per la ricostruzione, e soprattutto il Presidente è al centro di complicate trattative e mediazioni, assumendo un ruolo di primo piano. Ogni tanto scende da loro a fare due chiacchiere, come dice lui "a fumare una sigaretta", anche se nessuno fuma. Tabacco, quantomeno, ma questo non è un argomento di cui parlare col Presidente.

Con tutti i leader all'interno del Palazzo, controllati direttamente dalla sicurezza di Bruxelles, le ore morte abbondano, ma devono comunque rimanere a disposizione.

"Claudio, accendi un po' la radio va'", è Fumagalli a parlare. Il collega esegue, ma è un susseguirsi di programmi in lingua francese o di musica techno che a quell'ora della mattina, "e senza neanche una pasticca", come dice saggiamente Fumagalli, non è certo il massimo.

"Guarda se trovi una radio italiana", dice Giancarlo.

"Certo, è una radio digitale questa. De Santis, sei fermo alla modulazione di frequenza, sei vecchio!", gli risponde Claudio, facendoli ridere tutti e provocando uno sbuffo del superiore.

"Buongiorno dal Giornale Radio Rai".

"Lascia un attimo", dice De Santis.

"Oggi ricorre il ventottesimo anniversario della strage di via D'Amelio, nel quale persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta..."

"Io non ero ancora nato", dice Ricci, "sono nato a dicembre del '92".

"Io avevo un paio d'anni, sono del '90, l'anno dei mondiali. Po po po po po po poooo".

"L'asilo infantile proprio...", dice Giancarlo. Mauro guarda davanti a sé, in silenzio.

"...nell'attentato perse la vita anche Emanuela Loi, la prima donna a essere inserita in un servizio di scorta. La giovane agente, solo venticinque anni, era originaria di Sestu, in provincia di Cagliari..."

"Loi, ma è mica parente tua? Non è il tuo paese?", Fumagalli si sporge verso il sedile anteriore dove è seduto il suo collega.

Rimangono tutti in silenzio, girandosi istintivamente verso di lui, che deglutisce più volte, poi si schiarisce la voce.

"Sì, era una cugina di mio padre, la piccolina di casa".

"Cazzo, Loi, mi dispiace", continua Fumagalli.

Mauro fa un gesto con la mano: "È passato tanto tempo..."

"Ma tu la conoscevi, te la ricordi?", gli chiede Claudio.

"Sì, me la ricordo a casa dei miei nonni al mare, in estate. Lei si era trasferita a Palermo già da due anni e io la vedevo solo quando veniva per le vacanze. Era sempre sorridente e le piaceva stare con noi bambini. Si tratteneva molto con noi, giocava, ma allo stesso tempo non ci trattava da deficienti, come a volte fanno gli adulti".

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