Vecchie Conoscenze.

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Ho riempito il mio raccoglitore con ricerche su Virnes, ma non ho trovato nulla su Maya.
Maggy mi aveva detto che era originaria della mia città, ma ho abitato lì per diciannove anni e non ho mai sentito nemmeno una parola su di lei o sulla sua famiglia.
Forse è arrivato il momento di tornare a casa per qualche giorno.

Sto raccogliendo le mie cose prima di lasciare l'ufficio per tornare a casa quando squilla il mio cellulare: "Ti passo a prendere alle 21:00?".
È Jeremy, avevo dimenticato del nostro incontro, non credo di essere in vena di uscire, ma forse un po' d'aria e d'alcool sono quello che mi serve, quindi titubante rispondo al messaggio dicendo che sarei stata pronta alle 21:00.

Torno a casa in fretta e inizio a preparami.
Dopo aver lavato e asciugato i miei lunghi ricci, metto un vestitino nero, un filo di trucco e sono pronta.

20:50, sono in anticipo.
Scendo, mi fermo davanti al portone e accendo una sigaretta.
Noto di essermi persa tra i miei pensieri solamente quando il clacson della macchina di Jeremy mi riporta alla realtà.

Riconoscerei il suo fuoristrada anche fra mille anni.
Mi avvicino lentamente alla portiera e salgo in macchina.

Jeremy ha lasciato che i suoi capelli biondi crescessero, ma ha sempre il suo solito fascino.
Prima che io possa pronunciare anche solo una parola mi abbraccia, stringendomi forte.
«Non sei per niente cambiata Heater, bella e sorridente come due anni fa.» Mentre lui parla le mie guance arrossiscono e il mio cuore batte forte.
Lo guardo sorridendo e con la mia solita ironia, usata per nascondere l'imbarazzo, esclamo: «Nemmeno tu sei cambiato, il solito cazzone, ma con i capelli lunghi.»
Jeremy mi da un colpetto sulla spalla sorridendo e ferma la macchina.
Scendiamo dall'auto e ci dirigiamo verso il pub.

«Ci sediamo?» Chiedo.
Senza rispondere mi tira il braccio e si avvicina al bancone, prende i nostri due soliti Gin tonic e si siede nello sgabello accanto a me.
«Allora, com'è la vita da uomo d'affari a Manhattan?»
Quando finisco di parlare l'espressione di Jeremy si è trasformata, è come se fosse diventato triste.
«Ho una casa, un bel lavoro e il mio stipendio mi permette di vivere tra i confort» Mi dice a bassa voce.
Sono confusa, sembra vada tutto bene, ma allora cos'è quell'espressione dura sul suo viso?
Mi avvicino a lui e gli sussurro: «Sai che con me puoi sempre parlare di tutto, vero?»
La sua espressione si addolcisce e basta che lui mi stringa forte la mano guardandomi negli occhi per capire che il mio amico ha bisogno di me.

«Sei pronta?» Mi chiede Jeremy sorridendo.
Prima che io possa rispondere mi trovo davanti al tavolo da biliardo.
«Allora vuoi perdere!» Dico con tono di sfida.
Mentre stiamo giocando, tra chiacchiere, drink e risate mi arriva una chiamata.

Guardo Jeremy e mi allontano.
Arrivata davanti l'entrata del pub, prendo il telefono dalla borsa e rispondo: "Pronto? Chi è?"
Sento una voce elettronica dall'altro lato del telefono: "SMETTILA DI SCRIVERE QUEL DANNATO ARTICOLO."
La chiamata si conclude.
Sto tremando, forse non è stata tra le mie migliori idee quella di uscire stasera, rientro dentro per dire a Jeremy che voglio tornare a casa.

Sta parlando con un ragazzo, è alto, moro e sembra veramente bello.
Mi avvicino curiosa, appena arrivo davanti a loro la mia espressione si tramuta in stupore.

«Oddio, Aaron Walker? Non ti vedevo da quando è finita la scuola!»
Mi guarda con i suoi occhi smeraldo e mi sorride: «Heater Morgan, non mi aspettavo di vederti qui, pensavo saresti rimasta a Virnes per il resto della tua vita.»
Appena sento pronunciare il nome di quella città i miei occhi si spengono, voglio tornare a casa.

Guardo Jeremy ed esclamo: «Si è fatto tardi.»
Ha bevuto qualche drink di troppo, sarà meglio tornare a piedi.
Do un ultimo grosso abbraccio al mio amico e inizio a camminare verso l'uscita.

Cerco velocemente le mie cuffiette nella borsa, le infilo nelle orecchie, faccio partire la mia Playlist di Spotify e cammino verso casa.

Mancano pochi isolati a casa mia quando una macchina grigia si ferma proprio accanto a me, velocizzo il passo, ma la macchina continua ad avanzare a passo d'uomo seguendomi.

