SANEM
Metin, l'avvocato di Can ed un caro amico, mi ha chiamato alcuni giorni fa per comunicarmi che la città di Istanbul esproprierà il terreno dove sorge il capanno e che quindi sarebbe opportuno che io vada là per liberarlo delle cose rimaste.
Dopo la morte di Can né io né i nostri figli ci siamo più tornati. Troppi ricordi che non eravamo pronti ad affrontare, ma ora ci sono costretta.
Ferit si era offerto di accompagnarmi, ma io non ho voluto. E' qualcosa che devo fare da sola.
Ora sono qui nel piccolo prato antistante il rifugio. Alcune assi sono state poste alle finestre per evitare che qualche malintenzionato possa fare irruzione. Dieci anni di abbandono si notano: le pareti di legno avrebbero bisogno di una riverniciata ed il tetto andrebbe riparato in più punti.
Mi erano state fatte diverse proposte di acquisto ma io non ho mai voluto venderlo. Quel posto apparteneva a Can, apparteneva a noi...
Una strana malinconia mi invade. Con fatica riesco a girare la chiave nella serratura arrugginita e ad aprire la porta.
Un mare di ricordi mi assale e per un attimo mi manca il respiro. Mi faccio forza ed entro. La poca luce che filtra dalle finestra crea uno strano gioco di ombre. Sembra che il tempo si sia fermato.
Con lo sguardo perlustro l'ambiente intorno a me e mi soffermo sulla poltrona dove lui amava sedersi, accanto alla stufa, e mi sembra di rivederlo. Sorrido. Mi avvicino al mobilio sul quale ci sono ancora il giradischi, che ci aveva fatto ballare stretti stretti, la sua raccolta di dischi, molti dei quali a me sconosciuti ma che avevo imparato ad apprezzare e tutta l'attrezzatura per lo sviluppo delle fotografie.
Con una mano sfioro tutto quanto, quasi con timore riverenziale finché vedo in un angolo la sua vecchia macchina fotografica, quella che io maldestramente gli avevo rotto.
Ricordo quel giorno come fosse ieri, perché è il giorno in cui Can mi disse di essere innamorato di me. Dovevo portare la macchina a Cey Cey ed ero appena scappata da Can. Ero agitata, emozionata e terrorizzata per quelle sensazioni che sentivo scoppiare in me ogni volta che mi era vicino a che non sapevo come gestire. Nella fretta ero scivolata e la macchina fotografica che avevo tra le mani era finita a terra in mille pezzi. Ero scoppiata a piangere, ma lui aveva raccolto tutto, mi aveva presa per mano e portata nel suo ufficio. "Non c'è niente che valga le tue lacrime" mi aveva detto "non preoccuparti la posso aggiustare ma tu dovrai rimanere ferma qui con me e promettermi di non fuggire". E così avevo fatto. Ero rimasta con lui e poi insieme eravamo usciti.
Mi aveva portato nella casa dove aveva vissuto da bambino, dalla quale si godeva di una bellissima vista su Istanbul e lì mi aveva dichiarato il suo amore!
Il mio sguardo continua a vagare. Ci sono alcuni cassetti. Li apro uno ad uno. Sono pieni di fotografie di vecchie campagne pubblicitarie della Friki Harika.
L'ultimo cassetto oppone una certa resistenza. Lo tiro con forza e non sono preparata a quello che si riversa sul pavimento.
Sono tutte fotografie che ritraggono me, la maggior parte scattate a mia insaputa. Le raccolgo e tra di esse riconosco quelle che avevamo realizzato per il servizio fotografico commissionato da un'associazione che sosteneva le donne. Mi era stato chiesto di fare da modella ed io avevo accettato ma quando scoprii che il fotografo era Can volevo tirarmi indietro, non mi sentivo a mio agio, "Fa finta che io non ci sia" mi aveva detto. Come se fosse facile! Percepivo la sua presenza ancora prima che la vedessero i miei occhi. Sentivo uno strano brivido che mi percorreva la schiena, le mie gote si imporporavano e non capivo più niente. E' sempre stato così.
Trovo anche vecchi ritagli di giornale che parlano del mio successo come scrittrice e una copia del mio primo libro. Lo apro e noto che alcune parti sono sottolineate e hanno delle annotazioni a margine, ma il tempo le ha rese illeggibili. Tra tutti quei ricordi, infine, spunta l'album che io avevo regalato a Can per il suo compleanno. L'album che ripercorreva la nostra storia. Lo sfoglio con mani tremanti e tra le sue pagine trovo conservate tutte le poesie d'amore che gli avevo scritto.
Non riesco più a trattenermi. Le lacrime mi annebbiano la vista ed io le lascio correre liberamente lungo le mie guance. Piango. Piango per ciò che ho perduto e per ciò che ho ritrovato venendo qui.
Piango perché la vita mi ha donato tanto, ma altrettanto mi ha tolto ed infine piango perché non riesco ad essere arrabbiata con il destino che mi ha portato via Can ma mi ha regalato l'amore di Ferit.
Alla fine mi sento più leggera come se un tremendo fardello, che non sapevo di portare con me, mi fosse stato tolto. Mi rialzo e scuoto la polvere dai miei pantaloni.
Decido di portare con me solo due cose la macchina fotografica e quell' album. Non mi serve altro. Tutto quello di cui ho bisogno è inciso nel mio cuore e nei miei ricordi.
FINE
Note dell'autrice
Non so se un amore così esista, ma a me piace crederlo!
Ringrazio tutte coloro che mi hanno seguito, votato, commentato o semplicemente hanno dato una veloce occhiata. Spero di essere riuscita a trasmettere le stesse emozioni che ho provato io nello scrivere questa storia e... chissà che non ci rivediamo...
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UN AMORE DIMENTICATO
Romantik.. E se Sanem quel treno l'avesse preso e Can non l'avesse fermata , i nostri protagonisti avrebbero avuto ancora la possibilità di condividere un futuro insieme o le loro strade si sarebbero separate per sempre? Disponibile in versione audiolibro s...