Abbassa il finestrino e sento una voce urlare: «Ehy, non volevo spaventarti, vuoi un passaggio?»
È Aaron, mi avvicino all'auto e apro lo sportello.
«Scusami, sono un po' sovrappensiero, non mi hai spaventato, ma che ci fai qui a Riverrun?» gli chiedo perplessa.
«Ho ricevuto una proposta di lavoro dal giornale di questa città e dopo così tanti anni lontano dall'Inghilterra avevo bisogno di tornare.» Dice Aaron mentre guarda la strada.
«Siamo arrivati»
Ferma la macchina e prima di scendere lo guardo sorridendo: «Non so se hai fatto la scelta giusta, a domani collega.»

Prima che possa replicare sono già dentro il portone.
Entro in casa, Boris mi fa le solite feste, lo spupazzo un po' prima di dirigermi verso la mia camera.
Apro il cassetto, prendo il mio antistress naturale, faccio un joint e prima di isolarmi da questa realtà complicata mando un sms alle mie due migliori amiche d'infanzia: "So che vi manco da impazzire, sabato tornerò a casa per qualche giorno, ho bisogno di voi xx."

Sto per addormentarmi quando mi arriva una notifica da Instagram.
"@Aaronwalker ha iniziato a seguirti."
Inconsapevolmente sorrido, poso il cellulare e chiudo gli occhi.
Sotto le coperte, con il mio cane tra le gambe mi sembra quasi che questa storia sia solamente un brutto incubo.

Sto sognando di essere alle Maldive quando la sveglia suona e Boris inizia a leccarmi tutta la faccia.
Oggi non ho completamente le forze per affrontare una giornata in ufficio.
Mando un messaggio a Maggy: "Oggi rimango a casa, coprirmi con Tom pls."

Metto il caffè sopra il fuoco e riempio la ciotola di croccantini per Boris.
Grace e Kira hanno risposto al mio messaggio di ieri sera, sono entrambe entusiaste del mio ritorno a Virnes, chissà se lo saranno ancora quando racconterò loro tutta questa storia.

Maggy mi ha mandato un'email con le sue ricerche su Maya.
Non capisco, fra i vari file c'è un certificato d'adozione, ma le firme dei genitori naturali sono state cancellate.
L'unica cosa che si legge in modo chiaro è il nome dell'ospedale: "Virnes's Hospital."
Allora Maggy aveva ragione, Maya non è nata ad Erbenet.
Devo tornare al più presto a casa.

Sono indaffarata a sistemare il borsone per partire quando mi arriva un messaggio: "Speravo di vederti in ufficio oggi, mi sono fatto lasciare il tuo numero da Tom, spero non ti dispiaccia. Aaron"
Per quanto i miei pensieri siano totalmente distratti da altro non posso negare che mi facciano piacere le sue attenzioni.

Prima di rispondere al messaggio mando un'email a Tom: "Ho bisogno di tornare a Virnes per qualche giorno, ti tengo aggiornato."

Sono da dieci minuti davanti la finestra, sto pensando al modo migliore per rispondere ad Aaron; Mentre cancello per la millesima volta le cazzate che sto scrivendo qualcuno suona al campanello.

Lancio il cellulare sul divano e mi avvicino alla porta, la apro e mi ritrovo faccia a faccia con Aaron.
«Che ci fai tu qui?» Chiedo notevolmente stupita.
Mi guarda dalla testa ai piedi e sghignazzando dice: «Bel pigiamino.»
Ero così sorpresa dalla sua visita che mi ero completamente dimenticata del mio pigiama pieno di stelline.
Prima che io possa contrabbattere lui entra in casa, si accomoda nel divano accanto a Boris e mi dice: «Tom mi ha detto del tuo articolo e della tua mini trasferta a Virnes, non so a cosa stai lavorando, ma hai davanti ai tuoi occhi il tuo nuovo assistente.»

Di che sta parlando? Non voglio coinvolgere nessuno in questa faccenda.

Lo guardo seccata e sentenzio: «Io lavoro da sola, non ho bisogno di alcun assistente.»
Il suo sguardo si incupisce, ma non si arrende: «Non puoi fare un viaggio di tre ore da sola, ti assicuro che sono un ottimo compagno d'avventura.»
Sbuffo e lo trascino fuori dalla porta, prima di chiudergliela in faccia gli dico: «Fatti trovare domani mattina alle 10:00 qui sotto, puntuale e sopratutto con almeno un termos pieno zeppo di caffè.»
Prima che lui si allontani noto un sorriso sul suo volto.
Non credo a quello che ho appena fatto, perché ho accettato di portarlo con me?

Mando un sms a Tom: "Questa me la paghi, sai che odio lavorare con altre persone."

Metto via il telefono e vado verso il bagno, sperando che una doccia alleggerisca la mia mente dai mille pensieri che mi tormentano.

Se davvero questa storia è collegata ad Hanna non sono sicura di voler scoprire la verità, se dietro la sua scomparsa c'è qualcosa di veramente strano non so come potrei reagire.

L'universo non è poi così grande.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora